Ho già dedicato un post a questa bellissima Cattleya, eccolo, ma stuzzicato dalla pubblicazione della foto di una sua “figlioletta”sul sito di Alberto Ghedin in orchidcoltura, ho pensato bene di proporvi la “grande mamma”, un esemplare che per fotografarlo per intero ci vorrebbe un obiettivo a grand’angolo.
Ormai la pianta è saldamente ancorata al suo ceppo di robina e può essere ammirata solamente in serra – non è più possibile spostarla.
La foto alla vostra sinistra mostra solamente uno dei quattro lati.
E’ veramente entusiasmante poter ammirare questa grande fioritura. I grappoli di piccoli fiori penduli color lavanda, trascinano verso il basso i lunghi fusti bifoliati sui quali sono cresciuti, quasi ad ostruire gli spazi dedicati alle passeggiate.
Anche questo fa parte del fascino della collezione, quasi un invito a visitarla… direte voi, certo! Se volete e potete, vi aspetto con piacere.
Bella anche la “figlioletta” però e complimenti al suo coltivatore ed al suo sito, piacevole baluardo di testimonianza amatoriale.
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Cattleya bowringiana
Affascinante fioritura autunnale
collezione Guido de Vidi – foto 12.10.06 – diritti riservati
Cattleya bowringiana Veitch 1885.
Sinonimi: Cattleya autumnalis Hort. 1885 – Cattleya skinneri Bateman var. bowringiana (Veitch) Kraenzl. 1892 – Guarianthe bowringiana (Veitch) Dressler & W.E. Higgins 2003
Nome della specie in onore John C. Bowring, collezionista di orchidee inglese di fine 1800, .
Note storiche
Questa specie non ha sempre avuto il nome bowringiana.
In occasione della prima esposizione a Londra (31 Ottobre 1885), il suo scopritore James Veitch, la presenta con il nome di Cattleya autumnalis,solamente dopo aver ottenuto il First Class Certificate dalla Royal Horticultural Society, Veitch modifica il nome iniziale, dedicando quello nuovo ad un suo ottimo cliente, John C. Bowring di Windsor. Bowring, primo figlio del plenipotenziario in Cina per conto della Regina Vittoria, Sir John Bowring, era un collezionista incallito, sempre alla ricerca di nuove orchidee da coltivare ed ibridare: ironia della sorte, le pubblicazioni inglesi lo citano per le sue ibridazioni piuttosto che per la più importante onorificenza del suo nome assegnato ad una bellissima orchidea.
Onori e potere
Non sempre però le onorificenze vanno distribuite equamente. La prima descrizione della Cattleya bowringiana è apparsa in “The Gardeners Chronicle – 28 Novembre 1885 (page 683)” a cura di James la O’ Brien, ma nel famoso “Manual of Orchidaceous Plants”, non c’è alcuna menzione in suo onore: tutto è accreditato a Veitch, sia la sua scoperta che la sua descrizione.
Provenienza della specie
Cattleya bowringiana è originaria dell’America Centrale (Belize e Guatemala), ed insieme alla Cattleya skinneri rappresentano le Cattleye più “nordiche” in natura.
Cattleya bowringiana: particolare degli pseudobulbi e delle radici
Questa specie è l’unica nel suo genere ad avere gli pseudobulbi che crescono praticamente privi di rizoma orizzontale e con un rigonfiamento bulboso alla loro base, dal quale si formano radici e nuovi getti.
La più appariscente fra le Cattleye a fioritura autunnale
Quando l’estate fa capolino e l’autunno si affaccia con i suoi profumi di frutta matura, regalandoci le prime notti fresche, noi collezionisti di orchidee cominciamo a goderci le fioriture antunnali delle Cattleye, fra tutte, in serra primeggia lo spettaccolo dei numerosi mazzetti di piccoli fiori color viola splendente della Cattleya bowringiana.
Nessun collezionista, anche per la sua facilità di coltivazione, dovrebbe privarsi di questo spettaccolo autunnale offerto dalla Cattleya bowringiana e nemmeno di quello primaverile, donato Cattleya skinneri, che molti confondono con la C. bowringiana.
Una pianta molto facile da coltivare.
Cattleya bowringiana in natura vive fra 200 – 900 metri di altitudine ed è molto adattabile a diversi ambienti. Può essere trovata come litofita nei burroni rocciosi, completamente esposta al sole diretto, oppure mimetizzata da pianta terrestre sulla sabbia di quarzo ed anche sugli alberi come epifita tipica.
