Archivio mensile:Luglio 2020

Non solo orchidee: Monstera deliciosa (pianta del pane americana)

Questa storia merita di essere raccontata. E’ una di quelle storie che ti fanno riavvolgere il nastro dei ricordi. Capita che nella vecchia serra delle orchidee stia crescendo a dismisura una pianta che, con alterne vicende, vive con noi da 45 anni. E’ arrivata a casa nostra come regalo di nozze dei vicini di casa. Il suo nome botanico è Monstera deliciosa, nota anche come pianta del pane americana. Piuttosto comune nei suoi luoghi d’origine, in bilico tra tutto il Centro America e la parte più meridionale del Messico, la cosiddetta ceriman o “costola di Adamo”, per l’aspetto traforato delle sue grosse foglie cuoriformi. Ricordo la prima e ovvia sistemazione nel corridoio dell’entrata di casa, poi spostata di qua e di là a seconda delle nuove esigenze di spazio. Con il passare del tempo di salute non stava molto bene. Estrema ratio, quel che rimaneva di lei è stato portato in serra. Sistemata in un angolo e senza pretese: la serra è per le orchidee e lei si è dovuta accontentare di vivere rannicchiata senza nome, sotto i bancali con le maliarde quasi a volerle dire: “che cavolo ci fai tu qui a casa nostra”.

La rivincita della natura: la pianta del pane americana, piano, piano è andata a trovarsi cibo fra i sassi del terreno drenante del pavimento ed ha iniziato a colonizzare la serra, crescendo di anno in anno. Poi, finalmente i fiori ed i frutti, che si dice essere commestibili.

La prima volta che venni a sapere che la pianta in questione produceva frutto commestibile, rimasi piuttosto sorpreso perché solitamente la pianta in questione viene usata come pianta d’appartamento.
La pianta è una epifita da foresta pluviale, che raggiunge dimensioni notevoli. In Italia può essere coltivata all’esterno nelle zone più miti e se la pianta è sistemata in piena terra, si può assistere alla fruttificazione. La fioritura/fruttificazione su piante d’appartamento è notevolmente rara, ma può accadere. Probabilmente è legata al raggiungimento di determinate dimensioni/riserve di carboidrati, assolutamente difficili da raggiungere su piante d’appartamento.
So che vi sono esemplari in Liguria, in riviera, ed anche in Sicilia che crescono bene. Fra i coltivatori di questa pianta c’è chi considera i suoi frutti tra i più buoni al mondo! La pianta in media impiega 15 mesi per maturare i suoi frutti che vanno mangiati rigorosamente maturi, cioè quando il frutto inizia ad aprirsi, non solo per le spine ma anche perché se mangiato crudo fa male ai reni!!

Vedere una qualsiasi pianta della famiglia delle Araceae (di cui fanno parte Arum, Filodendro e Monstera) fiorire in appartamento è praticamente impossibile, in vicolo Parnasso, nella vecchia serra delle orchidee è possibile ammirare la fioritura, e la sua fruttificazione.

Il frutto: Se il frutto è colto dalla pianta, sufficentementete maturo e lasciato in un luogo asciutto per un tempo sufficientemente lungo, perde ogni pretesa di tossicità, trasformandosi, per converso, in un alimento considerato degno del Grande Spirito della Foresta, per di più usato molto spesso dagli sciamani nei loro rituali, per il suo presunto potere mistico di panacea d’infiniti mali.

Una volta liberato dalla scorza scagliosa, il ceriman ci offre un’esperienza facile da apprezzare, tanto che chi ha avuto l’occasione di assaggiarlo, molto spesso, farà il possibile per provarlo di nuovo. Non che la preparazione sia semplice. Per consumarlo si dovrà rimuovere una ad una le scaglie esagonali che costituiscono la scorza esterna, come si trattasse dei chicchi di una pannocchia, per poi estrarre il contenuto fibroso un poco alla volta. Un altro approccio possibile è quello di spremere semplicemente la pannocchia all’interno di un panno. Il che dovrebbe filtrare autonomamente ogni residuo tossico, ottenendo una bevanda giallognola e dal gusto memorabile, per non parlare delle sue qualità altamente nutritive. Detto ciò, va ribadito, che il frutto della Monstera deliciosa dal sapore descritto come “un caratteristico medley di banana, ananas e cocco” non abbia un aspetto particolarmente appetitoso, né tutto l’insieme risulti facile da consumare.

