Archivio mensile:Ottobre 2018

Angraecum subulatum, storie e racconti

Nella foto di copertina: la pittrice botanica Silvana Rava “incoronata Regina” con l’Angraecum subulatum (Luglio 2010)

Se sei uno scrittore e vuoi che rimanga memoria delle tue emozioni, scrivi un libro; se sei un coltivatore di orchidee e per qualche congiunzione astrale una pianta che coltivi ti gratifica oltre ogni limite, raccontalo agli amici che ti stanno attorno, ma scrivi della tua pianta tu non sei il protagonista.
Ed è quell’immenso, assurdo, impossibile esemplare di Angraecum subulatum che sta lì da anni, che fiorisce quando vuole lui, che cresce e vive non si sa come, che desidero raccontare.
La pianta è abbastanza capricciosa e a volte generosa, ma per vederela abbondantemente fiorita bisogna saperla prendere per il verso giusto.

Quel pianeta verde, che di anno in anno cresce di volume, quest’anno mi ha fatto un regalo grande grande.
Tutto prende corpo una decina di giorni prima dell’evento di Schio “Orchidee Giardino Jacquard”, quando l’esemplare iniziò a mostrare qualche piccolo fiorellino bianco, pochi per la verità; un buon segnale, soprattutto per i tanti boccioli pronti per aprirsi di là a qualche giorno.
Chi coltiva orchidee sa bene quel che si prova quando si deve portare in esposizione orchidee fiorite: qualcuna sfiorsce prima della data e qualche altra rimane ostinatamente in boccio e nell’attesa si invoca la fortuna.
Angraecum subulatum MO/AIO Schio 2018.
Bene, visto che l’altra “mademoiselle” della collezione (Cattleya bowringiana), non si degnava di fiorire in tempo utile per l’esposizione, avere in buona fioritura l’Angraecum subulatum sarebbe stato un bel colpaccio. Infatti, con un po’ di fortuna e tanta, tanta attenzione, ad esempio giravo ogni giorno la pianta di un ottavo di giro verso la luce (avevo notato che i fiori si aprivano prima nella parte esposta alla luce), alla fine il pianeta verde brillò di tante piccole luci, proprio nei giorni giusti!
Alla mostra di Schio erano esposte oltre 300 orchidee provenienti da collezioni private, da Associazioni orchidofile italiane e da vari produttori italiani ed internazionali che presenziavano l’evento. Nonostante il periodo molto negativo, stante la stagione caldissima, si son viste in mostra delle vere esclusività; prima fra tutte l’Angreacum subulatum, esemplare unico a livello mondiale, giustamente premiato dalla giuria AIO con la medaglia d’oro e la proclamazione di “Best in Show” (la più bella orchidea esposta).


Una foto entrata nella storia.

Quella volta del corso di pittura botanica in vicolo Parnasso con Silvana Rava
Eravamo nel mese di luglio del 2010, ed è in occasione di quel corso tenutosi in vicolo Parnasso, che Gabriele, il figlio di Silvana, immortalò la mamma con questa stupenda foto. L’Angraecum subulatum, sospeso in aria e in piena fioritura, pareva fatto apposta per incoronare la mamma artista, l’occasione era troppo ghiotta e così fu.

Bulbophyllum lobbii sottospecie siamense

Nella foto di copertina: Bulbophyllum lobbii sottospecie siamense in coltivazione nella collezione rio Parnasso
La specie
Bulbophyllum lobbii sottospecie siamense (Rchb.f.) Mangal, F.Velazquez e JJVerm. 2015 (Kew)
Differisce per avere sepali più corti, più spessi, petali più dritti e non ritorti, rispetto alla specie di riferimento.
Bulbophyllum lobbii Lindley, Edwards’s Bot. Reg. 33: t. 29 (1847) appartiene alla sezione Sestochilos [Breda] Bentham & Hkr. 1883

Il nome le fu dato in onore di Thomas Lobb (1811 – 1894) botanico e collezionista inglese di orchidee del sud-est asiatico nelle nurseries di Veitch, la pianta fu scoperta dallo stesso Lobb nell’isola di Java nel 1846.

Sinonimi omotipici:
Sarcopodium lobbii (Lindl.) Lindl. & Paxton, Paxton’s Fl. Gard. 1: 155 (1851).
Sarcobodium lobbii (Lindl.) Beer, Prakt. Stud. Orchid.: 306 (1854).
Phyllorkis lobbii (Lindl.) Kuntze, Revis. Gen. Pl. 2: 677 (1891).

