Renanthera storiei

Renanthera storiei, infiorescenze: collezione rio Parnasso
Renanthera storiei, pianta: collezione rio Parnasso

Il genere Renanthera è stato descritto nel 1790 da Joao Loureiro, missionario e botanico. La specie tipo è Renanthera coccinea come specie di tipo. Il nome Renanthera deriva dalla sommatoria di due termini: latino “renis” che significa rene, e greco “anthera”, in riferimento alla distinta forma renale dei pollinia, caratteristica di questo genere.
Genere monopodiale del sud-est asiatico. Le piante di alcune specie sono lunghe e rampicanti, altre corte con un breve fusto molto tra le foglie alternate. La maggior parte delle specie è epifita, a volte litofita. Diverse specie di Renanthera sono endemichee solo in una piccola area con habitat molto specifico; tra queste trova posto Ren. imschootiana, considerata fra le specie in via di estinzione e inclusa nell’Appendice 1 CITES.
I fiori di Renanthera sono generalmente rossi, rosso-arancio o gialli, alcuni con macchie o macchie rosse o viola. Alcune specie mostrano fioriture spettacolari di oltre 100 fiori su una grande infiorescenza ramificata.
Renanthera storiei, produce fiori vellutati rossi ed è fra le piu alte del genere, per questo è utilizzata come genitore in vari ibridazioni volte al ridimensionamento delle piante: altri genitori, Ren. filippinensis, Ren. imschootiana e Ren. bella.

Sistemazione tassonomica del genere:
Famiglia: Orchidaceae
Sottofamiglia: Epidendroideae
Tribù: Vandeae
Sottotribù: Aeridinae
Alleanza: Vanda
Genere: Renanthera Lour. (1790)
Renanthera, simbologia abbreviata (Ren.) è un genere di grandi dimensioni, le specie sono a sviluppo monopodiale, alcune epifite ed altre terrestri. Le specie di questo genere producono infiorescenze ramificate con numerosissimi fiori che variano di colore da giallo a arancione e rosso. La caratteristica inconfondibile dei fiori di qualsiasi specie di Renanthera è la grande dimensione dei sepali laterali.
Coltivazione
Le specie in questo genere richiedono clima intermedio-caldo con una buona circolazione di aria e, in generale, abbondanza di luce (appena filtrata da ombreggiatura).
Essendo piante di grande dimensione, soprattutto in altezza, conviene riservare loro, spazi abbastanza alti. Possono essere coltivate sia su cesti che in vasi molto drenanti.
Bagnature regolari e frequenti fertilizzazioni garantiranno un ottimo sviluppo ed abbondanti fioriture primaverili-estive.
Il genere Renantera comprende circa 58 fra specie, sottospecie, forme e cultivar: R. ‘Kalsom’ (Renanthera) · R. Akihito · R. alba · R. amabilis · R. angustifolia · R. annamensis · R. arachnites · R. auyongii · R. bella · R. bilinguis · R. breviflora · R. chanii · R. citrina · R. coccinea (Coral Orchid) · R. coccinea var. holttumii · R. edefeldtii · R. edefeltii · R. edelfeldtii · R. edelfeltii · R. elongata (Tree On Fire) · R. endsfeldtii · R. evrardii · R. flosaeris · R. gigantea · R. hennisiana · R. histrionica · R. hookeriana · R. imschootiana (Fire Orchid) · R. isosepala · R. labrosa · R. leopardina · R. lowei · R. lowii · R. maincathi · R. maingayi · R. matutica · R. matutina · R. matutina var. breviflora · R. micrantha · R. moluccana · R. moluscara (Red Orchid) · R. monachica · R. moschifera · R. Nancy Chandler ‘Red Dragon’ · R. papilio · R. papuana · R. philippinensis · R. pulchella · R. ramuana · R. rohaniana · R. sarcanthoides · R. sinica · R. storeii (Flame Orchid) · R. storiei · R. striata · R. sulingi · R. trichoglottis · R. vietnamensis

