Archivio mensile:Novembre 2012

Vanda brunnea

Introduzione:
Se un collezionista di orchidee volesse accontentarsi di fare un atto di fede sui binomi accettati dalla scienza botanica, che identificano le piante della sua collezione, avrebbe vita facile, ma qualora desiderasse approfondire il mondo della tassonomia scoprirebbe un ambiente intricato e carico di incertezze.
Questo vale per quasi tutte le specie e gli ibridi presenti nelle nostre collezioni.
Si dirà – lasciamo perdere le pedanterie, chi se ne frega, godiamoci la coltivazione senza perderci nel labirinto dei nomi – mica tanto, nella migliore delle ipotesi l’incertezza tassonomica, spesso ci porta a fare doppi acquisti della stessa specie.

Prendiamo un esempio a caso: Vanda brunnea, la bella “orchidea cioccolata” in riferimento al colore ed al profumo dei suoi fiori.
Il nome accettato di questa specie è per l’appunto Vanda brunnea, ma porta anche altri due nomi: Vanda denisoniana var. hebraica e Vanda henryi.

Come mai questa specie, nel corso degli anni (il basionimo risale al 1868) è stata descritta e registrata per ben tre volte? Scopriamolo insieme.

Descrizioni, date e autori
Prima descrizione:
Vanda brunnea Rchb.f., Xenia Orchidacea Vol.II, 6.Lieferung, 08. Apr. 1868, p.121 – 144, plates 151 – 160.

Seconda descrizione:
Vanda denisoniana var. hebraica Rchb.f., The Gardeners’ Chronicle, new series 24: 39. 1885.
La specie è stata dedicata alla moglie di Lord Albert Denison (1805-1860), Lady Denison (1809-1841).

Terza descrizione:
Vanda henryi Schltr., Schlechter, F. R. R. 1921. Repert. Spec. Nov. Regni Veg. 17: 71.
Il campione della nuova orchidea è stato raccolto da A. Henry nella Cina centrale e Schlechter l’ha dedicata ad A. Henry stesso.

Luoghi di endemicità
India, Vietnam (Son La, Dien Bien and Lao Cai), Myanmar, Tailandia, S. Cina (S.Yunnan).
Vanda brunnea vive in pieno sole ai margini delle foreste umide ad altitudini di 800-1500 m sul livello del mare.
Vanda brunnea Rchb. f. 1868 SEZIONE Longicalcarata – Christenson.
Questa specie presenta grande variazione di dimensione, forma e colorazione dei fiori, dal marrone scuro al marrone chiaro con piccole macchie su sepali e petali. L’incredibile ed ampia variazione di forme; alcune assomigliano a V. concolor, mentre altre sono vicine a V. liouvillei, suggerisce la presenza di eventuali ibridazioni introgressive di specie.
E’un ipotesi non dimostrata e che al momento non sono in grado di dimostrare, ma forse sarebbe utile un approfondimento scientifico. Probabilmente i vari botanici interessati alla registrazione di nuove specie, hanno ricevuto campioni di differenti tonalità di colore e si sa, l’occasione di presentare una nuova specie è troppo ghiotta, meglio non perderla… tanto si può sempre declassarla a sinonimo.
C’è polemica sul mondo della botanica, ma il problema tassonomico rimane ad oggi irrisolto e forse alcuni botanici lo credono, insolubile.

Stampe antiche: Cattleya amethystoglossa

Ai nostri giorni è fin troppo facile immortalare i fiori delle nostre orchidee con la tecnologia digitale.
Prima dell’avvento della fotografia, qualsiasi rappresentazione figurativa di piante e fiori descritti nei libri e nelle riviste orticole, era opera di pittori botanici: agli albori le preziose stampe venivano colorate una ad una dopo essere state impresse in bianco e nero nei libri.
E’ enorme la mole di riviste e di libri editi prima della “fotografia”. Purtroppo gran parte di quella produzione letterearia è andata perduta o smembrata nelle bancherelle dell’antiquriato.
Un gran lavoro di raccolta finalizzata al recupero di tanto materiale prezioso, lo sta portando avanti il Dr. Antonio Borsato, un caro amico, appassionato delle orchidee e della botanica in generale. Il Dr. Borsato, nel tempo ha messo insieme una grande collezione di stampe, di riviste e di libri antichi. Questo post vuole dare onore alla grande stagione della pittura potanica con la pubblicazione di una delle tante pitture botaniche antiche.
La stampa è tratta da – Revue orticole – Journal d’Horticulture Pratique – Rivista fondata nel 1829 dagli autori del Bon Jardinier – Librairie Agricole de la maison Rustique 26, rue Jacob – Paris. Attualmente è pubblicato come: RHM – Revue Horticole – Mensuel technique destinè aux pépinieristes horticulteurs, maraichers et services espaces verts.
RHM-Revue Horticole è nato nel 1974 dalla fusione di PHM (1959) e della Revue Horticole (1829)

