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Categoria madre del blog: giorno per giorno con le orchidee, diario di un appassionato.

All’ombra della Stanhopea

Ballando sotto un tetto di fiori

Il caldo insopportabile ed alcune vicende “virtuali” hanno momentaneamente inibito la mia creatività di blogger imbranato…per riacquistare vigore ho ascoltato i saggi consigli di dolcissime orchidofile amiche, che mi consigliavano di andarmi a purificare alla “Fonte Castalia di Rio Parnasso” e portare poi un “oracolo in serra”, effettivamente, questi riti mi hanno consentito di riprendere i racconti “strafalcionati” delle mie orchidee.
I motivi? Il web è fantastico, ma nello stesso tempo è anche un grande mare arcano, pieno di folletti che fanno periodiche e dannose incursioni nelle varie isole, compresa anche la nostra.

Ripartiamo con il diario di Orchids.it, che spero riesca sempre a portarci nel magico mondo delle orchidee, senza se e senza ma.

Ieri, proprio durante il “rito purificatorio” – lasciatemi fantasticare – mentre stavo bagnando le orchidee sistemate all’esterno della serra e fra queste le possenti Stanhopee, ho vissuto attimi surreali (chissà, magari inebriato dall’intensissimo profumo), che mi hanno trasportato in luoghi stregati , sotto un tetto di fiori fragaranti a ballare strane danze in compagnia di esili figure deliziose…è durato pochissimo e mi son presto ritrovato nella realtà con la canna dell’acqua fra le mani a dar loro refrigerio.

Eccola la complice: Stanhopea oculata, che da qualche anno, regolarmente, a metà Luglio si conquista il set e recita la sua commedia

Ora dovrei scrivere qualche cosa di “scientifico” o meglio di tecnico, ma preferisco lasciare a questo post la sua dimensione surreale e fantastica… per le notizie informative posso sempre “linkarmi” ..non me lo vieto di sicuro!! Sì perchè in qualche forum italiano, è caldamente sconsigliato linkare, preferiscono tenere nella propria pancia notizie e foto di altri spazi web.

Sulle Stanhopeae ci sono vari post su questo blog, ecco alcuni: questo ancora uno
ed infine questo racconto

Brassavola nodosa: signora della notte, anche lei era a Schio

Trascurata, quasi dimenticata a beneficio di sorelle più blasonate…nella mostra di Schio c’era anche lei e si faceva anche sentire!

Le orchidee delle foto esposte, provengono dalla collezione Guido De Vidi: diritti riservati.

L’abbondanza di orchidee fiorite in esposizione, non concedeva tregua ai visitatori e sotto i loro occhi distratti dai gioielli presenti, la bellissima “signora della notte” con i suoi sensualissimi fiori bianchi si faceva ammirare in silente attesa del buio.

Nella foto a sinistra potete ammirarla, la sua deliziosa fragranza notturna però, è andata dispersa nella notte bianca di Schio.

Scheda tecnica e di coltivazione:
Brassavola nodosa(L.) Lindley 1831
Il genere
Il nome del genere è stato dato in onore a Antonio Brassavola, medico e naturalista all’Università di Ferrara (1500 – 1555, ma altri riportano n. 1490 e m. 1570; l’anagrafe era un’opinione). Ercole II, duca di Ferrara, lo condusse con sé nei suoi viaggi, specie in Francia.
Il re di Francia Francesco I gli aggiunse il nome di Musa, alludendo ad Antonius Musa, medico dell’imperatore Augusto, e lo nominò suo medico; lo stesso onore gli fu accordato da Carlo V, Enrico VIII e diversi Papi.
Al ritorno a Ferrara fondò un giardino botanico che diresse fino alla sua morte.
Tra i suoi allievi si annoverano grandi studiosi e anatomisti, tra cui Falloppio (notizie attinte da una annotazione di Roberta Cecchini).
Brassavola nodosa chiamata anche “signora della notte” perché profuma solamente al buio, generalmente fiorisce in estate/autunno.
E’ un’ orchidea epifita e/o litofita a sviluppo simpodiale e di medie dimensioni.
Si struttura con dei corti pseudobulbi cilindrici e foderati, all’apice dei quali crescono singole foglie tereteformi, solcate ed acuto-apiculate.
Gli pseudobulbi di recente maturazione formano pannicoli di 6-8 fiori bianchi, a volte con la gola del labello maculata di color marrone, che emanano un piacevolissimo profumo notturno, simile alla fragranza degli agrumi.
Il suo periodo di fioritura può variare in funzione delle condizioni di coltivazione e quindi sistemando più piante in posizioni diverse si possono goderle fiorite per più mesi.
Questa specie botanica è endemica nel Messico, nel Venezuela, e nel Brasile, dal livello del mare fino a circa 500-600 di altitudine; cresce sugli alberi (radici della mangrovie) e sulle rocce.