Sinonimi eterotipici:

Sestochilos uniflorum
Breda, Gen. Sp. Orchid. Asclep.: t. 3 (1827).
Bulbophyllum henshallii auct., Gard. Chron. 1852: 422 (1852).
Bulbophyllum siamense Rchb.f., Gard. Chron. 1867: 572 (1867).
Bulbophyllum lobbii var. siamense W.Saunders, Refug. Bot. 1872: t. 116 (1872).
Bulbophyllum claptonense Rolfe, Orchid Rev. 13: 198 (1905).
Bulbophyllum lobbii var. breviflorum J.J.Sm., Bull. Dép. Agric. Indes Néerl. 15: 18 (1908).
Bulbophyllum polystictum Ridl., J. Fed. Malay States Mus. 4: 65 (1909).
Bulbophyllum sumatranum Garay, Hamer & Siegerist, Lindleyana 11: 230 (1996).

Morfologia e distribuzione
E’ una pianta epifita unifoliata originaria del Borneo, Assam, Tailandia, Myanmar, Laos, Cambogia e Malesia pennisolare attraverso l’Indonesia, ad altitudini che vanno dai 700 ai 2.000 m., nelle foreste montuose, cresce sui tronchi e sui rami principali degli alberi. Il fiore emana un tenue profumo speziato.
La pianta, che si sviluppa lungo un rizoma, è costituita da bulbi carnosi, leggermente piriformi del diametro di circa 2,5 cm. che sorreggono un’unica grande foglia (dai 15 cm.).L’infiorescenza si sviluppa dal rizoma sotto l’ultimo pseudobulbo maturo, quindi appena sotto il penultimo, raggiungendo un’altezza di circa 20 cm. e porta un’unico grande fiore di medio-grandi dimensioni (l. 6,5 x h. 8 x p. 3,5 cm.) che può avere caratteristiche cromatiche diverse.
Il fiore pare attirare l’insetto pronubo più con il movimento del labello che con i colori, la parte frontale di petali e sepali (come si evince dalle fotografie) è rigata, mentre la parte posteriore del sepalo dorsale è anche densamente puntinata di macchioline marroni.

La coltivazione
La pianta viene in genere coltivata in vaso con substrato di bark medio, che dev’essere ben drenante, va regolarmente annaffiata e concimata e non ha riposo vegetativo. Ama temperature intermedio-calde ma ben si adatta anche alla coltivazione casalinga con temperature un po’ inferiori.
Particolare attenzione va posta soprattutto quando le nuove vegetazioni si sviluppano, periodo nel quale la pianta è più soggetta ad attacchi fungini per gli eccessi nelle bagnature.

<i>Diplocaulobium chrysotropis</i>

Nella foto di copertina: Diplocaulobium chrysotropis in coltivazione nella collezione rio Parnasso.                                                                                                                                    Nome specifico
Diplocaulobium chrysotropis (Schltr.) AD Hawkes, Lloydia 20: 128 (1957).
Sezione Goniobulbon

Etimologia
Il nome di questo genere deriva dalla latinizzazione di tre parole greche: doppio, radice e vita; riferendosi ai due tipi di pseudobulbi di questo genere.
Nome di specie chrysotropis: significa “chiglia dorata”

Sinonimi
Dendrobium chrysotropis Schltr. 1906

Diplocaulobium crysotropis è endemico nel nord della Papua Nuova Guinea. Specie epifita, vive sugli alberi nelle foreste nuvolose a un’altitudine di 1000-1300 metri.
Si tratta di una orchidea miniatura a sviluppo simpodiale con pseudobulbi lunghi 3 cm che portano una singola foglia apicale, eretta.

