Archivio mensile:Aprile 2005

Paphiopedilum rothschildianum

Padri e figli

Paphiopedilum rothschildianum (Rchb. f.) Pfitzer 1895 Subgen Polyantha Sec. Mastigopetalum Haller 1897.

Sinonimi: Cordula rothschildiana (Rchb.f) Rolfe 1912; Cypripedium neo-guineense Linden 1888; Cypripedium nicholsonianum Hort; Cypripedium rothschildianum Rchb.f. 1888.

Paphiopedilum rothschildianum: l’habitat naturale di questa specie è caratterizzato dai freschi versanti del Monte Kinabalu nel Borneo malese – regione del Sabah – e prende il nome dal barone Ferdinand de Rothschild, membro di una fomosa famiglia di banchieri Svizzeri (1800) nonché collezionisti di orchidee. Il fiore si vede raramente fuori del suo habitat naturale, e questa fioritura nella mia collezione è un’occasione particolarmente meravigliosa, per vederlo, toccarlo e fotografarlo dal vivo.

E’ un’orchidea terrestre, a volte anche litofita, vive fra i pendii e le scogliere delle strette valli del Borneo lungo i corsi d’acqua corrente ad oltre 1200 metri d’altezza. E’ una pianta di grandi dimensioni a crescita molto lenta, con foglie ellittiche e ligulate, che possono raggiungere anche i 60 centimetri di lunghezza.
Lo stelo fiorale esce dal centro del ceppo fogliare maturato durante l’anno, ha un portamento eretto, alto 70 – 80 centimetri, marcatamente rossastro e pubescente, con brattee fiorali ellittico/ovali portanti da due a quattro fiori di grandi dimensioni, color rossastro con striature bianche sul sepalo dorsale. Le punte dei due petali laterali possono raggiungere anche i 25 cm. La pianta in fotografia misura 28 centimetri, fra gli estremi dei petali laterali. In coltivazione Paphiopedilum rothschildianum fiorisce di norma in primavera estate.
Nei luoghi di endemicità, Paphiopedilum rothschildianum predilige siti prospicienti i corsi d’acqua corrente con buona luminosità lievemente filtrata da ombreggiatura. Questa straordinaria specie botanica va coltivata in serra intermedia, il rinvaso va fatto soltanto se le radici occupano tutto il vaso; l’apparato radicale non va toccato, intervenire soltanto se si notano marcescenze nell’apparato radicale. Il substrato per il rinvaso può essere costituito da due parti di corteccia più o meno sminuzzata secondo la dimensione della pianta, una parte di torba di sfagno, una di agriperlite mista a sabbia grossolana e granito calcareo.
Paphiopedilum rhotschildianum va concimato ogni mese con fertilizzante equilibrato in dose 0,5 g. per litro d’acqua. Il substrato del vaso va mantenuto umido e non bagnato, la pianta va sistemata nella parte più ventilata della serra intermedia, lasciando abbastanza spazio attorno ad essa.

I neofiti che si avvicinano al mondo delle orchidee sentono spesso parlare di piante costose, ma ugualmente, molto mitizzate dai collezionisti di lungo corso e spesso non riescono a capirne i motivi. Uno di questi miti è stato per lungo tempo il famoso Paphiopedilum rhotschildianum, e per certi aspetti continua ancora ad esserlo, ma da dove nasce tutto questo desiderio di possederlo?
A mio parere i motivi sono essenzialmente tre: lentezza di sviluppo della pianta (questa che vedete nella foto ha circa 20 anni ed ha iniziato a fiorire da non più di 4-5 anni fa), secondo motivo è sicuramente dovuto al divieto di commercializzazione di piante raccolte in sito, terzo fattore è la sua relativa difficoltà di riproduzione da seme (pare che la germinalità dei suoi semi sia molto limitata).
Quindi cari amici orchidofili, cercate pure il vostro Paphiopedilum rhotschildianum, ma munitevi di pazienza e costanza, possibilmente compratevi piante di piccole dimensioni ed assicuratevi dell’affidabilità del fornitore.
Attorno a questa specie sono nate e continuano a nascere varie leggende… strane importazioni a prezzi stracciati, semine favolose, varietà super premiate – costosissime – che poi non si dimostrano sempre all’altezza dei titoli; queste e tante altre storie servono solamente a far crescere il suo mito ed il suo costo di vendita!!
La pianta della foto è stata acquistata nel 1985 da Lecoufle, molto piccola, un unico ceppo di 6-7 centimetri, regolarmente spostato ogni due anni in un vaso più grande, senza manomettere le sue radici per evitare ferite accidentali: così facendo si mantenevano sempre in forma.
Finalmente qualche anno fa si è presentata l’opportunità di dividerla e vi garantisco che non è stata un’operazione tanto tranaquilla, ora ho due esemplari di provenienza Lecoufle.
Nella mia collezione c’è anche un’altro esemplare di provenienza storica!
Paphiopedilum rhotschildianum Charles E. FCC/AOS, acquistato in Germania negli anni 80 da due miei amici che ora non coltivano più orchidee al costo di 500.000 lire. Visto il prezzo, la pianta fu comprata in copropprietà e appena fu possibile (forse anche prima del possibile) fu divisa in due parti. Una delle due non ha avuto lunga vita, l’altra è arrivata nella mia serra senza foglie, ma per fortuna con il ceppo radicale ancora vegeto: ora siamo prossimi alla seconda fioritura.