In coltivazione richiede molta luce, sopporta temperature elevate e durante il suo periodo vegetativo ha bisogno di molta umidità (deve accumulare liquidi e cibo utili anche nel suo periodo di riposo secco) per portare a maturazione gli pseudobulbi e per poter fiorire.
Quando arriva il periodo di riposo le radici smettono di svilupparsi e bisogna quindi, dapprima rallentare e per un breve periodo anche sospendere le bagnature onde evitare la marcescenza ed entropizzazione dell’apparato radicale stesso.

Coltivazione: la Brassavola nodosa, gradisce clima da serra calda con abbondanza di luce.
E’ un’ orchidea molto duttile e si presta ai vari sistemi di coltivazione, su zattere di sughero o tronchetti di legno duro, piuttosto che su cestini di legno oppure su vasi con composti drenanti (bark e sfagno); la scelta va fatta in funzione dell’ambiente in cui si coltiva.

Paphiopedilum rothschildianum

La fioritura del mio Paphiopedilum rothschildianum ‘Rex’ FCC RHS x ‘Flay Eagle’ AM AOS
(Rchb.f.) Stein, Orchideenbuch 482 (1892).

Paphipedilum rotschildianum

In questi gioni è fiorito il mio P. rotschildianum, non me l’aspettavo sinceramente, l’acquisto effetuato all’EOC (120 €) metteva in conto qualche anno di attesa, invece ne esce un’ottima fioritura, che ne dite? Domani sarà in esposizione alla mostra di Schio, saluti Alberto

Cattleya leopoldii

La Regina di una notte di mezza estate a Schio (Vicenza)

Prima di scrivere le mie impressioni su questa specie botanica ho dovuto compiere parecchie ricerche scientifiche e se devo dire il vero, qualche dubbio mi rimane, l’unica certezza è la sua indubbia bellezza.
La pianta rappresentata nella foto, a mio avviso è da considerarsi Cattleya leopoldii e nel prosieguo della mia analisi cerco di spiegare il perchè.
Collezione Guido De Vidi – foto 12.07.06 – Diritti riservati.
Cattleya leopoldii Versch. 1854 sottogen. Falcata sez. Guttatae. Sinonimi: Cattleya tigrina; Cattleya guttata Lindley var. leopoldii Lem 1885; Epidendrum eliatus var. leopoldii Rchb.f 1862.
Prima di addentrarci nella descrizione di questa specie, per i motivi enunciati in precedenza, occorre fare un’analisi tassonomica più approfondita perchè non è molto facile stabilire con esattezza qual è il nome di specie più accettato.
L’orchidea in questione è stata importata in Europa dalla ditta belga Verschaffelt, che l’ha registrata con il nome di Cattleya leopoldii nel 1854. Poi è stata descritta da Lemaire, nel 1855, come varietà della Cattleya guttata Lindley, ricevendo anche in quell’occasione la denominazione di var.’leopoldii’ in omaggio e onore al re Leopoldo di Belgio, un grande appassionato delle orchidee esotiche.
Qualche autore sostiene che questa specie sia in realtà la stessa classificata 7 anni prima da Richard, con il nome di Cattleya tigrina, altri studiosi ancora, la ritengono molto prossima alla descrizione della Cattleya guttata.
E’ evidente l’incertezza, che diventa problematica anche nei nomi delle ibridazioni discendenti da questa specie botanica.
Per inquadrare la situazione dobbiamo partire dalla specie di riferimento: Cattleya guttata

