Alcuni consigli utili per rinvasare, dividere e sistemare le piante del genere Cattleya: specie ed ibridi.
Il fantastico mondo delle orchidee è vasto, talmente vasto, che neanche al più incallito orchidofilo basta una vita per esplorarlo compiutamente, tuttavia nell’immaginario collettivo del grande pubblico sono popolari solamente alcuni nomi di queste piante.
Epoche e mode hanno reso e rendono ancora celebri, vari generi di orchidee.
Da qualche tempo è di moda il genere Vanda. C’è stato anche il periodo dei Cymbidium (ancora molto popolari, però soppiantati dalle più economiche Phalaenopsis), ma da sempre la regina delle orchidee è la Cattleya.
Cattleya è un genere di orchidee stabilito nel 1824 dal Dr. John Lindley e dedicato a William Cattley di Barnet, appassionato collezionista di piante esotiche, che per primo fece fiorire alcuni pseudobulbi giunti fortunosamente in Inghilterra (leggi questo post)
Cattleya Lindl.
Sottofamiglia: Epidendroideae
Tribù: Epidendreae
Sottotribù: Laeliinae
Il genere Cattleya in senso stretto, comprende circa 50 specie, generalmente epifite o litofite a sviluppo simpodiale e strutturate con pseudobulbi più o meno lunghi, alcuni alti appena pochi cm, altri anche più di un metro.
Nel tempo le varie specie di Cattleya sono state ibridate fra loro o con specie di generi affini, quali (Laelia, Brassavola ed Epidendrum), creando piante molto famose nelle collezioni e spesso usate commercialmente anche per fiori recisi.
L’epiteto Cattleya, che useremo per comodità della discussione, andrà inteso quale riferimento anche a specie e ibridazioni di vari generi affini.
Sistemi di coltivazione delle Cattleya
Nelle coltivazioni si seguono più percorsi o metodi per coltivare queste orchidee:
1) – In vasi di vario tipo e dimensione.
2) – Cestini di metallo o stecche di legno.
3) – Su zattere o tronchetti di legno.
4) – A radice nuda (auto sostegno in sospensione).
Naturalmente le diverse forme di coltivazione tengono conto dell’ambiente in cui vivono le piante: in serre calde, umide e luminose ci si può cimentare con più elasticità, in altre circostanze è preferibile sistemare le piante in vasi con substrato di supporto.
Come e quando intervenire
Il rinvaso e/o la divisione di una pianta di Cattleya sono operazioni da fare quando il substrato è deteriorato oppure quando la pianta è talmente sviluppata da uscire lateralmente dal vaso.
Per iniziare le operazioni è buona regola tener conto di due fattori: la buona stagione (primavera estate) e la fase vegetativa della pianta.
Nelle foto a sinistra sono evidenziate due situazioni che richiedono manutenzione: substrato decomposto e nuova vegetazione fuori dal vaso (notate che in entrambi i casi la pianta è in fase vegetativa).
Sterilizzazione degli attrezzi da lavoro
Gli attrezzi contundenti con i quali si interviene sulla pianta vanno accuratamente sterilizzati prima dell’uso (deciso passaggio sulla fiamma a gas oppure immersione in soluzioni disinfettanti).
Come dividere la pianta
Le divisioni di una orchidea creano sempre patemi d’animo perchè non si sa mai prendere la giusta decisione.
La prima regola fondamentale è quella di mantenere minimo tre pseudobulbi per divisione in aggiunta della nuova gemma vegetativa.
Nella foto a sinistra si sta dividendo la parte della pianta già fuoriuscita dal vaso, avendo però cura di lasciare insieme tre pseudobulbi più la nuova vegetazione. Fatte le operazioni di “potatura” e tolta la pianta dal vaso, si procede alla pulizia delle radici ed all’eliminazione del vecchio substrato.
In questo caso l’apparato radicale era già molto sviluppato e la nuova vegetazione abbastanza formata, pertanto si è dovuto procedere all’accorciamento delle radici ed alla conseguente protezione delle ferite con un fungicida.
Negli interventi di pulizia e di ridimensionamento bisogna essere molto decisi e drastici: radici rotte e/o necrotizzate provocano future marcescenze e infezioni.
Il substrato di coltura
Le orchidee del genere Cattleya sono piante epifite o litofite, quindi la soluzione ideale nelle coltivazioni è quella di simulare il loro ambiente naturale, che le vede abbarbicate su tronchi degli alberi oppure attaccate a lastre di roccia, ma non sempre sono consentite queste coreografie e quindi si cercano dei compromessi.
La sistemazione delle Cattleya in vasi o per meglio dire in contenitori di varia fattezza, assolve egregiamente la funzione di nicchia ambientale, purché il substrato dove trovano posto le radici sia drenante e vaporoso.
I materiali da usare possono essere di varia natura e generalmente sono legati alla facilità di reperimento, ma tutti devono rispondere ai requisiti di durata, vaporosità e capacità di trattenimento dell’umidità.