Maxillaria uncata

Prologo

Prologo:

Tante storie ha da raccontare il coltivatore di orchidee. Intendo un coltivatore e collezionista di lungo corso, quello che entra in serra al mattino ed esce, forse, per pranzare; quello che alle imprecazioni della moglie risponde – “Ma dai, sono solamente 10 minuti che sono in serra”. Cosa succede in quelle ore trascorse con le piante non è facile raccontarlo. Ci provo. Su 3000 piante della collezione, il coltivatore di lungo corso si accorge anche se solo una è stata spostata da altre mani, sì proprio così; e poi ogni pianta ha da raccontarti tante cose, ti fa capire se sta bene, e spesso ti mostra i suoi fiori. Quando sei davanti ad una pianta fiorita la mente recupera tutti i ricordi legati alla sua vita. Guardi il cartellino, vedi la data – 1998 – “oddio”, esclami, tutti questi anni son passati da quella volta che l’amico Stefano Milillo, di ritorno da uno dei suoi viaggi in sud america mi donò una piccola piantina con l’indicazione “Costa Rica”… era una Maxillaria uncata. Dopo tanti anni è ancora viva, lei è cresciuta girovagando nella serra alla ricerca del suo habitat preferito. Dov’è pare che stia bene ed ora è in fiore. La ammiro, la fotografo, corrono pensieri e mi frulla per la mente il mio amico Smiliam di Zagabria, quando quella volta, tanti anni fa ebbe a dire: “Non capisco Guido, mi sembra una persona normale, chissà perchè coltiva orchidee”... già, una persona normale, mah!

Presentazione: Maxillaria uncata è nota anche con il nome poplare “orchidea a forma di gancio” e con vari sinonimi: Camaridium squamatum, Camaridium uncatum, Christensonella squamata, Christensonella uncata, Maxillaria nana, Maxillaria squamata, Maxillaria stenostele, Maxillaria striatella, Ornithidium nanum, Ornithidium squamata. E’ inclusa nel genere Maxillaria ed è stata descritta da John Lindley nel 1837.
Maxillaria uncata è endemica dallo stato del Chiapas nel sud del Messico, all’America centrale e meridionale, fino al Brasile e al Perù. Le piante in Guatemala crescono epifiticamente su alberi e arbusti nelle paludi, nelle foreste tropicali o nelle pinete secche, ad altitudini fino a 1200 m. In Honduras, le piante sono state trovate nelle pianure vicino alla costa caraibica. In Nicaragua vivono in diverse località del dipartimento di Jingtega a 1200-1300 m di altezza, a Chotales a 500-600 m di altitudine, a Rio San Juan a 1100 m di altitudine. In Costa Rica, si trovano in numerose località, di solito a bassa quota, ma sono noti casi di ritrovamento di queste piante anche a un’altitudine di 1500 m. A Panama crescono in diversi punti della zona del canale a livello del mare. In Venezuela, si trovano a Bolivar lungo il fiume Río Icabarú, dove crescono sugli alberi sulle rive dei bacini idrici ad un’altitudine di circa 460 m, e lungo il fiume Rio Chicanan a 360 metri sul livello del mare.