Renanthera storiei fiori collezione rio Parnasso

Renanthera storiei, orchidea fiamma
In qualche testo è descritta come R. storieii, non si tratta di due specie differenti, ma semplicemente una diversa ed erronea declinazione del nome di specie, che fa riferimento al suo scopritore, James Storie, collezionista inglese del 1800.
Renanthera storiei Rchb. f., Gard. Chron., n.s., 14: 296 (1880).
Sinonimi: Renanthera storiei f. citrina Valmayor & D.Tiu 1983; Vanda storiei Storie ex Rchb. f. 1880
Renanthera storiei è presente solo nelle Filippine ad altitudini fino a 1000 metri come pianta epifita a sviluppo monopodiale di grandi dimensioni (decisamente inferiori alla sua simile R. coccinea . Predilige clima caldo con tanta luce, quasi in pieno sole.
Produce un fusto lungo e robusto dotato di molte foglie, distiche, oblunghe, coriacee, retuse e bilobate, dalle cui ascelle si formano le infiorescenze semi-pendule con molti (100) fiori appariscenti di colore rosso.
Fiorisce in primavera-estate.
Questa specie, come altre dello stesso genere è stata usata per ibridazioni intra e inter genere, ad esempio Aranthera James Storie (Arachnis hookeriana var. luteola X Renanthera storiei) .

Alatiglossum croesus, ex Oncidium

Un’orchidea con piccoli fiori di enorme fascino. Una pianta che mostra magnfiche fioriture, in cui predomina un giallo scintillante ed affascinante. È l’ex Oncidium croesus, ora Alatiglossum cresus, noto con il nome popolare ” ballerina di Rio”. Il nome di questo genere, Alatiglossum, deriva dal latino: alatus, che significa “con le ali”, e glossum, che significa “lingua”, in riferimento al labello della sua specie, che è a forma di ala.

Il genere Alatiglossum è stato separato dal genere Oncidium nel 2006 dal botanico di San Paolo, Dalton Holland Baptista. Sempre nel 2006, Baptista pubblica la prima enciclopedia fotografica delle orchidee, dal Progetto Orchidstudium, realizzato in collaborazione con il biologo Americo Docha Neto. Baptista è un eminente tassonomo, fra i vari lavori ha partecipato alla catalogazione e organizzazione di oltre 2500 specie di orchidee. In qualità di specialista in orchidee originarie del Brasile, collabora come tassonomista con l’American Orchid Society, è consulente per la Orchid Conservation Coalition.

Ad ogni buon conto, Alatiglossum è un genere controverso, come nel caso di quasi tutte le piante smembrate del genere Oncidium. Il problema di fondo sta nella storica diatriba tra tassonomi brasiliani e inglesi. Senza nulla togliere alla Royal Horticultural Society (RHS), riferimento mondiale nella registrazione delle piante, va da se sottolineare anche la profonda conoscenza dei ricercatori brasiliani, in riferimento alle specie endemiche del loro Paese. Tutto inizia nel 2006 quando la RHS trasferisce numerose piante brasiliane dal genere Oncidium al genere Gomesa, non tenendo conto degli aspetti morfologici delle piante. Questa azione viene considerata un grave errore dagli orchidologi brasiliani e da ciò prendono la decisione di creare una nomenclatura diversa per queste piante.

Alatiglossum è un genere appartenente alla famiglia delle Orchidaceae, e corrisponde all’antica sezione Barbata di Oncidium. È composto da circa 16 specie epifite e che vegetano nelle foreste ombrose e umide della Foresta Atlantica brasiliana. Purtroppo la Foresta Atlantica oggi è ridotta del 15% rispetto ai secoli scorsi.