CURA E CULTURA.
Luce:
Diplocaulobium chrysotropis richiede buona luminosità, circa 25000-30000 lux, con un fotoperiodo ideale di 12 ore.
Temperatura:
La temperatura ideale è di 22-24 gradi centigradi durante il giorno; notte a 18-19 di notte. Nel suo habitat naturale le temperature sono più o meno costanti durante tutto l’anno. In autunno si accentua lo sbalzo termico fra giorno e notte (6-7 ° C), fattore considerato decisivo per stimolare la fioritura di questa specie.
Umidità:
Diplocaulobium chrysotropis ha bisogno di un’umidità media dell’80-85% per tutto l’anno.
Substrato, supporti in crescita e rinvaso:
Il miglior modo di coltivare Diplocaulobium chrysotropis è su zattera, con letto di sfagno intorno alle radici.
Irrigazione:
Durante il periodo di sviluppo questa orchidea richiede acqua frequentemente e abbondantemente; le sue radici non devono mai rimanere asciutte.
Fertilizzante:
Si consiglia di utilizzare dosi ridotte rispetto a quelle indicate da sciogliere nell’acqua di bagatura ogni 7-10 giorni. Durante il periodo di riposo non fertilizzare.
Periodo di riposo:
Nel suo habitat naturale non ci sono variazioni stagionali di temperatura; l’inverno è un po ‘più secco del resto dell’anno. In coltivazione se gli pseudobulbi iniziano ad avvizzire, dobbiamo aumentare la quantità di acqua.

Acianthera; ex Pleurothallis violacea

Nella foto di copertina: Acianthera violacea in fiore nella collezione rio Parnasso – 24.10.2018.

Il genere Acianthera.
Etimologia: dal greco “akidos”, spuntone, ago – e “anthera” = in riferimento alla struttura dell’anthera dei fiori di qualche specie.

Storia
Acianthera Scheidw. -Orchidaceae Juss.- è un genere
della sottotribù Pleurothallidinae Lindl. ex G.Don comprendente circa 118-220 specie (Pridgeon &
Chase 2001; Chiron & van den Berg 2012; Chase & al.
2015; Barros e al. 2016; WCSP 2016). Presente in regioni tropicali dalle Antille e il Messico a
Argentina e Uruguay, con il Brasile il suo centro principale di biodiversità (Pridgeon 2005).
Le varie specie del genere Acianthera sono generalmente epifite, desiderano l’habitat tipico delle foreste pluviali dal livello del mare a oltre 2600 metri di altitudine.
Caratteristiche morfologiche che caratterizzano le specie di questo genere: sepali conniventi, labello articolato con la colonna alata e dotata di due pollinia (Pridgeon 2005; Luer 1986).
Sono passati quasi due secoli da quando Michael Joseph Scheidweiler descrisse Acianthera nel 1842.
Nel 1859, Lindley incluse le specie di questo gruppo nelle Pleurothallis R.Br. per molti decenni, lasciando nel dimenticatoio il paleogenere Acianthera.
Luer (1986) restaura il nome Acianthera come sottogenere di Pleurothallis nel tentativo di ospitare specie caratterizzate da fiori portati singolarmente o in un racemo formatosia aalla base di una foglia sessile. Tuttavia, solamente recenti studi filogenetici basati su DNA (Pridgeon & Chase 2001; Pridgeon & al.2001; Chiron & van den Berg 2012; Chirone e al. 2012;Karremans e al. 2016) hanno fornito un forte supporto per la riesumazione di Acianthera come gruppo monofiletico con la conseguente neccessità di classificarlo al livello generico.

Acianthera: Scheidweiler (1842: 292) è un genere comprendente circa 210 specie appartenenti alla tribù delle Pleurothallidinae, la più grande sottotribù di orchidee per numero di specie (Pridgeon & Chase 2001, Pridgeon et al. 2005, Chirone & van den Berg 2012).
Le varie specie del genere Acianthera sono epifite, litofite o raramente come terrestri. Sono endemiche nella foreste umide, dal Messico all’Uruguay e al Nord Argentina, incluse le Antille. Questo genere è molto numeroso in Brasile, dove sono state scoperte quasi 120 specie (Barros et al 2010).
Acianthera è stato a lungo incluso come sinonimo nel genere Pleurothallis, Aiton (1813: 211), e trattato a livello subgenerico come Pleurothallis subgen. Acianthera (Scheidw.) Luer (1986: 12).
Bisogna aspettare l’inizio del 21° secolo, con gli studi delle sequenze DNA, per veder riconosciuto a questo gruppo di orchidee il rango generico dentro la sottotribù (Pridgeon et al . 2001; Chiron & van den Berg 2012).