Maxillaria uncata cura e coltivazione
È una piccola specie epifita da clima caldo con buon sbalzo termico fra giorno e notte. Le sue misure sono circa: lunghezza di 1,1 cm e un diametro di 0,26 cm, stelo pendulo, con una foglia semi-terete solitaria, lunga 5,5 cm e larga 0,4 cm .
La Maxillaria a “forma di gancio” ha una breve infiorescenza a fiore singolo laterale, subessile, con sottilissime guaine vicino alle foglie e fiorisce a vari periodi, con massima fioritura in tarda primavera. I fiori a forma di campana misurano circa 1,0 cm di lunghezza. I petali traslucidi sono di colore giallo pallido con 3 fili rosa e sfocati lungo le vene. Anche il labello è traslucido, giallo chiaro con una macchia rosa nel mezzo, con 3 linee rosa scure. Il dorso è pallido, bianco-giallastro con una macchia rosa alla base e sotto il segno. Luce: La luce deve essere filtrata e le piante non devono essere esposte direttamente al sole nelle ore pomeridiane. E’ utile un continuo movimento dell’aria.
Temperatura:
È una pianta termofila. Durante tutto l’anno: di giorno 28-30 C° e di notte 16-18 ° C, con un’ampiezza giornaliera di 11-13 C°.
Umidità:
Circa l’80% per la maggior parte dell’anno, scendendo a quasi il 75% per 2-3 mesi nel tardo inverno e all’inizio della primavera.
Substrato, supporti in crescita e rinvaso:
Maxillaria uncata può essere coltivata in vasi con un buon drenaggio, ma anche su pezzi di felce arborea, in questa seconda opzione deve essere garantita una costante ed elevata umidità e durante il clima caldo e secco servono diverse annaffiature durante il giorno.
Altre soluzione di coltivazione è quella di utilizzare cestini riempiti con un substrato arioso e ad asciugatura rapida.
Le piante vanno rinvasate se si notato segni di decomposizione del substrato o ogni pochi anni quando la pianta cresce fuori dal vaso. È meglio farlo quando iniziano a crescere nuove radici.
Bagnature:
Maxillaria uncata va bagnata frequentemente durante la crescita intensiva, ma ocorre avere la cura di facilitare il deflusso dell’acqua e il substrato attorno alle radici deve essere sempre sciolto, con facile accesso all’aria. Il substrato non deve essere lasciato asciugare completamente.
Fertilizzante:
Durante la crescita attiva, la pianta deve essere concimata con fertilizzanti bilanciati ogni settimana usando metà della massima dose in etichetta. Si può usare fertilizzanti bilanciati durante tutto l’anno, ma anche con un maggiore contenuto di azoto dalla primavera a metà estate, e poi a fine estate e autunno, utilizzare un fertilizzante con un contenuto più elevato di fosforo.
Periodo di riposo:
In inverno, la quantità di acqua dovrebbe essere leggermente ridotta, specialmente nei giorni bui e brevi, ma le piante non devono mai essere completamente prive di acqua. La fertilizzazione deve essere ridotta o eliminata fino a quando non compaiono nuove vegetazioni primaverili.

Storie di nomi e di amori… e tu chiamala se vuoi: Vanda Istriana.

Quando fiorì per la prima volta non mi piacque molto e se non fosse stato per Rosetta, mia moglie, che apprezzò molto i fiori così intensi, forse ora non saremmo ad ammirare le sue fioriture. La storia genealogica di questa pianta è abbastanza semplice: Rhynchovanda Blue Angel x Vanda cristata Rhynchovanda Blue Angel = (Rhynchostylis coelestis x Vanda Rothschildiana), ibrido registrato nel 1961.

Vanda Istriana, fioritura 2020 nella collezione rio Parnasso.

Fin qui la botanica, con questi progenitori non poteva non avere fascino e lo cercai nei suoi colori tenebrosi, nella sua voglia di fiorire più volte l’anno e nella sua vocazione a rimanere compatta. Ed è così che mi venne voglia di nominare il mio cultivar, sia per renderlo unico, ma anche per legarlo a sentimenti intimi. La battezzai Vanda Istriana in onore di una terra che amo molto, l’Istria. Se proprio vogliamo dirla tutta, questo ibrido non risultava ancora registrato quando la battezzai. I puristi dell’ orchidologia diranno che con si può, che la botanica ha le sue leggi che vanno rispettate, lo so, ma la trasgressione è un sentimento che mi ha sempre affascinato ed allora concedetemi questo mio piacere. Tutto questo ha anche il suo lato positivo: i pochi fortunati che si son portati a casa una divisione di questa pianta possono dire con orgoglio: ecco la figlia di una Vanda di Guido che lui chiama Istriana… questo non ha prezzo… alla faccia della botanica.

La pianta madre è stata esposta e premiata all’evento europeo EOC nel 2012 a Budapest, eccola in foto

Storie di chiocciole e di orchidee

La chiocciola Susanna ci ha provato a fingersi ape iridescente, l’insetto che visita le Stanhopee, ma non è riuscita nel suo intento.

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Si fa sera e l’aroma di simil vaniglia è troppo intenso per passare inosservato a Susanna, chiocciola tutta panna. Ha una fame da lupi e quelle orchidee appese con i fiori pronti per essere visitati sono un boccone irresistibile.

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Parte alla conquista del nettare, non si sa come, riesce ad entrare e si dirige verso lo stigma a caccia di quel ben di dio.

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Ma Susanna non è un’ape, pesa troppo e non riesce a trovare il pertugio giusto. Ce la mette tutta, ma alla fine, sfinita, scivola giù dallo stigma senza aver cenato.

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Povera Susanna, mi commuove, la raccolgo e dopo alcuni conciliaboli, lei accetta di essere trasportata lungo la siepe del rio Parnasso, in attesa di miglior fortuna.

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Morale: povere lumache vita dura per loro, a vivere fra quelle strane piante chiamate orchidee, quasi quasi mi sento di spezzare una lancia in loro favore, o no!