La stampa è eseguita con la tecnica della cromolitografia e rappresenta i fiori di Cattleya amethystoglossa.

Cattleya amethystoglossa 1869
Attualmente: Cattleya amethystoglossa Linden & Rchb. f. ex Warner 1862

Note storiche e curiosità
Il piacere di ammirare una raffigurazione botanica ti invoglia ad effettuare ulteriori ricerche storiche che immancabilmente ti portano a scoprire altre curiosità e sorprese.
La stampa seguente raffigura Cattleya amethystoglossa ed è riportata nella Tavola 47 della rivista Reichenbachia, primo volume, seconda serie del 1892. A pagina 101 della stessa rivista segue la descrizione con alcune note di R. A. Rolfe.
Cattleya amethystoglossa: Brasile (Baia). Le note di R. A. Rolfe possono essere così sintetizzate:
La specie appare per la prima volta in Europa nella collezione del Signor Reichenheim (Berlino) ed è descritta nel 1856 in BONPLANDIA da Reichenbach come Cattleya guttata var. prinzii, nome dato in onore del Signor Print, che aveva inviato la pianta dal Brasile. Un’unica pianta di questa specie giunge successivamente in Inghilterra ed approda nella collezione del Signor F. Coventry, di Shirley, per passare poi nel 1860 alla collezione del Signor Warner, che la descrive in Warner’s SELECT ORCHIDACEOUS PLANTS come Cattleya amethystoglossa.
Divertitevi a leggere altre notizie andando a sfogliare Reichenbachia

L’ acchiappanuvole

Ora che la mia mente torna a lasciar spazio ai sogni ed alle passioni, rieccomi qua a dialogare con voi.
L’interruzione forzata di quel filo che questo blog mi tiene quasi quotidianamente legato a voi ha dato tempo ai miei pensieri di riavvolgere e ritrasmettere nella mia psiche, il film della mia vita con le orchidee.

Tantissime figure stupende sono riapparse nella mia mente, persone eccezionali che via via son diventate amiche e che conservo nel mio cuore con grande affetto. Ho visto scorrere con amarezza anche le sconfitte, le “pugnalate” intrise di opportunismi manifesti, vissute e subite.

In questo periodo, dentro di me è risuonata e risuona ridondante la domanda: cosa hai cambiato, cosa sei riuscito a migliorare e magari, quali son i danni che il tuo “modus operandi” ha prodotto nel mondo dell’ orchidofila?

Non so darmi una risposta e per questo sono abbastanza deluso.
Provo la sensazione di essere solamente un inguaribile “acchiappanuvole” un “visionario” ed un portatore di sostanziali pensieri utopici.

Ecco un esempio. Mi telefona una giornalista: sto scrivendo un libro “divulgativo e a forte impatto fotografico” sulle orchidee – esordisce – cerco una sessantina di fotografie e mi è stata indicata la sua collezione – lei potrebbe scrivere la prefazione del libro ed inoltre ci sarebbe la citazione della provenienza delle foto – mi rassicura la giornalista – no grazie – replico io – ma come, non le interessa la pubblicità? – ribatte la giornalista. No, non sono interessato a nessun tipo di pubblicità – aggiungo e continuo – le faccio tanti auguri per il suo libro, ma mi sento in dovere di sottolineare che in Italia ci sono già tanti “libretti” divulgativi” sulle orchidee, quel che manca è letteratura scientifica in lingua italiana.

