Archivio mensile:Giugno 2006

Orchidee Alpine

Lassù sulle montagne!
Partendo dai 1000 metri a salire si possono incontrare orchidee perfettamente adattate agli ambienti di media e alta quota, che presentano condizioni notoriamente difficili, escursioni termiche notevoli , sbalzi di temperatura improvvisi, grandi siccità o eccesso di precipitazioni, insomma un’ambiente non facile, che loro comunque con successo popolano.
La nostra escursione parte dal passo Croce d’Aune (1015 ) verso il rifugio Dal Piaz lungo il sentiero 815 “carta topografica per escursionisti n° 23”.
Il sentiero è duro ma la flora che lo costeggia ci prende, numerose le orchidee : vediamo Epipactis helleborine, Listera ovata, Dactylorhiza fuchsi, Neottia nidus-avis, Cephalanthera longifolia, Gymnademia conopsea , oggi però non cerchiamo loro ma le loro parenti che vivono piu in sù.

Nigritella rhellicani, foto sopra a sinistra –Herminium monorchis, foto sopra a destra.

Arrivati al Col dei Cavai (1472) e lasciato il bosco misto per i pascoli alpini primo incontro interessante con Nigritella rhellicani Teppner & E. Klein [ N. nigra (L.) Reichemb. Fil. ] “Nigritella comune” , pianta robusta dall’infiorescenza ricca di fiori profumati di vaniglia, breve tappa ristoratrice e ripresa la salita al margine del sentiero troviamo Herminium monorchis (L.) R. Br. ” Orchidea muschiata”. Non facile da osservare per l’aspetto e le dimensioni, data per rara si può trovare in colonie anche numerose.
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Semine ed impollinazioni

“Rio Parnasso Orchid-Nursery”: prove di vita

Emozionati ed un pò orgogliosi, ci godiamo i primi risultati del progetto: “Semine per i soci di Orchids Club Italia”.


Nella foto a sinistra si possono vedere le piantine di Cattleya intermedia var. coerulea già deflascate e sistemate in una lettiera di sfagno, che sta dando ottimi risultati di crescita.

Le piantine stanno crescendo bene (notate le radichette ben formate) e senza inquinamenti di sorta, nonostante stiano sviluppandosi in ambiente non sterile.

Il cammino della riproduzione “asimbiotica” inizia con l’impollinazione dei fiori, ecco l’ultima effettuata in serra:

Capsula impollinata (foto sotto)

Cymbidiella pardalina [Rchb.f] Garay 1976 ex Cymbidiella rhodochila [Rolfe] Rolfe 1918
Un’ orchidea molto desiderata dai collezionisti ma difficile da riprodurre con procedimento “asimbiotico”.

In bocca al lupo a Christian, responsabile del progetto semine.

Lo spirito del nostro “progetto semine” non è orientato ne da obiettivi commerciali ne tantomeno da miraggi economici, ma solamente scientifici ed eventualmente propedeutici a ripopolamenti ex sito.
La riproduzione di orchidee da semina è un’avventura affascinante ma costosa, soprattutto nei nostri climi temperati e freddi.
Gran parte dei laboratori professionali attrezzati per le semine si trovano in paesi con climi tropicali, dove i risultati sono più economici e veloci.
Le grandi Aziende che producono orchidee in Europa, spesso importano da vari paesi orientali le fiasche con le piantine già pronte per essere piantumate.
Le amiche e gli amici orchidofili che riceveranno in consegna le nostre orchidee, avranno la soddisfazione di conoscere tutte le loro fasi di vita.

Parliamone insieme

Domande e risposte utili a tutti

Nei commenti di un vecchio post del 2004, che descrive il Paphiopedilum callosum, l’amico Salvo chiede:

Ciao a tutti,
è possibile che finita la fioritura sullo stesso stelo maturi un secondo bocciolo?
…dimenticavo..Il periodo più indicato per rinvasare questa specie?

Paphiopedilum callosum (Reichb. f.) Stein
Collezione: Guido De Vidi – foto 24.06.06 – diritti riservati.