Alatiglossum croesus, originariamente èstato descritto come Oncidium croesus, nel 1857, dal botanico tedesco Heinrich Gustav Reichenbach (1823 – 1889). Reichenbach identificò, descrisse e classificò più di mille specie di orchidee e, fu anche direttore dell’Orto Botanico dell’Università di Amburgo, in Germania. Molti confondono il suo lavoro con quello di suo padre, che fu anche un noto botanico. Per facilitare la corretta interpretazione, in tassonomia è solitamente indicato come Rchb. f., dove f = filius (figlio), mentre le opere del padre appaiono abbreviate in Rchb.

Sinonimi: Gomesa croesus; Kleberiella cresus; Oncidium longipes var. cresus e Oncidium croesus, Kleberiella croesus, Oncidium eurycline e Gomesa eurycline.

Il nome di questa specie – croesus – è una parola di derivazione latina, che significa “esuberante” “abbondante”, in riferimento al gran numero di fiori che sbocciano. Per la forma del suo labello, che ricorda una gonna, e per il movimento dello stelo del fiore quando viene mosso dal vento, questa è una delle tante orchidee che ricevono l’affettuoso soprannome di “orchidea ballerina”. Questa specie originaria di Rio de Janeiro, nel Brasile sudorientale, dove cresce epifita nella Serra do Mar, ad altitudini che variano dal livello del mare ai 700 metri.

Coltivazione: questa pianta necessita di una buona aerazione alle radici per consentire l’asciugatura fra le bagnature. In caso si decida di coltivare la pianta in vaso, conviene usare un substrato fatto con parti uguali di corteccia di pino, carbone e ghiaia fine. Innaffiare la pianta frequentemente e in piccole dosi, con l’aggiaunta di fertilizzante equilibrato ogni 15gg. Prestare attenzione alla ventilazione dell’ambiente per evitare l’attacco di parassiti e prevenire malattie fungine, batteriche e virali. Ombreggiatura dal 50 al 60% e temperature comprese tra 5 e 35 gradi. Fioritura primaverile, i fiori durano 20 gg.

Cattleya warneri o labiata?

La primavera sta già finendo per lasciar posto al sole estivo e la serra comincia a sbuffare, quel bel ciuffo di fiori candidi, là in fondo sulla destra, attira l’attenzione tanto da cercare il cartellino per leggere il nome. Si legge Cattleya labiata ‘alba’, ma affiora già il primo dubbio: forse è la sua sorella Cattleya warneri o magari la Cattleya lobata (ex L. lobata). Questa deliziosa specie anche nella sua forma tipo rivaleggia e ricorda la sua sorella brasiliana a fioritura autunnale, Cattleya labiata. Se non fosse per la loro grande differenza nella stagione della fioritura, i fiori potrebbero facilmente essere scambiati fra loro.

 Le due principali specie  di Cattleya brasiliane a fiore grande, C. labiata  e  C. warneri hanno creato scompiglio nella tradizione botanica e orticola. Poche orchidee sono state oggetto di discussioni botaniche come C. warneri  e  C. labiata. La somiglianza di Cattleya warneri con C. labiata  ha sin dall’inizio creato disquisizioni fra i botanici del tempo.

Cattleya warneri var. aquinada

Il primo europeo a scoprire la C. warneri  fu il naturalista Dr. George Gardner, che lo trovò nella provincia brasiliana di Minas Gerais durante un viaggio alla fine degli anni ’30 dell’Ottocento. Ma Gardner non annunciò la sua scoperta come nuova specie era bensì convinto di aver riscoperto la perduta  C. labiata , così C. warneri  rimase nel limbo della nomenclatura per i successivi 25 anni. Nell’agosto del 1862, tutto questo cambiò quando Robert Warner, un importante coltivatore dell’epoca, dipinse e pubblicò quattro splendidi fiori sotto il nome di ” Cattleya warneri ” con allegata una descrizione botanica della nuova specie di MS Moore. Warner sottolineava nel testo che  C. warneri  doveva essere una nuova specie e non una  C. labiata , perché fioriva in un periodo dell’anno completamente diverso da  C. labiata .