Cattleya skinneri, fiore nazionale del Costa Rica

Cattleya skinneri Bateman 1839
Collezione Guido De Vidi – Foto 24-04-05.

In vari paesi dell’America centrale si usa dire: non c’è Pasqua senza la Cattleya skinneri.

Nella mia serra, complice la strana stagione freddadi questa prima parte dell’anno e la Pasqua particolarmente in anticipo, Cattleya skinneri apre i suoi fiori quasi con un mese di ritardo.

Questa deliziosa Cattleya dai piccoli ed abbondanti fiori luminosi color lavanda è il fiore Nazionale del Costa Rica, dove è conosciuta anche con il nome popolare di “ Guaria Morada”.
Il significato di “Guaria Morada” ha chiare origini popolari, “Gua” in idioma indigeno significa albero e Morada deriva dal color porpora/rosso della mora, frutto delle piante spinose del genere Rubrus.

Nel Costa Rica, la “Guaria Morada” è sempre stata associata alla bellezza delle donne, e ha dato alle genti di quel Paese, un senso estetico per l’apprezzamento della natura e della sua bellezza.

Il 15 Giugno del 1939, le autorità del Costa Rica designano la Guaria Morada (Cattleya skinneri) come fiore Nazionale e in seguito, il 24 Novembre del 1972, con Decreto del Presidente della repubblica José Figueres Ferrer “ Se establece la segunda semana del mese de marzo como (Semana da la Orquidea Costaricensee), e “ Se encarga a la Asociaciòn Costarricense de Orquidologia la organizacion y la celebracion”.
La convenzione internazionale (CITES) che include la Cattleya skinneri fra le specie in pericolo d’estinzione è ratificata dall’Assemblea Leggislativa del Costa Rica il 30 Ottobre 1974.
Con successivo Decreto, 8 Ottobre 1984, è proibito il commercio della Cattleya skinneri in tutto il territorio del Costa Rica, ad eccezione delle piante prodotte artificialmente, mediante tecniche di laboratorio.


Il nome scientifico di questa specie fu assegnato dal botanico Inglese James Bateman per onorare il suo fornitore di orchidee centroamericane George Ure Skinner, commerciante d’origini inglesi, residente in Guatemala. Non è noto il periodo in cui Skinner la scoprì in Guatemala, ma sicuramente possiamo comprenderlo tra il 1831 ed il 1839, periodo nel quale Bateman pubblica il libro “ Le Orchidee del Messico e Guatemala”.

Nella seconda metà del secolo XIX il raccoglitore A.R. Enders scopre in Costa Rica, anche una varietà tutta bianca, (Cattleya skinneri alba) e quasi contemporaneamente, Benedict Roezl, raccoglie sopra il tetto di una vecchia Chiesa Guatemalteca una varietà bianca con una macchia scura a forma di occhio nel fondo del labello, la (Cattleya skinneri alba-oculata).

Cattleya Skinneri è distribuita nel sud del Messico ed in tutta l’America Centrale, ma è abbondantemente presente soprattutto in Guatemala ed in Costa Rica.

In Guatemala è conosciuta con il nome popolare di “Candelaria” e più anticamente come “Flor de San Sebastian“ perché la sua fioritura inizia con queste festività religiose ed è usata per gli addobbi delle chiese e nelle processioni.
Il periodo e l’abbondanza della fioritura della Cattleya skinneri, il colore dei suoi fiori e l’apprezzamento popolare, favoriscono il suo uso per l’ornamento degli altari durante la Quaresima e la copertura del Santo Sepolcro nella Settimana Santa.
Cattleya skinneri è radicata nella tradizione popolare delle genti latino americane, al punto da scoprire che le piante di questa specie sono coltivate e crescono in molti giardini delle città, sui portici e sui patii, fissate agli alberi, sui tetti a mattonelle, e formano masse dense lungo le parti superiori delle pareti. I tronchi delle palme sono interamente coperti di piante, sistemate dai loro proprietari per creare coreografie fiorite durante le feste religiose.

Nelle coltivazioni dei collezionisti europei, anche se Cattleya skinneri è di facile coltivazione, non è molto presente. È una pianta vigorosa e solitamente produce gli pseudobulbi multipli. Normalmente comincia a formare i nuovi pseudobulbi verso la fine dell’estate e li maturerà entro la fine dell’autunno inizio dell’inverno. E’ possibile forzare lo sviluppo con frequenti bagnature, nebulizzazioni e fertilizzazioni, in primavera si otterà la fioritura di entrambi gli pseudobulbi.
La pianta ha pseudobulbi di 20-30 cm. di altezza portanti 2 foglie carnose di un bel color verde. La fioritura primaverile si presenta con corti steli fiorali carichi di molti fiori (5-15) di (6-8) centimetri completamente inodori di colore porpora rosato. Il labello più piccolo dei petali ha la gola bianca che in certe varietà diventa colore porpora scuro verso la parte interna.

