Cirrhopetalum picturatum o eberhardtii?

Forse Philippe A. Eberhardt aveva ragione

In questo post del 29 Maggio 2004 ho presentato il Cirrhopetalum picturatum ed in quell’occasione ho anche raccontato di un acquisto incauto: nel mercatino degli scambi in Fiera a Pordenone ho acquistato il Cirrhopetalum eberhardtii senza sapere che era la stessa specie.

Storia
La storiografia racconta che il Cirrhopetalum picturatum è stato introdotto in Inghilterra nel 1836 da Conrad Loddiges e descritto nel 1840. Verso gli anni 20 del secolo successivo Philippe A. Eberhardt raccoglie una pianta di questa stessa specie , la porta in Francia dove viene nuovamente ed inconsapevolmente descritta da Gagnepain, e registrata con il nome del suo raccoglitore Eberhardt.
La tassonomia ufficiale accetta questa sequenza di nomi:
Cirrhopetalum picturatum
Publisher : Lodd.
Origin : Thailand, Assam, Burma & Vietnam
Flowering Period : October – January
Flower Size: 5 mm. wide by 30 mm. long
No. of Flowers : 7 – 15 flowers / inflorescence
Publication : Bot. Reg. 46, Misc. 49, 1840
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C. Penny Kuroda ‘Spots’, un ibrido stupendo

Un sogno di mezza estate, fatto di luce e colori

Fra gli ibridi di “Cattleya” bifogliati con pseudobulbi allungati a forma di canna, C. Penny Kuroda ‘Spots’ è molto interessante.
Le infiorescenze portano anche più di 10 fiori di media dimensione, consistenti e duraturi.
Per la verità C. Penny Kuroda ‘Spots’ è un ibrido ormai datato (registrazione risale agli anni 80), penso che nel mercato si possano trovare incroci due generazioni avanti, ciò nonostante rimane un incrocio molto ben riuscito, che non può mancare nelle collezioni.
In questa calda giornata di mezza estate che vede tante e tanti orchidofili in vacanza con seni e pancia al sole, dedico questo “bouquet” a tutti gli altri, che sprezzanti della calura resistono imperterriti negli uffici o più genericamente al lavoro!

Collezione Guido De Vidi – foto 16.07.07 – diritti riservati

C. Penny Kuroda ‘Spots’ (C. Summer Snow x C. guttata)

Navigando in internet e spulciando qualche catalogo, in certi casi questo ibrido è presentato come C. Penny Kuroda (C. interglossa x L. pumila), è chiaramente un errore, sarebbe interessante verificare il vero nome di registrazione.

I fiori son deliziosamente fragranti, la pianta resiste bene anche in condizioni di temperature eccessive e sopporta altrettanto bene eventuali stati di stress idrico.

PS) sono gradite altre notizie

Cura e rinvaso delle Restrepia

Foto in evidenza: Restrepia guttulata – collezione rio Parnasso

Piccole orchidee, generose ed affascinanti nelle loro forme

Una collezione di orchidee senza qualche specie del genere Restrepia non è nemmeno immaginabile, tanto sono delicate ed esili da non poter negare loro un posticino in serra.
I fiori stilizzati assumono posizioni a volte laggiadre e sbarazzine, in certi casi però si nascondono dietro le foglie quasi a voler manifestare la loro timidezza.
Nella foto a sinistra: Restrepia metae Luer 1996.
Il genere Restrepia appartiene alla sottotribù delle Pleurothallidinae e raggruppa circa 50 specie di piccola dimensione. Questo post descrive abbastanza compiutamente le caratteristiche del genere, e quindi, continuando il percorso conoscitivo cercheremo di affrontare le cure del rinvaso di queste orchidee inusuali, piccole, per certi aspetti assai delicate, ma con una forza di sopravvivenza impareggiabile.
Seppur esili, le Restrepia non abbandonano mai il suo coltivatore perché, soprattutto in condizioni di estrema crisi, trovano sempre la forza di produrre dei keiki, che garantiscono la salvezza della specie.

Rinvaso
Ora noi seguiremo le varie operazioni del rinvaso di una pianta con evidenti problemi dovuti alla decomposizione del substrato ed alla colonizzazione di felci nel suo piccolo vaso.
La pianta rappresentata nella foto a sinistra è in buona salute, ma il substrato, ormai vecchio di due anni è stato abbondantemente colonizzato da felci di varia natura.
Le felci di varia origine, prosperano con facilità nel substrato delle nostre piantine, ed oltrettutto creano anche una piacevole coreografia alla pianta, ma nel contempo la loro fitta ragnatela di radici tende a soffocare l’apparato radicale dell’orchidea stessa; è quindi indispensabile procedere con i rinvasi.
Esteriormente non si ha l’impressione che le felci siano invasive, basta però svasare la pianta per valutare appieno il problema (vedi foto a sinistra).

Nel caso di specie ci si accorge che oltre alle felci, nel substrato ci sono anche le famigerate chioccioline, notoriamente ghiotte delle sottili radici delle nostre Restrepiae pertanto la rigenerazione del composto di coltivazione è quanto mai indispensabile.

La pianta che stiamo rinvasando è Restrepia antennifera var. roseola. Bellissima specie ormai adulta e felicemente ambientata nella mia serra da una quindicina d’anni.
Durante tutto questo tempo è vissuta in varie parti della serra sopportando condizioni limite, sia per quantità di luce che di umidità e temperatura.
Nel periodo di tanta luce si è notata una abbondante pigmentazione scura delle foglie ed invece in condizioni eccessivamente secche si sono formati dei provvidenziali keiki (nuove piantine) nelle pagine inferiori delle foglie (vedi foto a sinistra).
A questo punto non ci rimane che procedere con l’operazione di pulizia e di recupero delle nuove piantine.