Gli anni Ottanta dell’Ottocento, tuttavia, non furono così magnanimi con  C. warneri. James O’Brien in quegli anni, pur sostenendo l’idea che tutte le Cattleya a fiore grande erano specie a sé stanti e non sottospecie o varietà di  C. labiata l’unica pianta che lasciò sotto  C. labiata fu  C. warneri , che rimase  C. labiata  var. warneri  per nessun motivo apparente se non di provenienza brasiliana. Con il tempo, però,  C. warneri salì lentamente allo stesso rango delle altre  Cattleya a fiore grande , e oggi è accettata come specie distinta.

Cattleya warneri  ha diverse caratteristiche che la rendono diversa da  C. labiata. Cattleya warneri  ha pseudobulbi più corti e robusti rispetto a  C. labiata  e produce una pianta più compatta. Le foglie di  C. warneri  sono più larghe di quelle di  C. labiata e, sebbene abbiano entrambe le caratteristiche guaine doppie, lavori recenti di Érico de Freitas Machado in Brasile suggeriscono che le doppie guaine potrebbero non essere realmente le stesse.

La differenza più ovvia tra le specie, ovviamente, è quella a cui alludeva Robert Warner nella sua descrizione originale nel 1862: la loro diversa stagione di fioritura. Cattleya warneri  fiorisce in primavera (fine maggio e giugno), mentre  C. labiata fiorisce in autunno (da settembre a novembre). Le due specie fanno anche nuove crescite in diversi periodi dell’anno:  C. warneri  in autunno e inverno e  C. labiata  in primavera e in estate. Inoltre, radicano in momenti diversi del loro ciclo di crescita, uno prima della fioritura, l’altro dopo la fioritura. (Rogerson;  Orchid Digest  68-4, pg 203) Queste differenze nei periodi di crescita, radicazione e fioritura esistono anche quando  C. labiata e  C. warneri  vengono coltivati ??fianco a fianco sullo stesso bancale nella stessa serra, quindi sono legati alle piante e non da fattori ambientali o regionali.

La maggior parte delle C. warneri  alba producono fiori più piccoli di quelli della forma lavanda. Nelle collezioni attuali è disponibile una C. warneri alba fiorifera e facile da coltivare, ma ha petali e sepali stretti che possono piegarsi all’indietro quando sono completamente aperti.

Sebbene  C. warneri  sia stata sempre presente dopo la sua introduzione negli anni ’60 dell’Ottocento, non è mai stata abbondante. Linden non ha incluso una foto di  C. warneri  nel suo famoso libro  Lindenia  perché non aveva molte piante da vendere e  C. warneri  non è mai stato un fattore significativo nel mercato dei fiori recisi degli anni ’30, ’40 e ’50 negli Stati Uniti Stati. Storicamente Cattleya warneri è stata coltivata come una pianta da esposizione e ibridazione.

C. Lady Veitch ‘Superbissima’ ( C. lueddemanniana f. alba x C. warneri f. alba ) – enormi fiori bianchi con petali sovrapposti
C. Lady Veitch FCC/RHS (1915)
C. Lady Veitch ‘Stonehurst’ AM/RHS (1928)
C.  Myra Peters alba ( C. warneri f. alba  x  C.  gaskelliana f. alba )
C.  Dupreana ( C.  warneri  x  C.  warscewiczii )
C.  Cometa ( C.  warneri  x  C.  dowiana )

Quando  C. warneri  fu esposta per la prima volta a una riunione della Royal Horticultural Society nel 1860, ricevette una medaglia d’argento con la notevole citazione che il premio era stato assegnato “come segno della stima e dell’ammirazione con cui era stato acclamato il suo aspetto”. Nessun’altra   specie Cattleya ha mai ricevuto un tale complimento. Fortunatamente, dopo 145 anni,  C. warneri  è ancora con noi per aggiungere luminosità e colore alle nostre lunghe giornate di giugno.