La letteratura consolidata nel merito, cita l’ormai introvabile fibra d’osmunda, xaxim, noce di cocco, materiali inerti, torba di sfagno e corteccia d’abete (bark).
Nelle nostre zone geografiche (Europa) il materiale più usato è il bark di varia pezzatura, abbastanza economico, relativamente facile da reperire e miscelabile con altri prodotti: io uso e propongo un substrato di bark con una leggera aggiunta di torba filamentosa di sfagno.
Bark
La corteccia di abete detta “bark” è usata su scala industriale quale materiale emendante nelle preparazioni dei giardini, ma contiene molte impurità non consone per usi orchidofili.
Qualche produttore di materiali emendanti, seleziona una particolare varietà di corteccia e la propone per la coltivazione delle orchidee.
Ciò nonostante, la corteccia per essere usata nei rinvasi delle orchidee deve essere ulteriormente ripulita e trattata: questo compito spetta all’orchidofilo ed alla sua sensibilità.
Si consiglia di immergere la corteccia in un contenitore pieno d’acqua e lasciarla a bagno per diversi giorni. Con quest’operazione preliminare si ottengono tre risultati importanti:
1) – Eliminazione della polvere di lavorazione.
2) – Separazione delle impurità (le parti molli inzuppandosi cadono nel fondo del contenitore).
3) – Grande assorbimento d’acqua dei pezzi di bark, che evita disidratazioni post rinvaso delle piante.
Sistemazione della nuova divisione
Il percorso preparatorio della messa a dimora è stato ultimato ed ora possiamo procedere alla sistemazione vera e propria della nuova divisione.
Come si può notare nella foto a sinistra, il rizoma va posto orizzontalmente al bordo alto del vaso e con la parte recisa appoggiata al bordo stesso per consentire quanto più spazio possibile al futuro sviluppo della pianta.
Questa è una fase delicata: bisogna riuscire a tenere ferma la pianta e nello stesso tempo rimpinguare il vaso avendo cura di far penetrare bene il bark attorno alle radici.
Per ottenere una corretta sistemazione del bark si consiglia di percuotere leggermente l’esterno del vaso con il palmo della mano: il rizoma deve rimanere a filo del bark.
A questo punto la nuova pianta è sistemata, ma come potete notare, assume ancora una posizione scomposta e quindi gli pseudobulbi vanno legati ad un tutore verticale (canna di bambù).
Procedendo con quest’operazione finale si da un portamento corretto alla nuova pianta e nello stesso tempo la si tiene ferma finché le radici non riprendono a vegetare e riescono a sostenere la pianta da sole, insinuandosi fra gli anfratti del nuovo substrato.
Considerazione finale
A conclusione di questa lunga sequenza operativa sulle modalità di divisione e rinvaso, spendiamo due righe per qualche consiglio che ci aiuti a tenere in ordine le vegetazioni e le radici delle Cattleya.
Innanzi tutto bisogna prendere atto che alcune specie di Cattleya sono ordinate ed altre invece sono assai disordinate, come noi esseri umani del resto!
Ad esempio, gli ibridi intergenerici fra Sophronitis, Laelia, Cattleya, producono piante molto “dispettose”, mentre alcune bifoliate discendenti dalla Cattleya bowringiana sono compatte e si sviluppano ordinatamente. Il modo migliore per mantenere ordinata una pianta di Cattleya è quello di seguirla passo passo legando i suoi pseudobulbi ed accompagnandoli verticalmente durante il loro sviluppo.
Le radici possono anche rimaner fuori del vaso, anzi, se si desidera ottenere un bel esemplare è indispensabile non toccarle mai, solamente in questo modo la pianta si rende autosufficiente: vedi foto a sinistra. Per agevolare l’incespimento dell’esemplare vanno infine praticati i tagli del rizoma (tenendo sempre in debito conto i multipli di 3)
Molto altro rimane da raccontare, ma la storia è già troppo lunga così: buon rinvaso a tutti.
Guido, perdonami la domanda sciocca, ovviamente io non mi intendo granché di orchidee, ma mi chiedevo: una volta compiuta la divisione dei pseudobulbi, rinvasi anche quelli più “anziani”? Sono anch’essi in grado di dare nuovi getti?
Immagino di si, ma volevo una conferma.
Grazie mille
Ciao Adri, alla base degli pseudobulbi, che tu chiami anziani, ci sono delle gemme dormienti, che si risvegliano ed iniziano a svilupprasi in caso di trauma da distacco dalle vegetazioni nuove.
Tutto dipende dal pregio della pianta divisa e dalla voglia di sperimentazione del coltivatore.
Agli albori della mia passione facevo rinverdire anche uno stelo “secco”…si fa per dire, ora dopo 30 anni ho meno pazienza. In genere, per avere la certezza che le gemme dormienti si sviluppino, i retrobulbi vanno messi dentro un sacchetto di nylon con un piccolo letto di sfagno e completamente chiuso.
A presto
Guido