E’ assolutamente vero quel che ho scritto, ma per il “business” i libri devono essere purtroppo: leggeri, divulgativi e con il cosiddetto impatto fotografico.
Ma allora che cosa non funziona in questo meccanismo? Manca l’anima, manca la particolarità e la conoscenza scientifica di chi le orchidee le vive giorno per giorno con amore, ad esempio manca il pathos di quel libro scritto da Rebecca Tyson Northen che, seppur divulgativo, riusciva comunque a trasportarti nel piacere dell’approfondimento scientifico e botanico.
La pubblicazione di un libro che si avvale di giornalisti e fotografi professionisti, sarà un prodotto sicuramente accattivante per il grande pubblico, le case editrici lo sanno, sanno anche che target più scientifici sarebbe più difficile venderli.
Ed allora? I pensieri di un acchiappanuvole non fanno testo, si dirà… lasciatemi almeno sperare.

Paphiopedilum x Crossianum… il piacere di saperne di più

Note: Cypripedium, genere successivamente rinominato Paphiopedilum
L’esemplare in foto è stato fotografato nelle serre della collezione rio Parnasso:coltivatore Guido De Vidi.

Paphiopedilum x Crossianum
Incrocio primario creato nell’epoca pionieristica delle ibridazioni.

Siamo nella seconda metà del 1800, in piena epoca Vittoriana e nel primo volume dell’anno 1893, la rivista “THE ORCHID REVIEW” a pagina 37 ci racconta:

… è il 1870 quando Reichenbach ha l’opportunità di descrivere il primo ibrido del genere Selenipedium (S. caricinum con il polline di S. caudatum) nominato Dominianum in onore del suo ibridatore: Mr. Dominy.
Reichenbach racconta di una pianta vigorosa, con caratteristiche di entrambi i suoi genitori, ma le assegna indebitamente il nome di Cypripedium x Dominianum, stabilendo così una notevole confusione.
Sempre nel 1870 fiorisce per la prima volta, Cypripedium x Vexillarium e le cronache del tempo descrivono questo ibrido come una delle sorprese che Mr. Dominy prepara per Messrs. Veitch.
I genitori di Cypripedium x Vexillarium sono C. barbatum con il polline dell’allora raro ed ammirato C. fairieanum, le cui doti risultano sorprendentemente dominanti in questo ibrido.

All’inizio del 1871, Mr. Burbridge pubblica in Gardeners Chronicle un elenco degli ibridi di orchidee realizzati fino a quel periodo.
Prima del 1871 tutti gli ibridi fioriti erano stati realizzati da Mr. Dominy, nelle serre di Messrs. James Veitch and Sons, prima a Exeter, e successivamente nella Royal Exotic Nursery, Chelsea. Questo stato di monopolio si è protratto per una ventina d’anni, poi altri ibridatori, attratti dal suo successo, si cimentarono e portano a fioritura le loro ibridazioni.
Mr. Dominy lasciò indubbiamente un segno nel mondo dell’ibridazione delle orchidee e non solo.
Nel 1858 l’Exeter Horticultural Society assegnò a Mr. Dominy una medaglia d’argento per i suoi esperimenti di ibridazione, e nel 1880, in occasione del suo ritiro dal servizio dai Signori Yeitch, il consiglio della Royal Horticultural consegnò una Flora d’oro di grandi dimensioni, medaglia per i suoi lavori di successo come creatore di orchidee ibride, e Nepenthes.

Il campo dell’opera ibridatoria di quel periodo spaziò in vari generi, noi ci limitiamo a seguire il filone dei Cypripedium
Il primo seguace di successo di Mr. Dominy è stato Mr. Cross, giardiniere di Lady Ashburton, of Melchet Court, Hampshire.
Mr. Cross si propone all’attenzione con due ibridi, il primo ottenuto dall’incrocio C. barbatum con il polline di C. Insigne. Questo ibrido, nominato da Reichenbach Cypripedium x Ashburtonias è fiorito per la prima volta nel 1871.
Successivamente nel 1873, Mr. Cross crea l’ibrido rappresentato nella foto di questo post e cioè : Cypripedium X Crossianum. I suoi genitori sono C. insigne e C. venustum, il primo è il genitore seme. Entrambi questi ibridi sono stati commercializzati da Messrs. James Veitch & Sons, of Chelsea.
Questa è la lunga strada temporale percorsa dall’esemplare descritto in questo post, ibrido difficile da trovere nelle collezioni.