Cattleya guttata descritta da Lindley nel 1831 è sicuramente una delle più importanti fra tutte le Cattleya brasiliane raccolte da Robert Gordon in 1827.
Molta incertezza nasce con le specie similari dello stesso gruppo e soprattutto con i nomi dei moltissimi ibridi discendenti.
Il primo problema si presenta con la Cattleya leopoldii ed effettivamente molte forme tigrate scure della Cattleya guttata , si assomigliano molto. Sembra che la differenza sostanziale per individuare le due specie sia nella formazione del pannicolo dei fiori, che nella Cattleya leopoldii escono dal fodero ancora verde dello pseudobulbo annuale maturo, generalmente in tarda primavera-estate, mentre nella Cattleya guttata i fiori escono sempre dallo pseudobulbo maturo, ma dopo un breve riposo e dal fodero secco. Il periodo della fioritura è riferito al nostro emisfero settentrionale.

Altre differenze sono rilevate anche nel diverso numero di fiori e nella dimensione delle piante ma qui si entra in un terreno minato perchè queste caratteristiche variano sostanzialmente in funzione del tipo di coltivazione.
Le successive argomentazioni possiamo considerarle utili per tutta la gamma delle “guttate”.

Ambiente d’origine, caratteristiche morfologiche e note colturali
E’ una specie endemica del Brasile: Alagoas, Bahia, Espírito Santo, Minas Gerais, Paraná, Pernambuco, Rio Grande do Sul, Rio de Janeiro, Santa Catarina e São Paulo.
E’ una pianta epifita a sviluppo simpodiale, con pseudobulbi a canna, avvolti da foderi bianchi con 2 a volte 3 foglie apicali consistenti, oblunghe ed ellittiche.
All’apice degli pseudobulbi, in primavera-estate spunta uno stupendo pannicolo, portante secondo la specie, 8-15 fiori profumati e di lunga durata.
Cattleya leopoldii, come già scritto è collegata strettamente a C. guttata e/o C. tigrina, e questi accoppiamenti tassonomici rendono più apprezzabile la descrizione che sarebbe più difficile se fatta separatamente.
Senza entrare nei dettagli, come guida di base possiamo specificare che la C. guttata produce fiori più piccoli con labello stretto e minuti, mentre nella C. leopoldii i fiori sono più grandi ed il loro labello è largo e ben sviluppato.

Inoltre la Cattleya leopoldii produce meno fiori e di solito color marrone, a differenza della gamma molto varia, che troviamo invece nella C. guttata.
In natura la dimensione della C. leopoldii è solitamente la metà della C. guttata, ma in coltivazione le grandezze sono molto legate all’ambiente, luce e tipo di coltivazione.

Coltivazione
Le specie di questo gruppo, come la maggior parte delle epifite, sono xerofite (periodo di secco) ed in natura si sono adattate perfettamente a condizioni ambientali limite: resistono a lunghi periodi di secco e le loro radici grosse e leggermente pelose si insinuano in tutti gli anfratti, assolvendo la duplice funzione di sostegno (alberi e pendii) e da magazzino di cibo ed acqua.
Cattleya leopoldii richiede clima da serra calda e umida con buona ventilazione e tanta luce (quasi diretta)
Stante la sua dimensione ed il portamento eretto, conviene coltivarla in vasi con composto di corteccia media (dove è possibile il reperimnto si può anche usare xaxim sminuzzato e/o pezzetti ci cocco). Buoni successi si possono ottenere anche usando substarti inerti.
E’ utile rallentare o cessare le bagnature durante i due mesi invernali Dicembre e Gennaio.
Il ciclo delle fertilizzazioni e dei trattamenti protettivi seguono lo standard del suo genere: dosi generose durante il periodo vegetativo di concime equilibrato NPK 20.20.20, e 2 trattamenti di NPK 10.30.20 nella fase di maturazione delgli pseudobulbi giovani.