La specie.
Pleurothallis violacea A. Rich. E Galeotti.
Pubblicato in: Annales des Sciences Naturelles; Botanique, sér. 3 3: 16, pl. 1, f. 2. 1845. (Ann. Sci. Nat., Bot., Sér. 3,)
Distribuzione: Messico
Altri nomi per questo basionimo:
Acianthera violacea (A. Rich. & Galeotti) Pridgeon & MW Chase
Humboldtia violacea (A. Rich. & Galeotti) Kuntze.
Acianthera violacea (A.Rich. & Galeotti) Pridgeon & MW Chase (2001: 246). Pleurothallis violacea Richard & Galeotti (1845: 16).
Humboltia violacea (A.Rich. & Galeotti) Kuntze (1891: 668). Lectotipo (secondo Solano eSoto In Hágsater & Soto, 2003: 513).
Pleurothallis amoena Richard & Galeotti(1845:16).
Humboltia amoena (Richard & Galeotti) Kuntze (1891: 667). Tipo: – Mexico. Cordillera [Hidalgo]: Real del Monte, Giugno-ottobre 1840, Galeotti 5228 (P [489152].
Pleurothallis cochlearis Reichenbach (1852: 764). Humboltia cochlearis (Rchb.f.) Kuntze (1891: 667). Olotipo: -Mexico. Località sconosciuta, coltivato “Im Dresdener botanischen Garten (fiorito in) ??1844”.
Pleurothallis rhynchoglossa Schlechter (1915: 91). Tipo: – Mexico. Veracruz: “Bei Zacuapan, fiorita in coltivazione marzo 1914”.
Note: – Pleurothallis amoena e Pleurothallis violacea furono pubblicate simultaneamenteda Richard & Galeottti (1845), ma in quell’occasione la descrizione di Palaenopsis amoena è stata elencata per prima.
Più tardi, (Hágsater e Soto Arenas 2003, Luer 2004), riconoscono Pleurothallis amoena come sinonimo di Pleurothallis violacea , quindi il secondo nome ha stabilito priorità come specie basionimo.
La solita confusione fra lecotipo e olotipo fra le due specie.

Descrizione:
Specie endemica nel sud del Messico, Guatemala e El Salvador nelle foreste pluviali montane a quote da 950 a 1500 metri come epifita di piccole dimensioni. Sviluppo cespitoso che forma esili steli avvolti in parte da guaine tubolari imbricate e portanti singole foglie apicali lanceolate elittiche che formano gli steli fiorali in tardo autunno inizio inverno su un terminale, da 1 a 3 infiorescenze racemose lunghe da 8 a 12 cm, portanti più di 10 fiori color viola.

Coltivazione
Piccoli vasi con substrato drenante, non richiede riposi e va tenuta in clima umido caldo e ombreggiato. Fertilizzazioni nella norma.

Christensonella: ex Maxillaria

Foto di copertina: Christensonella vitelliniflora collezione rio Parnasso.

Come orientarsi con le varie specie incluse in questo nuovo genere

Ci risiamo, appena cerchi di verificare la correttezza del nome scritto sul cartellino della tua bella orchidea fiorita, ti assale la solita frustrazione e incertezza.

Anche Shakespeare ebbe modo di improvvisarsi tassonomista, quando scrisse: “Una rosa con qualsiasi altro nome avrebbe un odore altrettanto dolce”, sì perché solo un tassonomo riuscirebbe a trovare un motivo per dare a una rosa un altro nome. I nomi dati alle piante sono indiscutibilmente utili per rendere semplice la conoscenza di cosa stiamo parlando, rosa, mela e pera, ma tutto diventa più aleatorio quando ci imbattiamo su alcuni dei nomi che ciclicamente i tassonomisti assegnano alle orchidee; sembra quasi che si divertano a giocare con gli alberi ancestrali delle piante, magari con l’obiettivo di migliorare la loro struttura logica e ordinata, ma troppo spesso causa frustrazione tra gli hobbisti.

Quella miniatura che ti è fiorita in serra già ti mette in crisi con il suo attuale nome di genere: leggi il cartellino che riporta il nome ancestrale Maxillaria ma tu sai che qualche studioso potrebbe averla sistemata nel nuovo genere Christensonella,

Poco male, si dirà, andiamoci a cercare qualche notizia e il gioco si presenta da subito incerto:

Kew World Checklist of Selected Plant Families considera nome valido ancora Maxillaria

Christensonella Szlach., Mytnik, Górniak & Smiszek, Polish Bot. J. 51: 57 (2006).This name is a synonym.
Accepted Name: Maxillaria Ruiz & Pav., Fl. Peruv. Prodr.: 116 (1794).