Pulizia delle radici
Sono state eliminate le felci, è stato tolto il bark vecchio ed ora è utile procedere ad una attenta analisi della nostra Restrepia, allo scopo di verificare se ci sono muffe, parassiti vari o altri problemi; nel nostro caso si nota qualche radice mangiucchiata dalle chioccioline, ma complessivamente le condizioni sono buone, pertanto è possibile dividere (staccare con le mani) i keiki, che potranno essere usati per dar vita a nuove piante.

Una sommaria valutazione consiglia di creare una nuova pianta oltre a quella originale: ceppo madre da solo e tutti i keiki insieme in un nuovo contrnitore.

La scelta della dimensione dei vasi è molto importante, non bisogna usare vasi troppo grandi (il composto rimarrebbe troppo bagnato), nè troppo piccoli (si ascigherebbero troppo in fretta). Il diametro ideale è di 7 – 8 cm, massimo 10 cm.

Il composto
Vale il solito buon consiglio: i materiali del composto devono essere drenanti e nel contempo assorbenti. A seconda delle possibilità di reperimento possiamo usare bark, perlite, torba di sfagno, seramis ed altro. Io uso bark sminuzzato 50%, torba di sfagno abbastanza filamentosa 25% e perlite 25%.
Tutte le componenti del substrato sono umide (il bark va messo a bagno per alcuni giorni e poi lasciato asciugare qualche ora), per garantire umidità alle radici nella fase del post rinvaso.

Le operazioni di sistemazione della pianta nel vasetto
Raccogliere il ceppo da sistemare e posizionarlo al centro del vasetto per poterlo riempire comodamente con il composto preparato in precedenza.
Coprire fino quasi all’orlo superiore e battere leggermente il vasetto per la giusta sistemazione del composto fra le radici della pianta. Attenzione a non comprimere troppo il composto.

In questa prima fase abbiamo sistemato i keiki. Come si può notare non neccessitano nemmeno di tutore, nel caso dovesse servire un sostegno basta piantare una piccola asticella di bambù al centro del vaso e legare attorno ad essa la pianta. E’ altresì utile un’ultima sistemazione delle varie vegetazioni, in modo da distribuirle ordinatamente nel composto. A questo punto si può procedere allo stesso modo con la pianta madre.

Rinvaso ultimato
L’operazione di rinvaso è ultimata, il composto è già umido (si era scritto che il bark del composto era stato messo a bagno per alcuni giorni), quindi per un po’ di tempo non serve bagnarlo: è sufficente spruzzare le foglie più volte al giorno.
Ad ogni buon conto, durante le due o tre settimane del post rinvaso conviene non fertilizzare e tenere sotto controllo l’evolversi della situazione.

Nota
All’inizio delle operazioni di rinvaso avevamo una sola pianta, ora sono due, una sarà per qualche orchidofilo amico.

Una rassegna di specie colombiane…divertitevi a dare un odine tassonomico a questa bella famigliola

Orchidee: quando si dice passione

Mariangela, stregata dalle orchidee (e non è la sola), ci scrive

Buongiorno!
Finalmente ho trovato l’indirizzo per poter scrivere visto che dal sito ho qualche difficoltà a comunicare: non vedo gli ultimi messaggi e non so se sono arrivate le mie foto inviate già da parecchio tempo. Comunque ci riprovo.
Vorrei approfittarne per porre qualche domanda e comunicare la mia gioia nel veder crescere le mie orchidee che sono delle vere e proprie “STREGHE”: mi hanno veramente conquistata a tal punto da dovermi costringere a stare alla larga da giardinieri e fiorai! Pensate che, negli ultimi mesi, la mia “signorina” Vanda viaggiava con me nel camper, sul sedile del passeggero, visto che lavoro a 110 km da casa e, non potendo affidarla alle cure di mio marito, ho scelto di farle fare la vita da pendolare come me! Tutte le altre, invece, rimanevano tranquillamente a casa ad aspettarmi.

Domanda: credo che la splendida che ha messo ben quattro steli fiorali, e che sta cominciando a fiorire, sia una Brassia lawrenceana, ma non ne sono sicura.
Chiedo gentilmente, a tal proposito, la Vostra gentile consulenza.

Se riesco, allego le foto anche dei 3 Paphiopedilum

e dell’ultimo acquisto: il Signor Phragmipedium Grande, semplicemente splendido e che cresce a vista d’occhio.

Complimenti per la Vostra professionalità e serietà nel fornire servizi, notizie ed informazioni. Domenica ero sul Garda, ma, con mio dispiacere, non mi è stato possibile fermarmi a Torri del Benaco per vari motivi: poteva essere l’occasione buona per conoscerci. Grazie.
Maria Angela

Abbiamo pensato di far diventare post, questa esuberante manifestazione di passionalità verso il mondo “stregato” delle orchidee.
Mariangela segue questo blog, si sente parte della sua grande famiglia e per questo ha voluto renderci tutti partecipi delle sue sensazioni ed anche soddisfazioni con le orchidee.
Benvenuta quindi, e nella speranza di essere in piccola misura anche noi complici della tua “folgorazione”, cercheremo di continuare il nostro cammino divulgativo.

I quesiti
Forse la tua Brassia è un ibrido con patrimonio genetico anche della B. lawrenceana, qualche amico del blog riuscirà sicuramente a scovare il suo nome.
Per il resto, complimenti cara Mariangela, le tue orchidee se la passano veramente bene!

Nota: se avete dei problemi di coltivazione o altro, inserite le vostre discussioni nei commenti di questo post che rimmarrà in prima fila per qualche giorno.