Per queste sue peculiarità, questa specie è stata molto presente nelle collezioni, dove ha prosperato senza particolari problemi.
La sua grande popolarità è durata parecchio tempo (nel 1941 si è guadagnata anche la foto di copertina del bollettino AOS), ma è andata via via scemando, forse perchè troppo facile da coltivare, oppure più semplicemente, perchè i coltivatori decisero di non commercializzarla più. Sta di fatto che era quasi scomparsa dalle collezioni.
Viste le continue richieste, da qualche anno i produttori hanno iniziato a produrre incroci x self degli esemplari rimasti, ed ora è possibile trovare nuove piante nel mercato delle orchidee.
Altra notorietà di questa orchidea in natura è quella di essere cibo prelibato per gli animali della foresta, ma pur essendo continuamente in balia di molti agenti esterni, sopravvive, si sviluppa e fiorisce senza problemi: classico esempio di adattamento naturale a situazioni di precarietà.
Si è detto che la Cattleya bowringiana è l’ideale per principianti, ma ciò non vuol dire che non richieda anche abilità di coltivazione, il coltivatore esperto riuscirà ad ottenere risultati eccezionali, mentre il neofita si accontenterà di una piccola fioritura: in fondo, il collezionismo delle orchidee è affascinante proprio per questo. In condizioni di normale coltivazione, gli pseudobulbi possono raggiungere 30 cm di altezza e produrre non più di 7-8 fiori, in condizioni ottimali gli pseudobulbi possono arrivare anche a 60-70 cm con 20-30 fiori per infiorescenza. L’esemplare della prima foto in alto, quest’anno, ha prodotto 11 nuovi getti con circa 300 fiori.
Pregi e limiti
I collezionisti brasiliani, noti per le loro puntigliose collezioni mono specie, con tutte le varietà possibili, non apprezzano molto Cattleya bowringiana perchè trovano in lei una gamma limitata di varietà. Questo non è completamente vero, seppur limitatamente, le varietà e/o forme di questa specie sono presenti, e sono molto utili per importanti ibridazioni.
Sir Jeremiah Coleman, precursore degli ibridi coerulei nelle Cattleye, ha ottenuto buoni risultati con cloni coerulei, lilacini e violacei di C. bowringiana.
Gli ibridi
Cattleya Portia Coerulea ‘Sir Jeremiah Colman’ – Collezione Guido De Vidi- diritti riservati
Cattleya bouringiana è presente in ibridazioni famose e le sue caratteristiche hanno contribuito alla creazione di veri campioni. Famosi sono Cattleya Portia (C. bowringiana x C. labiata), registrato da James Veitch nel 1897 e Cattleya Porcia, incrocio fra C. bowringiana x C. Armstrongiae (Hardyana x loddigesii), registrato da H.G. Alexander nel 1927. Entrambi hanno ricevuto molti premi dalla RHS e dalla AOS.
Cattleya Porcia ‘Canizzaro’ FCC/AOS – collezione Guido De Vidi – diritti riservati
Cattleya Porcia ‘Cannizaro’ ha ricevuto AM dalla RHS nel 1936 e dalla AOS nel 1951 ed un FCC/AOS postumo, nel 1988.
Cattleya bowringiana ha contribuito egregiamente a tante altre ibridazioni fra le quali: Cattleytonia Rosy Jewel (x Broughtonia sanguinea), Brassocattleya Maikai (x Brassavola nodosa), e Cattleya Barbara Kirch (x Cattleya aurantiaca).
Qualche nota colturale
Anche se Cattleya bowringiana è assai facile da coltivare, onde evitare che l’eccesso di sicurezza faccia compiere errori fatali è bene conoscere le sue esigenze fondamentali.
A causa della particolare conformazione degli pseudobulbi a base bulbosa, compattata e senza rizoma, il momento più critico per questa specie è il rinvaso: l’assenza di rizoma crea problemi nelle divisioni (è facile incidere la parte bulbosa), pertanto è utile porre molta attenzione nell’effettuare i tagli.
L’intervento di rinvaso e divisione va fatto all’inizio della fase vegetativa (primavera), appena si scorgono le nuove radici alla base degli pseudobulbi.
Il rinvaso va fatto con bark grosso, mescolato con poca torba di sfagno, avendo cura di non coprire le basi bulbose che potrebbero marcire. Per il resto va coltivata come le altre Cattleye: buona luce, ambiente umido e ventilato, composto umido ed un lieve rallentamento invernale delle annaffiature.
Nota: