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Pabstia viridis, una strana orchidea terricola brasiliana

Il genere
Pabstia Garay
Bradea 1(27):306 (1973).
Sottofamiglia: Epidendroideae
Tribù: Cymbidieae
Sottotribù: Zygopetalinae

Etimologia: nome dato in onore di Guido Joao Federico Pabst (1914 – 1980), un botanico e scopritore amatoriale Brasiliano, direttore del traffico aereo per le compagnie aeree Varig, fondatore dell’Herbarium Bradeanum in Rio de Janeiro e co-autore di Orchidaceae Brasiliensis.

Specie tipo: Pabstia viridis (Lindley) Garay

Collezione Guido De Vidi – Foto 29.06.04
pabstia_viridis Pabstia viridis (Lindl.) Garay 1973
Basionimo:Maxillaria viridis Lindl. 1833
Sinonimi: Colax viridis (Lindl.) Lindl. 1843 – Colax tripterus Rolfe – Colax viridis var. parviflorus Hoehne – Colax viridis var. pluriflora Cogn. – Maxillaria viridis var. platysepala Regel – Pabstia triptera (Rolfe) Garay – Pabstia viridis var. parviflora (Hoehne) Garay – Zygopetalum viride (Lindl.) Schltr.

pabstia_viridis_stampa La foto a sinistra riproduce il disegno della Maxillaria viridis come fu descritta da Lindley in Botanical Register.
Si ringrazia Missouri Botanical Garden
La pianta su cui Lindley si basò per la descrizione venne spedita da Rio da Sir Henry Chamberlain (1733-1829), diplomatico inglese, console in Brasile, nominato 1° Baronetto. La pianta fiorì nel maggio del 1831 nelle serre dell’Horticultural Society’s Garden.
Pabstia viridis (ex Colax viridis) vive come pianta terricola nelle foreste umide della regione sud-est del Brasile. La sua caratteristica distintiva è il lobo mediano del labello a forma triangolare. Il genere Pabstia è strettamente legato allo Zygopetalum e con esso sono stati creati alcuni ibridi molto interessanti, noti col nome Zygopabstia (o Zygocolax per i coltivatori più anziani !).
Pabstia viridis gradisce le zone ombreggiate nella costiera montagnosa (Rio de Janeiro e São Paulo principalmente), prospera bene da sia 150-200 metri slm. fino alla cima delle montagne (più o meno 1300 metri slm.). In estate è umido e caldo, ma con costante circolazione d’aria. In inverno è freddo, soprattutto nella parte superiore della montagna (che è anche l’habitat della Sophronitis coccinea), la pioggia è assente, ma l’umidità è garantita dall’oceano che si trova di fronte. Le condizioni ambientali per questa specie possono essere equiparate alla Sophronitis coccinea, fatta eccezione per la luce che dovrebbe essere molto meno intensa.
Questa specie è a sviluppo simpodiale, ha gli pseudobulbi quadrangolati, con due foglie apicali leggiadre e molto grandi. Gli steli fiorali sono molto corti e si formano alla base degli pseudobulbi giovani e portano singoli fiori carnosi di 5 cm. Fiorisce all’inizio dell’estate. I fiori sono per lo più di colore verde con i petali fortemente maculati . Da lontano si fatica a distinguere quando la pianta è in fiore, ciò nonostante questa specie è un vero gioiello da tenere nella propria collezione di orchidee.
In coltivazione gradisce temperature da serra intermedia con molta ventilazione, che serve a prevenire ristagni d’acqua, con conseguente marciume tra le foglie e gli pseudobulbi durante la fase vegetativa.
Può essere coltivata in vaso, con substrato di corteccia di pino mescolata con poca torba di sfagno.
Le bagnature e fertilizzazioni vanno somministrate regolarmente ( composto sempre umido e concimazioni bilanciate ogni 15 giorni) durante la stagione calda, facendo attenzione a non far ristagnare l’acqua fra le pieghe delle foglie e rallentarle decisamente in inverno con la fase fredda ed asciutta.

Orchidee in evoluzione… verso chi?

La sottile linea che divide l’orchidologia italiana si colloca fra chi desidera veder le associazioni protagoniste degli eventi orchidofili, e chi invece no. Ho paura che stiano vincendo i no!

Qualche giorno fa, in redazione di orchids.it è giunta questa mail dal “Settore Tecnico Arredo Urbano e Verde del Comune di Milano”

… “Oggetto: iniziativa “Darwin: orchidee in evoluzione”
Egregio Direttore,
In occasione del bicentenario della nascita di Charles Darwin, il Settore Tecnico Arredo Urbano e Verde del Comune di Milano, in collaborazione con il Museo di Storia Naturale di Milano, ospiterà, nelle serre comunali di via Zubiani, 1 – Milano, da sabato 14 febbraio 2009 a sabato 13 marzo 2009, la mostra “Darwin: orchidee in evoluzione” ideata dal Dipartimento Didattico Scientifico Oltremare.
L’esposizione affronta la tematica evolutiva attraverso le orchidee, fiori oggetto degli studi di Darwin ed è costituita da pannelli didattici ed interattivi che illustrano il mondo delle orchidee dal punto di vista evolutivo e da due speciali teche, con habitat ricostruiti, contenenti orchidee.
L’inaugurazione della manifestazione sarà sabato 14 Febbraio 2009 alle ore 10 presso la struttura comunale sede del Settore Tecnico Arredo Urbano e Verde di via Zubiani,1.
L’iniziativa, rivolta a tutti i cittadini, vedrà inoltre l’alternarsi nella presenza di enti, associazioni, aziende che contribuiranno ad arricchire la manifestazione con ulteriori momenti didattici e laboratori pratici
… – la mail concludeva -…Pertanto Le chiediamo, gentilmente, una fattiva collaborazione all’evento, donando una copia di una pubblicazione da Voi promossa, che sarà consultabile liberamente dai partecipanti, quale valido strumento di ulteriore conoscenza ed approfondimento.”

Interessante, questa iniziativa del Comune di Milano – mi son detto – poi ho aperto gli allegati PDF contenenti il programma della manifestazione, e con mia sorpresa l’ho trovata già bella e confezionata, che senso ha l’invito?

Giova ricordare che il soggetto è l’orchidea… aggiungiamoci pure in evoluzione, Darwin è solo il pretesto per dar corpo all’iniziativa.
Leggo fra le righe del programma la presenza di alcuni professori, per l’occasione tirati fuori dalle loro brave università a parlare degli “inganni seducenti della riproduzione delle orchidee” e della salvaguardia delle orchidee spontanee.
La manifestazione scende anche sul concreto con un’esposizione degli esemplari della floricoltura “Riboni Orchidee” il cui titolare è anche relatore di una conferenza dal titolo “Conoscere le diverse specie di orchidee e le tecniche di coltivazione, seguito a ruota da Mario Villa della GAO e da un altro floricoltore lombardo – Giancarlo Pozzi dell’Orchideria di Morosolo, che disquisirà sull’orchidea di Darwin (Angraecum sesquipedale)
Una domanda: perché questa rassegna sulle orchidee viste nel loro versante “scientifico e culturale” trova assenti le Associazioni orchidofile amatoriali più rappresentative (onde evitare conflitti di interesse togliamo pure Orchids Club Italia), quali l’AIO ad esempio, oppure il GIROS gloriosa creatura del compianto Liverani e ancor di più l’ALAO, storica e attiva associazione lombarda delle orchidee?
Non ho risposte…io… ho paura che stiano vincendo i no.

Orchidee “estreme”… ed i loro avventurosi scopritori

Nel precedente articolo ci siamo lasciati con l’idea di spulciare sugli stili di vita di qualche specie, che io definisco “estrema”, nel senso che riesce a vivere in condizioni particolari.
Alberto G. nel suo commento al post ha scritto:
…”Giusto per complicare, o semplicemente per comprendere meglio le orchidee, bisogna tener presente che le orchidee hanno un ciclo fotosintetico differenziato che le colloca dal punto di vista metabolico più vicino alle piante di ambienti aridi che non alle classiche piante a foglia (mesofite). Il ciclo CAM infatti non è proprio solo delle piante succulente. In pratica gli stomi si aprono di notte e quindi di notte avvengono gli scambi gassosi. Questo, il ciclo CAM, è una delle tante modalità adattative per ridurre la dispersione di acqua (stomi aperti di giorno).
Interessante l’argomento, e per questo, via e-mail ho sollecitato il suo autore ad approfondire il tema in un nuovo articolo, ma giustamente lui ha risposto – a quanti può interessare?
Certo, il tema non è dei più divertenti, ma l’agorà del nostro blog è molto attenta, preparata e sensibile…proviamo ad introdurre il tema con qualche nota di colore sulla storia e sugli intrecci politici che hanno accompagnato la scoperta di molte specie “estreme”, chissà che poi non si riesca a digerire anche “il ciclo CAM”…