Kew precisa:
This name is Accepted by:
Pridgeon, A.M., Cribb, P.J., Chase, M.C. & Rasmussen, F.N. (2009). Epidendroideae (Part two). Genera Orchidacearum 5: 1-585. Oxford University Press, New York, Oxford.
Koehler, S., Singer, R.B. & Amaral, M.C.E. (2012). Taxonomic revision of the neotropical genus Christensonella (Maxillariinae, Orchidaceae). Botanical Journal of the Linnean Society 168: 449-472.

This name is not Accepted by:
Chase, M.W., Cameron, K.M., Freudenstein, J.V., Pridgeon, A.M., Salazar, G., van den Berg, C. & Schuiteman, A. (2015). An updated classification of Orchidaceae. Botanical Journal of the Linnean Society 117: 151-174. [as Maxillaria]

Basterebbero queste premesse sul nome di Genere della tua miniatura per consigliarti di lasciarla tranquilla a riposare in serra, ma… mentre guardi i suoi fiori rossastri quasi neri, leggi nome di specie riportato (vitelliniflora), e tanto basta per farti esclamare: “ma come!” vitelliniflora etimologicamente deriva dal latino – “vitellum” = “tuorlo d’uovo”, cioè “fiore con colore (giallo uovo), non può essere giusto il nome sul cartellino.

La ricerca.
Per capirci un po’ di più sono andato a leggermi l’articolo apparso sul Botanical Journal
“Revisione tassonomica del genere neotropicale Christensonella (Maxillariinae, Orchidaceae)”
a cura di SAMANTHA KOEHLER
L’articolo che consiglio di leggere, ha dipanato qualche mio dubbio, ma ne ha lasciati intatti molti altri, dubbi per altro espressi anche dal gruppo di botanici che ha prodotto il lavoro di risistemazione del genere.
Sintesi
Riproduco virgolettati alcuni spunti tratti dall’articolo che mi aiutano ad individuare la mia pianta.

Introduzione
…”Il genere Christensonella Szlach., Mytnik, Górniak e ?miszek è stato separato da Maxillaria Ruiz & Pavón da Szlachetko et al . (2006) . Sebbene Szlachetko et al . (2006) non ha presentato i criteri considerati per il cambiamento tassonomico, la morfologia floreale e l’architettura vegetativa sono distintivi in ??questo nuovo genere. Le piante sono relativamente piccole rispetto a quelle di altre specie di Maxillariinae e comunemente portano foglie carnose a foglie coriacee, infiorescenze corte a fiore singolo e fiori bianco-giallastri, porpora rossastro o marrone chiaro senza ricompensa, generalmente con un punto luminoso ben visibile nel midollo. Inoltre, le specie di questo gruppo di solito hanno radici con ispessimenti ispessimenti evidenti.”…

…”Tassonomia delle specie.”
Christensonella Szlach., Mytnik, Górniak & Smiszek, Bot polacco. J. 51: 57. 2006.
Specie tipo: Christensonella paulistana (Hoehne) Szlach., Mytnik, Górniak e Smiszek. Bot polacco. J. 51: 58. 2006.
= Sezione di Maxillaria Urceolatae Christenson, Proc. 16th World Orchid Conf. 286-287. 2002.
Descrizione: Erbe epifite o rupicole, caespitose o rizomatose, alte 2-30 cm. Radici cilindriche, bianche, con un velamen ben sviluppato, comunemente con addensamenti anulari.”…..