Sebbene  C. warneri  non sia una specie difficile da coltivare, desidera particolari attenzioni. Cresce e si sviluppa durante i mesi invernali, quando la maggior parte delle altre Cattleya  è inattiva. Per questo motivo, a volte è difficile dargli le migliori condizioni di crescita. Come la maggior parte delle altre  CattleyaC. warneri ha  bisogno di un’atmosfera calda e umida durante la crescita e può essere difficile da fornire in inverno in una serra quando il sole è basso e la temperatura esterna è ben al di sotto dello zero. Ciò è aggravato dal problema che la maggior parte delle altre specie di Cattleya  preferisce condizioni più fresche e asciutte in armonia con la loro dormienza invernale. Dal momento che  C. warneri tollererà meno delle migliori condizioni e produrrà comunque una crescita soddisfacente, di solito può essere coltivata con le altre  specie di Cattleya  se la metti nella parte più calda e soleggiata della serra in inverno.

Come tutte le   specie  Cattleya, si consiglia di annaffiare accuratamente C. warneri e poi lasciarla asciugare completamente prima di annaffiarla nuovamente. Rinvasare  C. warneri  solo quando inizia a emettere un flusso di nuove radici e preferibilmente durante i caldi mesi estivi.

Angraecum florulentum

Angraecum florulentum noto anche con l’epiteto popolare “Facile da fiorire” o con il sinonimo Pseudojumellea florulenta, è una specie del genere Angraecum. Questa specie è stata descritta da Heinrich Gustav Reichenbach nel 1885.

Angraecum florulentum collezione rio Parnasso, le orchidee di guido

Angraecum florulentum Rchb.f., Gard. Cron., ns., 23: 787 (1885). Sinonimi omotipici: Pseudojumellea florulenta (Rchb.f.) Szlach., Mytnik & Grochocka, Biodivers. ris. Conservazione 29: 21 (2013). Descrizione: Fusti lunghi 15-25 cm e più, compressi (5-6 mm di larghezza) e sinuosi; guaine fogliari fortemente rugose trasversalmente. Foglie numerose, distiche, distanti generalmente 1 cm, loriformi (4,5-7 x 1-1,5 cm), leggermente attenuate dal centro verso le due estremità, disugualmente bilobate-ottuse apicalmente. Infiorescenza dalle guaine 2-4 fiorite; peduncolo lungo 10-15 mm, ricoperto basalmente da 2-3 guaine molto corte, la più lunga delle quali è lunga 5 mm; brattee lasse, largamente ovale-ottuse (6 x 5 mm al massimo), pari a circa un terzo della lunghezza degli internodi del rachide; fiori bianchi, molto grandi (divisioni lunghe 20-24 mm). Sepali lanceolati, molto più larghi (6-8 mm) nel quinto basale, attenuato-acuti all’apice. Petali simili. Labello abbracciante la colonna basalmente, della stessa forma e dimensioni del sepalo mediano, ma molto più concavo, attenuato-acuto dalla base all’apice; sperone filiforme, lungo 9-10 cm, attenuato dall’orifacio all’apice. Colonna corta, più spessa che alta; padiglioni auricolari sottoquadrati, angoli anteriori più pronunciati degli angoli posteriori; con un solo piccolissimo dente nell’incavo del rostello. Antera depressa, provvista iii anteriore di una lingua stretta con 2 denti acuti laterali; pollina (secondo Finet) semiobovata, sessile con un unico retinacolo comune, provvista di 2 larghe ali laterali. pedicello sottile, lungo 3-3,5 cm. Capsula lunga 27-30 mm e larga 8-10 mm, con 6 bordi sporgenti, leggermente verrucosi. Habitat: L’Angraecum florulentum è endemico delle Isole Comore, dove cresce epifita sui tronchi degli alberi e nella macchia ad altitudini comprese tra 600 e 1.000 metri. In natura cresce in condizioni di luce abbastanza intensa e può tollerare una notevole siccità, sebbene le Isole Comore ricevano forti piogge annuali. La località precisa menzionata per Angraecum florulentum è la Foresta Combani sull’isola di Grande Comore. Fiorisce lì a dicembre. Coltivazione: Questa è una specie di piccole dimensioni assolutamente affascinante. Una pianta adulta misurerà fino a 40 cm di altezza, ma solo se adeguatamente sostenuto, poiché la sua abitudine naturale è che gli steli e i rami diventino pendenti. Tuttavia, sarebbe ugualmente delizioso se i suoi numerosi rami potessero pendere dai lati del vaso. Gli spruzzi di fiori a cascata si formano in graziosi gruppi e i sepali e i petali curvi con gli speroni che si inarcano verso il basso contribuiscono tutti a uno spettacolo unico e scintillante. Il loro aspetto è piuttosto delicato, con una notevole curvatura sia dei petali che dei sepali. Il profumo di questa specie è molto gradevole e abbastanza inebriante. Distribuzione: Comore (Njazidja). Notizie tratte dal sito African orchids.