Il fascino della scoperta di nuove orchidee: racconti che hanno fatto storia
Ai nostri tempi, possiamo ancora immaginare l’eroico botanico dei secoli scorsi, sperduto ai tropici, armato di macete, stivaloni, zaino e taccuino per gli appunti a caccia di quelle 2000 specie di orchidee ancora da scoprire? Forse sì, forse è un’epoca finita…ma il fascino della scoperta rimane pur sempre inalterato.
Noi orchidofili, quando leggiamo i dati tassonomici di una specie botanica diamo quasi sempre per per scontata, sia quell’appendice posta alla fine del nome e cognome, a volte semplificata, che il nome della specie o del genere.
Sia l’appendice che il nome, quando quest’ultimo non fa riferimento alla morfologia o alla zona geografica di endemicità, sono facilmente identificabili con i nomi dei suoi scopritori o più spesso dei botanici che hanno descritto la specie. A volte è divertente ed in ogni caso assai istruttivo fare una passeggiata nel tempo e nella storia delle scoperte botaniche di nuove orchidee.
Se vi va, questa passeggiata la facciamo insieme, ripercorrendo a ritroso la storia di questa una bella specie botanica.
laelia_sincorana_1Laelia sincorana Schltr. 1917
Questa specie è stata scoperta nel 1908 dal botanico tedesco Ernest Ule.
Laelia sincorana, Ernest Ule l’ha trovata per la prima volta a 1000-1500 metri di altitudine, durante una sua spedizione nella Serra da Sincora a nord di Bahia in Brasile.
Questa orchidea cresce in ambiente difficile, appena protetta dalla poca ombra degli arbusti di Vellozia e completamente dipendente dal clima delle montagne: nebbia e condensazione delle nuvole presenti sulla Sincora. Forse per questi motivi, Laelia sincorana è moto adattabile a diverse condizioni di coltivazione e quindi nelle collezioni non può mancare.
Per altre notizie sulla specie leggete questi post

