Da Ginevra a Copenaghen, 3 anni di speranze e prime interferenze

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I lusinghieri risultati di Ginevra, entusiasmarono l’amatorialità orchidofila italiana.

Nonostante i successi europei, l’orchidofilia italiana continuava a dare segnali di perdurante ed inspiegabile distinguo, sia interno che esterno alle Associazioni, vedi il Lazio diviso in due Associazioni locali e la Lombardia addiritura con tre, ad ogni buon conto si notava una generale volontà a far crescere la passione per le orchidee.
A quell’epoca le orchidee botaniche e soprattutto gli ibridi commerciali, costavano una cifra ed i garden non avevano ancora fiutato l’affare delle mostre mercato autogestite.

Esposizioni
Fatte salve le esposizioni di Bologna con L’AERADO, Genova Euroflora 85, l’EOC all’Orto Botanico di Roma del 91 ed il periodo di Corvi e Natali a Varese dei primi anni 90, le orchidee da collezione rimasero per parecchio tempo confinate nelle serre dei collezionisti e dei pochi produttori di allora, o presenti solamente nelle fiere del verde, tipo Flormart e Miflor.
Più tardi prese corpo un certo fermento nell’Italia centrale, con la mostra di Monte Porzio Catone e con la bella e purtroppo unica esposizione all’Università “La Tuscia” di Viterbo.
Nel Triveneto si espose a Villa Franchetti di Preganziol, alla Camera di Commercio di Treviso. Questi sono stati momenti di grandi progetti fra le Associazioni ed i produttori tedeschi, francesi e italiani.
L’AIO in quell’occasione si riunì più volte per discutere le strategie organizzative future.
L’obiettivo fondamentale era l’affinamento dell’informazione e la ricerca di nuove risorse economiche attraverso la collaborazione dei commercianti. Purtroppo la prima “tegola” in testa alle Associazioni arrivò proprio da loro, con il sostanziale rifiuto a sponsorizzare un nuovo Bollettino edito dall’A.I.O, contenente anche loro spazi pubblicitari. Pur in presenza di questi inspiegabili ed imprevisti comportamenti, l’attività associativa proseguì concentrando le proprie forze per partecipare con uno stand italiano all’EOC di Copenaghen nel 2000 e per gettare le basi organizzative dell’EOC italiano in divenire.

EOC in Italia?
Sin dai primi incontri operativi risultò chiaro che nessun commerciante o produttore di orchidee italiano si sarebbe accollato l’onere organizzativo, per contro, l’ATAO diede la sua disponibiltà; iniziò così la fase collaborativa con l’AIO per costruire “EOC ITALIA 2006”.
Si costituì un comitato informale AIO-ATAO, con lo scopo di individuare possibili disponibilità logistiche, e si iniziò a consultare le sedi fieristiche locali di settore: Padova e Pordenone.
I contatti con la direzione della fiera di Padova furono subito costruttivi e quindi ci si orientò sul Flormart di primavera.
Intanto arrivò il 2000 e nella riunione AIO di Bologna, si deliberò di presenziare all’EOC di Copenaghen, anche con uno stand espositivo curato e sponsorizzato dall’Associazione stessa.
La decisione fu presa per facilitare la presenza delle orchidee, sia i collezionisti amatoriali, che i produttori italiani anche in termini economici. Per realizzare uno stand superlativo furono contattate tutte le realtà rappresentative dell’orchidofilia italiana. Una ampia adesione avrebbe potuto impreziosire la rappresentanza italiana in un momento molto importante, non andò così, o meglio, risposero all’appello pochi collezionisti amatoriali, più qualche pianta dell’azienda Franguelli di Padenghe.
Le orchidee italiane, partirono per Copenaghen, eravamo in Aprile del 2000.

Copenaghen, successo annunciato e primi segnali di interferenza
Il collezionismo orchidofilo italiano sperò vivamente che all’esposizione di Copenaghen ci fosse un buon successo per le aspirazioni Italiane, soprattutto si auspicò che la presentazione della nostra candidatura desse buoni frutti.
Per quanto riguarda le piante si raccontò che il viaggio fu difficile e che purtroppo qualcuna giunse già in condizioni impresentabili. Dal Triveneto partì anche una rappresentanza di appassionati, in aereo. Le attese furono appagate ed anche in quest’occasione fioccarono tanti premi per l’Italia, ormai non c’erano più dubbi: l’EOC del 2006 sarebbe stato nostro.