Sintesi delle specie descritte nell’articolo, che più assomigliano alla mia pianta.
Christensonella neowiedii ( Rchb . F. ) S. Koehler , Lankesteriana 7: 522. 2007 (2008). (Figura 2A-C)
Nota a margine: Christensonella è uno degli oltre 15 generi derivati da Maxillaria, riconosciuti nella rivista del genere nel 2007 ed è uno dei generi che hanno più presenti in Brasile. Ci sono circa 20 specie.
Christensonella neuwiedii , meglio conosciuta con i suoi sinonimi Christensonella vernicosa e Christensonella vitelliniflora, è una di queste. Accanto a Christensonella plebeja , è una delle più piccole specie floreali di Christensonella.
La specie fu descritta nel 1877 da Barbosa Rodrigues come Maxillaria vitelliniflora vive dal sud-est del Brasile, fino al Rio Grande do Sul, raggiungendo anche la regione di Misiones in Argentina. È interessante notare che Barbosa Rodrigues descriveva M. vitelliniflora e M. vernicosa come specie diverse, in base alle variazioni dei colori.
Pianta a sviluppo cespitoso con molte foglie. Gli pseudobulbi sono solcati, lunghi circa 1 cm, con due foglie sottili, quasi voluttuose, lunghe fino a 3 cm. La pianta è molto simile a Christensonella paranaensis. L’infiorescenza è breve, nasce dalla base dello pseudobulbo e porta sempre solo un fiore giallo con macchie marroni sul labello. Il fiore ha meno di 1 cm di diametro.
Etimologia
“vitelliniflora” deriva dal latino – “vitellum” = “tuorlo d’uovo”, cioè “fiore con colore del tuorlo d’uovo”.
“vernicosa” ad evidenziare la lucentezza del labello (vernicosa = verniciato)
Infine, ” neuwiedii ” deriva da Neuwied, principe e naturalista tedesco Maximilian Alexander Philipp zu Wied-Neuwied, che scrisse nel 1820 il classico Viaggio in Brasile).

Si è scritto simile a Christensonella paranaensis, ed è qui che approfondisco la ricerca.

…”Christensonella paranaensis ( Barb . Rodr .) S. Koehler
Basionimo: Maxillaria paranaensis Barb.Rodr., Gen. Sp. Orchidea. 2 novembre: 205. 1882.

Olotipo: [Brasile], Paraná, Curitiba (distrutto, fide Sprunger et al ., 1996 ; Buzatto et al ., 2011 ). Lectotipo, qui designato: Barbosa Rodrigues J., Gen. Sp. Orchidea., Scheda. 671, illustrazione originale al Jardim Botânico do Rio de Janeiro; riprodotto da Sprunger et al . (1996) , Iconographie des Orchidées du Brésil, vol. 6, scheda. 288B, p. 416.

Sinonimi:
Maxillaria spegazziniana Kraenzl., Orchis 2: 51. 1908. Holotipo: Argentina, Misiones, Spegazzini sn, sd ‘Auf den Aesten von Ilex paraguayensis am Rio San Antonio’ ??(HBG, nv).
Maxillaria juergensii Schltr., Repert. Spec. Nov. Regni Veg. Beih. 35: 88-89. 1925. Christensonella juergensii (Schltr.) Szlach., Mytnik, Górniak & Smiszek. Bot polacco. J. 51: 58. 2006. Holotipo: Brasile, Rio Grande do Sul, Santa Cruz, Herval de São João, 350 m, C. Jürgens 83 , “blühend im August 1922” (B, probabilmente distrutto). Neotipo, qui designato: Brasile, RS, São Francisco de Paula, CPCN Pró-Mata, principal Estrada, CR Buzatto 662, RB Singer e M. Pedron , 25 nov. 2010 (ICN, RB).
Maxillaria acicularis Herb. ex Lindl. var. brevifolia Cogn. in Martius Fl. Reggiseni. 3 (6): 72. 1904. Maxillaria cogniauxiana Hoehne, Bol. Agric. (San Paolo) 34: 632-633, fig. 1. 1933. Christensonella cogniauxiana (Hoehne) Szlach., Mytnik, Górniak & Smiszek. Bot polacco. J. 51: 58. 2006. Holotype: Brasile, San Paolo, Campo Grande, Comm. Geogr. e Geol. S. Paulo 1961, 14 novembre 1892 (BR, isotipo, SP).

Maxillaria cogniauxiana Hoehne var. longifolia Hoehne, Bol. Agric. (San Paolo) 34: 633. 1933. Maxillaria heterophylla Hoehne var. longifolia (Hoehne) Hoehne, Arq. Bot. Estado São Paulo ns 2 (6): 133-134. 1952. Holotipo: [Brasile], Paraná, Boa Esperança, coltivado nas estufas do Orchidário do Estado, FC Hoehne sn (culto cult.) 29 novembre 1929 (SP).

Maxillaria heterophylla Hoehne var. intermedia Hoehne, Arq. Bot. Estado São Paulo ns 2 (6): 132. 1952. Maxillaria cogniauxiana Hoehne var. intermedia (Pabst) Hoehne, Orquídea (Rio de Janeiro) 29 (3): 114. 1967. Holotype: [Brasile, São Paulo,] São Paulo, ‘nativa nas matas do Jardim Botânico de San Paulo e de lá cult. nas estufas e no viveiro ‘, FC Hoehne sn (culto cult.) 23 Ago 1930 (SP).