Viaggiatori, naturalisti e botanici, avventure in Brasile di fine 1800
Il nostro amico Ernest Ule non ha lasciato traccia del suo nome sulla Laelia sincorana da lui scoperta, ma chi era Ule?
Ernst Heinrich Georg Ule (1854-1915), non solo è stato un grande scopritore e raccoglitore di piante ma il suo nome è legato a centinaia di specie, come descrittore, dalla famiglia delle Bromeliaceae, delle Cactaceae, delle Melostaomataceae a tante altre, ma a nessuna orchidea. Centinaia di specie botaniche hanno l’epiteto ulei, in riferimento a Ule. Anche alcune orchidee: Epidendrum ulei, Epidendrum uleinanodes, Masdevallia ulei. In onore a lui anche Uleiorchis ulei. Il suo nome come raccoglitore è associato anche a funghi della zona brasiliana. Ha scritto un sacco di libri e articoli.
Questo naturalista fu il primo a comprendere la simbiosi fra le formiche e le piante epifite. Nel 1902 scrisse “Sappiamo che le formiche seminano piante da fiore su cespugli e alberi, li fanno crescere e accudiscono a loro, come protezione per i loro nidi. Così facendo costruiscono dei veri giardini pensili che io ho chiamato giardini delle formiche. Le formiche piantano e coltivano queste epifite che altrimenti non potrebbero sopravvivere. In cambio le piante permettono alle formiche di costruire i loro nidi al riparo sia dai violenti acquazzoni che dal sole cocente” Questa sua teoria fu osteggiata violentemente da altri naturalisti contemporanei. Solo nel 1970 fu definitivamente dimostrato quanto Ule aveva compreso.
Storia
Nel Brasile del XIX° secolo, il compito di promuovere il programma della classificazione botanica della flora e della fauna autoctona, era coordinato dal Museu Nacional do Brasil, che trovando difficoltà a reperire esperti locali per la raccolta di materiali, cercò a più riprese la collaborazione di viaggiatori e naturalisti stranieri, residenti nel Paese. Comincia così la grande avventura in Brasile di molti naturalisti, botanici, medici e zoologi di vari paesi europei, assoldati dal Museu Nacional per raccogliere e classificare materiale etnografico locale.
E’ nel 1829, che il Museo contatta l’italiano Riccardo Zani per incaricarlo ad organizzare spedizioni naturaliste in Pará ed in Amazzonia, ma in quel periodo i mezzi a disposizione del museo non consentirono di ottenere grossi risultati e sarà più tardi, nel 1850, che il museo troverà i fondi per assumere specialisti stranieri su una base più regolare.
In questa nuova fase prende forma la prima “generazione” dei grandi viaggi alla scoperta di nuove specie brasiliane. Questa ondata di naturalisti annoverava vari esperti di origine francese residenti in Brasile: Jean Théodore Descourtilz, ornitologo, impegnato a raccogliere reperti in Espirito Santo, dal luglio 1854 fino alla sua morte, avvenuta nel febbraio 1855; Sohier Alfred de Gand, commerciante, naturalista e botanico, incaricato ad esplorare le province di Amazonas, Pará (1855 -1860 – 1861) allo scopo di raccogliere esemplari zoologici; nel 1863 Audemars e Jules de Brassus ricoprono incarichi per effettuare ricerche naturaliste; Arsène Onessim Baraquin cede al Museu Nacional la sua collezione privata di specie dell’Amazzonia e del Parà, ed in cambio riceve il titolo onorario di naturalista.
Nel 1876, con la nomina a direttore del Museu Nacional di Ladislau Netto, inizia a consolidarsi una seconda generazione di naturalisti, di solito Anglossassoni o Tedeschi.
La collaborazione con il Museu Nacional da parte di questa seconda “squadra di naturaliasti” non dura a lungo. Molti di questi, più che impegnarsi nel ruolo di “naturalisti scopritori e viaggiatori” propendono per la conquista di posti direttivi nei vari Musei Provinciali e ben presto (verso il 1890) il contrasto con i loro predecessori diventa insanabile. Questi ultimi non organizzano spedizioni, ma preferiscono costruire la loro carriera professionale presso il museo, e, pur continuando a inviare collezioni e pubblicazioni all’estero, il loro scopo primario è proprio quello di controllare le istituzioni per potervi implementare le loro concezioni scientifiche, forse più moderne e più specialistiche.
Il primo scienziato straniero ad assumere un posto permanente nel Museu Nacional è stato Lutz Riedel, botanico tedesco e membro della spedizione Russa nel Matto Grosso comandata dal barone Langsdorff nel 1826-1828. Nel 1842 con la divisione in sezioni separate del museo, Riedel ottiene la nomina a direttore della sezione botanica, incarico che mantiene fino alla sua morte nel 1861. Theodor Peckolt, tedesco, è stato il primo capo del Laboratorio di Chimica; Charles Frederick Hartt, un geologo e paleontologo americano, discepolo di Agassiz a Harvard e di un professore dell’Università di Cambridge, succedendo al suo connazionale Orville Adalberto Derby ha diretto la sezione geologica dal 1876 al 1877..
Il tedesco Carlos Schreiner ha iniziato la sua attività nel museo come aiutante naturalista nel 1872, e come viaggiatore naturalista nel 1889, per poi diventare vicedirettore della sezione zoologica nel 1895. Nel 1884, il museo contratta i fratelli Ernst e Gustav Rumpelsberger, rispettivamente come viaggiatore naturalista e assistente di disegno, e finalmente nel 1891 il botanico tedesco Ernst Ule, appare nella scena della vita del Museu Nacional con la nomina di viaggiatore naturalista, e più tardi con l’incarico di vicedirettore della sezione botanica.
Le frizioni con la vecchia concezione centralista del Museu Nacional, trovano valida sponda in Wilhelm Schwacke, Fritz Müller e Hermann von Ihering, zoologi tedeschi che vivono in Santa Catarina e Rio Grande do Sul e che, proprio come Derby, dopo le dimissioni dai loro incarichi nel museo della capitale, cercarono di organizzare in modo più specialistico le attività naturalistiche del paese.
Siamo a cavallo del 1890 e le vicende politiche brasiliane (passaggio dall’Impero alla organizzazione repubblicana) si intrecciano anche con la gestione del Museu Nacional e con i suoi botanici naturalisti.
Tra questi, Müller merita una speciale attenzione. Nel 1864, cinque anni dopo la pubblicazione di Darwin della “Origine della specie”, il naturalista tedesco Fritz Müller (1822-1897) sentì la necessità di scrivere un libro intitolato Für Darwin in difesa della teoria trasformista. Müller fu naturalista di grande valore, i suoi studi sul dimorfismo dei crostacei, sul mimetismo degli insetti, sugli incroci delle piante e sulla loro fecondazione riscossero l’ammirazione di Darwin, che intrattenne con lui una fitta corrispondenza e lo citò ripetutamente nelle sue opere scientifiche e nella Autobiografia.
Nel libro Für Darwin Müller sviluppa una complessa analisi della legge di ontogenesi e del mimetismo (mimetismo Mülleriano). Anche il naturalista inglese Henry Walter Bates, (noto alle donne per la sua collezione di farfalle) famoso per la sua spedizione nella foresta amazzonica con Alfred Russel Wallace, elaborò una teoria del mimetismo che sosteneva la teoria dell’evoluzione per selezione naturale (mimetismo batesiano).
Il lavoro letterario di Müller è stato considerato il primo grande libro teorico-scientifico pubblicato in Brasile. Il libro si basava sulla ricerca sperimentale che Müller aveva effettuato in aree di frontiera a Santa Catarina.
Müller è stato un libero pensatore, emblematico il suo tentativo di alfabetizzare ed educare i contadini locali.
Questa sua attenzione al mondo degli ultimi, gli valse presto il disprezzo dei grandi proprietari terrieri (latifondisti), che si tradusse nel licenziamento dal suo incarico di professore presso il “Lyceu di Florianópolis”.
Durante la sanguinosa sollevazione provinciale del 6 settembre 1895, Müller riuscì a salvarsi fortunosamente, morì in povertà dopo due anni, nel Blumenau, Santa Catarina, il principale insediamento tedesco in Brasile.
Chissà se sarà stato proprio Ule a scoprire questa specie o se piuttosto l’ha solo spedita in Europa…