Le mie piante tornarono a casa abbastanza stressate e la “famosa” Cattleya schilleriana, oggetto di tanta ammirazione in mostra e di altrettanta pubblicità postuma, poco dopo il ritorno entrò profondamente in crisi e con lei anche altre orchidee esposte a Copenaghen: ora non ci sono più.
Di quella avventura, oltre ai premi rimane solo l’articolo apparso su “D di Repubblica” del 30 Maggio 2000:

Orchidee da Oscar
….”Hanno vinto sette premi i fiori di un Collezionista di Treviso.
Non è ricco come William George Spencer Cavendish, duca del Devonshire, che nel secolo scorso aveva raccolto una quantità incredibile di orchidee nell’ardita conservatory in ferro e vetro ideata dal grande Joseph Paxton.
E non è eccentrico come Nero Wolfe, l’investigatore nato dalla fantasia di Rex Stout, che per niente al mondo avrebbe rinunciato alle sue quattro ore giornaliere in compagnia delle adoratissime piante.
Guido De Vidi, titolare della collezione di orchidee più importante d’Italia, è un signore come tanti che ha passato molti anni mettendo a punto impianti telefonici.
Poi ha voltato pagina, e ha deciso di dedicare tutto il suo tempo alla cura di Laelia e Miltonia, Vanda e Cymbidium: un impegno premiato nell’ultima esposizione internazionale di Copenaghen con sette medaglie, più una menzione speciale per il profumo della sua Cattleya schilleriana. Stipate nella piccola serra che si è costruito da solo alle porte di Treviso vivono 4000 qualità di orchidee arrivate da ogni parte del mondo: imponenti epifite con le radici sospese nel vuoto; rarissime Lepanthes, che per vivere si accontentano del sostegno di una pietra umida e coperta di muschio; oppure piante con foglie insolite e inaspettatamente decorative, o con minuscoli fiori di una tenerezza disarmante, diversissimi da quelli così vistosi delle specie più comuni.
E poi gli ibridi di Phalaenopsis, Paphiopedilum e Cymbidiumadatti ai principianti, perché si possono allevare anche sul davanzale della finestra di casa. Per imparare a coltivare queste piante straordinarie ci sono i consigli forniti dalle tante sezioni dell’Associazione Italiana di Orchidologia. Come quella del Triveneto, che fa capo a De Vidi.
Maria Brambilla

Per la designazione ufficiale dell’Italia, bisogna comunque aspettare il 3 Luglio, al consiglio EOC di Londra.
L’European Orchid Council delibera con scheda segreta (15 voti favorevoli e 8 contrari) a favore dell’Italia quale paese organizzatore dell’EOC 2006.”

In quel periodo, sul notiziario ATAO, appare un mio corsivo, concordato con il Segretario – allora ero Presidente ATAO – dal titolo efficace: IL MALE OSCURO.
Corsivo certamente duro – un corsivo per sua natura deve essere duro – che ottiene l’effetto di galvanizzare il cartello lombardo dei venditori, al punto da indurli ad assumere in proprio la “campagna elettorale” a mezzo posta, per il rinnovo del consiglio AIO che fra l’altro dovrà a gestire l’EOC del 2006.

La storia continua con: 2001- 2002, Una brutta pagina per l’orchidofilia italiana Link al terzo post

Un pensiero su “Da Ginevra a Copenaghen, 3 anni di speranze e prime interferenze

  1. Massimo M.

    Di questo articolo a mio avviso maggiore risalto merita Guido, che come altri ci ha messo del proprio (ovvero le piante) per dare risalto all’Italia orchidofila ad un evento di portata internazionale, traendone delle soddisfazioni, certo, ma di fatto avendone potuto godere solamente in parte, in quanto alcune delle piante medagliate hanno avuto in quella esposizione il loro massimo ed ultimo momento di gloria.
    Peccato non averle potute riesporre in patria forti del loro nuovo blasone, ma sopratutto peccato per le piante che ora non ci sono più, e per il loro grande coltivatore Guido rimastone orfano!

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