Note di coltivazione

 Angraecum florulentum è endemico delle Isole Comore, dove cresce epifita sui tronchi degli alberi e nella macchia ad altitudini comprese tra 600 e 1000 metri. In natura cresce in condizioni di luce abbastanza intensa e può tollerare una notevole siccità, sebbene le Isole Comore ricevano forti piogge annuali. È un’epifita a sviluppo monopodiale di piccole dimensioni, a crescita calda, con fusti corti, appiattiti, sinuosi e ramificati che portano numerose foglie distiche, strettamente lanceolate,  fiorisce in primavera da una breve infiorescenza e emano un delicato profumo notturno. I fiori sono bianchi, molto grandi rispetto alle dimensioni della pianta.

 Angraecum florulentum desidera luce filtrata o diffusa e le piante non devono essere esposte al sole diretto di mezzogiorno. Deve essere garantito un forte movimento dell’aria in ogni momento. Temperatura:  La temperatura dei giorni estivi è in media di 26°C, e quella notturna di 19-21°C, con un’escursione termica diurna di 6-7°C. Umidità: Angraecum florulentum necessita di un’umidità media dell’80-85% per la maggior parte dell’anno, che scende a quasi il 75% per un mese circa in inverno. Substrato di rinvaso: Angraecum florulentum può essere coltivato in contenitori ben drenati o montato su lastre di felci arboree. Se è difficile mantenere le piante montate sufficientemente umide, possono essere coltivate in un vaso poco profondo o in un cesto riempito con un terreno molto drenante. Generalmente si usa corteccia di abete di medie dimensioni o fibra di felce arborea sminuzzata con l’aggiunta di quantità variabili di perlite grossa e/o muschio di sfagno tritato. Il rinvaso dovrebbe essere fatto proprio quando nuove radici iniziano a crescere. Ciò consente alla pianta di riprendersi nel più breve tempo possibile. Irrigazione: Le precipitazioni nell’habitat sono abbondanti per la maggior parte dell’anno, con un periodo un po’ più secco per circa 2 mesi all’inizio della primavera. Le piante coltivate dovrebbero essere annaffiate abbondantemente mentre crescono attivamente, ma le radici devono avere una buona aerazione. L’acqua dovrebbe essere leggermente ridotta quando le piante non stanno crescendo attivamente, evitando improvvide disidratazioni. Fertilizzante: concime equilibrato con frequenza settimanale quando le piante stanno crescendo attivamente. Usare un fertilizzante ad alto contenuto di azoto dalla primavera a metà estate, quindi passare a uno ad alto contenuto di fosfati a fine estate e autunno.

 

Bifrenaria harrisoniae


Bifrenaria. harrisoniae è una specie brasiliana trovata su scogliere rocciose nei pressi di Rio De Janeiro rivolte a est a 200-800 metri di altitudine.