Ringrazio Alberto G. per le notizie su Ernest Ule inviate ad integrazione del post.

Per il nuovo anno che verrà

buon_2009 … per il nuovo anno che verrà vorrei vedere insieme tutti gli orchidofili italiani… per il prossimo anno che verrà vorrei farmi perdonare tutto quello che non vi è piaciuto di me … il prossimo anno desidero che su questo blog continuino a scrivere il professore e l’operaio, il poeta e la massaia, il giovane e quello che ormai l’età e le orchidee son tanta cosa, chi le orchidee le fotografa e chi le studia, chi le sogna e chi è già irrimediabilmente sognatore, chi un’orchidea l’ha fatto innamorare e chi forse si innamorerà.
Forse tutto questo non succederà, tanti auguri comunque a chi passerà di qua.
Guido

Xè ora de fonghi ( E’ ora di funghi )

TANTI LI CATA, GUIDO NO!!!! ( Tanti li trovano Guido no!!!!)


Vido, questi i xè i primi, uno a zero e baea al centro. (Guido, questi sono i primi, uno a zero e palla al centro.)
Il chiodino o famigliola buona, Armillaria mellea (Vhal), (ciodèto) in dialetto trevigiano cresce in (bari) ciuffi densi sulle ceppaie ma anche su piante e radici vive lungo le siepi campestri e nei boschi sia su latifoglie che conifere ed è sicuramente la specie più venduta in tutti i mercati ortofrutticoli del Veneto e in particolare a Treviso dove nella caratteristica piazzetta del Monte di Pietà dove in autunno, dai primi di ottobre ai primi di novembre, si trovano le tipiche bancarelle di venditori di funghi.
Le più frequentate nei anni passati erano quelle che offrivano i chiodini provenienti dal Montello, colle a nord della provincia di Treviso spartiacque tra la pianura e la valle del Piave, ritenuti varietà particolarmente pregiata per le sue qualità organolettiche.
Ora sul mercato si trovano chiodini provenienti da tutta Italia e dall’estero, sopratutto dai paesi dell’ Est Europeo.
Considerato buon commestibile è tuttavia debolmente tossico e va consumato sempre ben cotto, sbollentandolo in modo che le tossine contenute nel fungo essendo termolabili vengano espulse prima della cottura vera e propria, che tipicamente viene fatta in olio aglio e prezzemolo.
Buon appetito e saluti a Tutti.
G. & C.I.