Una volta che lo pseudobulbo è maturo, il fodero assume il colore marrone ed i germogli si svilupperanno e fioriranno verso la fine di marzo – metà aprile. I fiori recisi, dureranno due o tre settimane purché tenuti a temperature fresche. Dopo la fioritura, la pianta dovrebbe ricevere meno acqua per consentirle di riposarsi per due mesi.

Come la maggior parte delle specie di Cattleya, anche questa ha bisogno di molta luce, ambiente ventilato, temperatura notturna di (14 -16) gradi e diurna di 29 gradi.

Cattleya skinneri va rinvasata subito dopo che ha finito la fioritura. Se desiderate sviluppare un esemplare da esposizione con molti pseudobulbi e fiori, potete lasciare tranquillamente crescere la pianta anche fuori del vaso.

Aerangis articulata e Chamaeangis hariotiana

Due piccoli gioielli in serra
Aerangis articulata è originaria del Madagascar e va collocata nel folto gruppo delle Angraecoidi.
E’ una pianta epifita a sviluppo monopodiale con foglie coriacee oblunghe dalle cui ascelle, in primavera, si formano uno o più steli fiorali penduli con 18-20 fiori bianchi di 3-4 centimetri, cerosi e profumati.

Collezione Guido De Vidi – Foto 23.04.05 – Diritti riservati

Aerangis articulata (Rchb.f) Schlecter 1914nimi: Angorchis articulata (Rchb. f.) Kuntze 1891 – Angraecum articulatum Rchb.f 1872 – Angraecum descendens Rchb.f 1882 – Rhaphidorhynchus articulatus (Rchb. f.) Poiss. 1912
La tecnica di coltivazione che consente di poter godere gli steli fiorali è sicuramente quella di collocare questa specie su zattere di sughero di quercia oppure su tronchetti di legno duro e ruvido.
Aerangis articulata ama temperature da serra calda, buona umidità e costanti bagnature, da moderare solamente nella stagione fredda così come le fertilizzazioni.

Chamaeangis hariotiana
Collezione Guido De Vidi Foto 23.04.05. – Diritti risevati
Chamaeangis hariotiana (Kranzl.)Schltr. 1915
Sinonimi: Microterangis hariotiana (Kranzl.) Sengh – Mystacidium hariotianum Kraenzl. 1897
Il nome trae origine da Hariot, collezionista Francese del 1800.
Questa specie è originaria delle Isole Comore e vive ad altitudini di 400 – 800 metri; è un’orchidea epifita monopodiale di piccole dimensioni con foglie oblunghe alle cui ascelle, in primavera si formano numerosi steli fiorali con una miriade di fiori miniatura color ocra gialla.
Si consiglia di coltivare queste specie su zattere di sughero oppure in cestini di legno garantendo costanti bagnature, temperature intermedie e luce moderatamente filtrata.
La struttura delicata di questa pianta non sopporta eccessive fertilizzazioni che di norma vanno somministrate ogni 20 giorni nella fase vegetativa ed ogni mese durante la stagione fredda a dosi ridotte, 0,5 grammi per litro d’acqua.

Orchidee di tutto il mondo, unitevi.

Amiche ed amici di orchids.it, qualche giorno fa ho ricevuto notizie da un’amica orchidofila d’origini Venete che vive in Argentina.
Con le sue notizie, Ana mi ha inviato anche la foto della sua Sophronitis cernua fiorita che desidero pubblicare in questo post, insieme con la mia: due sorelle separate dall’oceano atlantico, ma unite da internet.
Grazie Ana, raccontaci ancora tante storie di orchidee.
Ciao Guido!: Al ritornare della Spagna e d’Italia ho trovato nella mia piccola serra, questa Sophronitis cernua del Parco Uruguai, Provincia di Misiones, Argentina.
Le ho comprate dalle Indiane che sono accanto la autovia che ti porta alle cascade dell’Inguazu, bellissimo posto dove si va a contemplare le orchidee spontanee.

Vicina si trova la Città di Montecarlo, capoluogo delle orchidee, dove a settembre si fa la festa dell’orchidea.
Non speravo trovarmi con questa pianta fiorita, c’è anche una Brassavola tuberculata con un piccolo fiore.
Arrivederci, ci scriviamo, Ana Giorno.

Nella foto a sinistra, distante migliaia di kilometri ecco la stessa specie ormai ambientata nei climi di coltivazione.
E’ un particolare della mia Sophronitis cernua….una bella sensazione nel vedere così vicini, i fiori di due piante molto lontane.