Il Paphiopedilum callosum, insieme al P. barbatum ed al P. lawrenceanum è raggruppato nella sezione “barbata”, che a sua volta Braem suddivide in diverse sottosezioni (Barbata, Chloraneura, Loripetalum, Planipetalum).
Le specie della sezione barbata sono molto simili tra loro e fra le altre caratteristiche comuni hanno anche quella di presentare occasionalmente un secondo fiore sullo stesso stelo (vedi foto sopra).
Come si può notare nella foto, dalla stessa guaina dove è attaccato l’ovario del primo fiore, contemporaneamente si forma un prolungamento dello stelo all’apice del quale ne compare un secondo, che rimane dormiente e chiuso.
Il secondo fiore si apre quando il primo è vetusto oppure impollinato (una specie di possibilità riproduttiva di riserva).
Il motivo di questa particolarità va forse ricercato nelle condizioni ambientali di endemicità delle varie specie (ad esempio, il P. barbatum nella mia collezione non ha mai presentato il secondo fiore)…sarà mia cura approfondire questo aspetto assai interessante.
I mesi ideali per rinvasare questa specie di Phapiopedilum sono: Marzo ed Aprile, in Maggio e Giugno, se sono forza a fiore è meglio non toccarla…attenzione a non danneggiare le radici integre durante le operazioni.

A proposito di Ophrys

Spontanee dalle Alpi al Mediterraneo!

Certo noi qui nel Nord-Est non possiamo nè vogliamo competere con il Centro e Sud Italia per quantità e qualità di specie (naturalmente stiamo scherzando), ma comunque anche nel nostro territorio abbiamo i nostri piccoli gioielli.

Nelle foto: Ophrys sphegodes, pianta nel suo areale, particolare dei fiori e stelo fiorale.

Uno di questi è sicuramente:
Ophrys sphegodes (Miller) ” Ofride bruna Fior ragno “, pianta dall’ infiorescenza lassa con fiori dal tipico labello panciuto e peloso con lo specchio a forma di H dal colore tipicamente blu.

La si trova dal litorale alla pedemontana fino a 800 m. nelle pinete litoranee fino ai prati , pascoli e boscaglie.

Noi l’abbiamo trovata e fotografata al Cavallino di Jesolo (Venezia), sul Mostacin (Treviso) e sul monte San Mauro (Belluno)
Ciao a tutti.
G. & C. I.

Orchidee in coltivazione: Angraecum eichlerianum

Trucchi ed accorgimenti per “naturalizzare” le orchidee in coltivazione

Le orchidee vivono in quasi tutte le parti della terra, sembra che manchino solamente in Antartide. Per poter resistere in ambienti diversissimi si sono progressivamente evolute ed adattate.
Alcune hanno deciso di vivere sugli alberi e sono diventate “epifite”, altre prosperano nei climi aridi delle montagne rocciose adeguandosi a vivere da “litofite”, molte sono rimaste al livello del suolo sviluppandosi da piante “terricole”, qualcuna, poche per la verità, ha dovuto cercare spazio vitale sotto il livello del suolo.
Si dirà: ma allora perchè è così difficile coltivarle?
E’ difficile coltivarle tutte in un unico spazio, perchè richiedono trattamenti diversi da specie a specie: l’attrazione fatale del loro collezionismo, nasce proprio dalla continua sfida per la loro ambientazione.

Un esempio significativo di coltivazione lo possiamo scoprire con l’Angraecum eichlerianum, orchidea a sviluppo monopodiale, che in natura si arrampica sugli alberi tenendosi stretta a loro con le sue radici e piegando addirittura la pagina inferiore delle foglie per rivolgere verso la luce (nutrimento con la fotosintesi) quella superiore.

Nella foto a sinistra si può vedere la coltivazione dell’Angraecum eichlerianum nella mia serra.
Posto che il clima del Veneto non consente la coltivazione di quest’orchidea all’aperto, ho cercato di simulare il più possibile la sua naturalizzazione (sviluppo paragonabile alle condizioni indigene) all’interno della serra.
In serra ho sistemato un tronco di nocciolo di oltre 2 metri d’altezza, potato in Autunno (con la luna buona) dal mio noccioleto.
Come potete notare, la pianta si è felicemente attaccata al tronco come fa in natura e continua a prosperare molto bene.
Angraecum eichlerianum può essere coltivato con successo anche senza “naturalizzazione”(vaso o zattera ad esempio), ma queste soluzioni limitano il suo normale sviluppo monopodiale, poiché bisogna continuamente intervenire con potature.

Il tronco di nocciolo, che ospita anche altre epifite e qualche Tillandsia, è diventato il cerimoniere di benvenuto a quanti visitano la mia collezione…e spero che resista per molti anni, poi si vedrà.