Etimologia del genere:

Tribù: Maxillarieae
Sottostribù: Bifrenariinae Genere: Bifrenaria

Bifrenaria Lindl. Genere descritto per la prima volta nel 1832. Ha presentato enigmi tassonomici con alcune specie recentemente trasferite in Rudolfiella, Coelia, Lacaena, Stenocoryne e Teuscheria . Il nome di questo genere deriva dal latino: bi (due); e freno a frenulo o striscia; riferendosi ai due fusti simili a strisce, steli che uniscono i pollini e le viscide .

Foto tratta dal web

Le piante crescono esposte al sole e al vento ma le loro radici le ancorano saldamente penetrando fessure nella parete rocciosa.

Bifrenaria harrisoniae porta vari sinonimi, specie descritta da Heinrich Gustav Reichenbach nel 1855. Origine etimologica della specie: in onore di Mrs. Arnold Harrison, appassionata di orchidee inglese del 1800.

È un’epifita di medie dimensioni, o occasionalmente litofita da clima caldo. Raggiunge i 20-40 cm di altezza, con pseudobulbi largamente ovoidali, angolati, profondamente solcati, alti 5-9 cm. con una singola foglia, apicale, ellittica-oblunga, suberetta, subacuta o ottusa, a tessitura sottile, plicata, lunga 15-25 cm e larga 10 cm.
Bifrenaria harrisoniae nell’emisfero settentrionale fiorisce in primavera formando infiorescenze bratteate che trasportano fino a 2 fiori profumati che sorgono sul pseudobulbo più recente spesso con due infiorescenze su ciascuno. I fiori lunghi 6-8 centimetri hanno una superficie cerosa, sono persistenti con un forte aroma. I fiori sono generalmente bianchi, ma possono anche essere giallastri o giallo-verdastri. Il grande labello è a tre lobi, coperto di peli, viola scuro o rosso-marrone, con venature più scure.

Bifrenaria harrisoniae pianta: collezione rio Parnasso 20.04.20

CURA E COLTURA DELLA SPECIE Luce:
Bifrenaria harrisoniae necessita di un livello di luce di 30000-45000 lux. Poiché crescono sulle scogliere esposte ad est, è consigliabile avere l’ombra al mattino e il sole pieno nel pomeriggio.
Temperatura:
 Bifrenaria harrisoniae è una pianta termofila (ama temperature calde). La temperatura media nelle giornate estive è di 25-27 ° C, la notte è di 19-20 ° C. In inverno, la temperatura media diurna è di 21-22 ° C, mentre di notte 14-16 ° C.
Umidità:
Bifrenaria harrisoniae ha bisogno di umidità del 75-80% durante tutto l’anno. Substrato, supporti e rinvaso:
Bifrenaria harrisoniae cresce bene anche su zattere o cestini traforati, purchè sia garantita un’alta umidità e frequenti bagnature.
 Alle piante adulte non piacciono i cambiamenti, quindi in caso di coltivazione in vaso il rinvaso dovrebbe avvenire solo quando è necessario e solo quando iniziano a crescere nuove radici.
Bagnature:
 Durante il periodo di crescita, le piante richiedono annaffiature moderate, le nuove foglie non dovrebbero essere bagnate, perché marciscono molto facilmente. Fertilizzante:
Durante il periodo di forte crescita, le piante dovrebbero essere concimate ogni settimana con dosaggi ridotti rispetto alle dosi di eticchetta di fertilizzante equilibrato 20-20-20. Con la comparsa di nuove vegetazioni, usare fertilizzanti con un contenuto di azoto inferiore e un fosforo più elevato, allo scopo di favorire la maturazionei prima dell’inverno e stimoli la fioritura nella stagione successiva.
 Periodo di riposo:
Durante i 2 mesi invernali, l’irrigazione dovrebbe essere limitata alla spruzzatura o all’irrigazione leggera, e la fertilizzazione dovrebbe essere eliminata. Quando inizia una nuova crescita, l’irrigazione e la fertilizzazione normali vengono gradualmente ripristinate. In inverno, gli pseudobulbi dovrebbero restringersi e persino asciugarsi un po’.

Numero di s