Descrizione: Epifite o rupicolo, cacitosio o pendente, alto 2,5-10 cm. Pseudobulbi conici, lisci o increspati quando maturi, dal verde chiaro al verde scuro o brunastri, 16,0-24,5 × 3-7 mm, con due foglie. Foglie aciculate, cilindriche o subulate-lanceolate; piatto, membranaceo a coriacea (11-) 30-50 (-80) × 0,5-8,0 mm, 0,5-2,5 mm di spessore. Fiori dal rosso al cioccolato violaceo, raramente dal giallo pallido all’abbronzatura, solitamente con punti rossi, non fragranti, lunghi 11-40 mm. I segmenti dei fiori a volte sono rivoltati. Sepali oblunghi oblunghi-ovati, apicolosi. Sepalo dorsale, 8-18 × 4-7 mm; sepali laterali, 7-19 × 4,5-10,0 mm. Petali oblunghe, apiculate, 8-17 × 2,0-7,5 mm. Labbro oblungo, curvo verso il basso o dritto, 7-17 × 4.0-10.5 mm se espanso; midlobo orbicolare; apice arrotondato per retrocedere, il callo lungo 4-9 mm, generalmente clavato, raramente oblungo. Colonna 5,5-11,5 mm di lunghezza; piede 1,4-8,0 mm di lunghezza. Antera 1.5-4.0 × 1-4 mm; pollinia 1-2 × 2,0-2,5 mm; viscoso arcuato, lungo 1-3 mm; stipe a volte inconsistente, lungo 0,1-2,0 mm. Ovario e pedicello lungo 11,5-36,5 mm, generalmente più lungo dello pseudobulbo adiacente.

Distribuzione ed ecologia:
Brasile sud-sud-orientale, da Rio Grande do Sul a Minas Gerais. Formazioni forestali stagionalmente secche o bagnate, 300-1800 m.

Note: Christensonella paranaensis può essere identificata dagli pseudobulbi bifoliati, cilindrici, generalmente da porpora a viola scuro, raramente gialli, con lunghezza dell’ovaio e del pedicello lunga o più lunga rispetto allo pseudobulbo adiacente. Questa è la specie più variabile di questo gruppo, considerando la forma e le dimensioni delle foglie, la dimensione e il colore dei fiori. Hoehne (1952) descrisse sei varietà in base alla morfologia fogliare e floreale, ma nello stesso manoscritto menzionò che è comune trovare diverse varietà che crescono insieme nello stesso luogo, a volte sullo stesso albero. L’analisi di campioni di erbario e piante coltivate provenienti da molte località diverse corrobora l’esistenza di distinte varianti morfologiche in singole località. Maxillaria paranaensis Barb.Rodr. è il primo nome legittimo per questa specie, non Maxillaria juergensii (vedi Koehler et al ., 2008 ). Viene quindi fornita la nuova combinazione nel genere Christensonella . Questa specie si distingue facilmente dalla C. ferdinandiana strettamente correlata basata su pseudobulbi cilindrici e bifoliati e pedicelli più lunghi della pseudbulb adiacente. D’altra parte, le varianti morfologiche all’interno di C. paranaensis non sono chiaramente definite, senza correlazione tra occorrenza geografica o ecologica e variazione morfologica. Considerando la nostra attuale mancanza di conoscenza sui pattern filogenetici all’interno di questo gruppo, suggeriamo un approccio conservativo, riconoscendo la c paranaensis da sola, definita dai caratteri morfologici diagnostici sopra descritti.

Conclusione:
1) – Rimane incertezza sul nome di genere accettato.
2) – Individuato il gruppo di specie più affini alla pianta in analisi.
3) – Rimane il ragionevole dubbio sulla sicura appartenenza di specie.
4) – Possiamo ragionevolmente considerarla: Maxillaria paranaense, ma anche Christensonella paranaenses ma anche M. vitelliniflora, ma anche Christensonella neuwiedii, forse anche Maxillaria juergensii… o forse no!

Nota: I post su – www. orchids.it – sono editi da Guido De Vidi e raccontano storie, fatti ed eventi legati ad orchidee della collezione rio Parnasso, in caso di errori o eventuali refusi, la tua collaborazione è gradita, grazie e buona lettura.