Archivio mensile:Febbraio 2005

Cattleya, la regina delle orchidee

Con questo post desidero scoprire insieme a voi l’orchidea per antonomasia “la Cattleya
Non sarà un trattato scientifico, ma un viaggio a nel tempo, nei miti e nelle passioni create da questa orchidea.
Cattleya jenmanii Rolfe 1906
Collezione Guido De Vidi. Foto del 05.02.05
Inizio il viaggio presentando una specie abbastanza rara. Questa specie non è fra più appariscenti della mia collezione, ma per me ha un valore simbolico: è stata portata in Italia direttamente dal suo paese d’origine durante uno di quei tanti viaggi di ritorno dei nostri migranti in cerca dell’America, che poi non hanno trovato.
Origine del nome: in onore di Mr. G. S. Jenman, direttore del Giardino Botanico di Georgetown (Guiana Inglese), nel tardo 19° secolo.
Cattleya jenmanii è l’ultima Cattleya scoperta in Venezuela ed è stata descritta da Rolfe nel 1906.
Vive nel sud di Bolivar è stata trovata nella fitta foresta del Gran Sabana nel sud-est del Venezuela a 300 a 600 metri di altezza sul livello del mare, ed al limite della frontiera fra il Brasile e Guaiana ad altitudini di 800-1200 m. Sono state trovate colonie anche in Colombia.
In genere, questa specie preferisce crescere vicino a fiumi e torrenti. Ama ambienti con umidità relativa elevata, appartiene al gruppo delle Cattleye unifoliate, generalmente è epifita, ma si sviluppa senza problemi anche su supporti litofiti. Fiorisce da Febbraio ad Aprile e da Settembre ad Ottobre, produce uno o più fiori, che possono raggiungere anche la misura di 15 cm.
Cattleya jenmanii ‘alba’
Collezione Gianni Morello
I fiori di questa specie sono profumati e di vari colori, vanno dal rosa carico alla forma alba o semi alba.
Cattleya jenmanii, richiede clima caldo intermedio e nel suo periodo vegetativo desidera essere innaffiata e fertilizzata adeguatamente, mentre durante la fase di riposo è utile garantire condizioni più secche. Una buona ventilazione e tanta luce garantiscono buone fioriture.

Cattleya, storie e miti sull’origine del nome

Bc Pastoral ‘Innocence’ AM/AOS
Collezione Guido De Vidi.Cattleya: la regina delle orchidee, sicuramente la più conosciuta dal pubblico e per molti decenni il suo fiore è stato simbolo di classe e signorilità negli omaggi floreali, forse lo è ancora.
Il nome Cattleya porta con sé, storie e miti intriganti.
Ci sono Paesi in cui crescono migliaia di orchidee diverse, Phragmipedium, Sobralia, Miltoniopsis ecc, tuttavia il loro fiore nazionale è la Cattleya: il Venezuela con la Cattleya mossiae e la Colombia con la Cattleya trianaei.
cattleya_labiata_1_rodrigocattleya_labiata_stampaCattleya labiata Lindley 1821
Il nome al genere Cattleya è stato dato in onore del coltivatore inglese Sir William Cattley, che ha esposto per la prima volta questa orchidea fiorita in una mostra: a quella orchidea fu dato il nome Cattleya labiata.
I misteri ed i racconti attorno ai fatti di allora, occuparono molte pagine delle riviste specializzate ed alimentarono discussioni fra raccoglitori e collezionisti di piante tropicali dell’epoca.
La storia più colorita racconta che William Cattley, coltivatore e collezionista di muschi e licheni ricevette da William Swainson un carico dal Brasile, imballato con materiale vegetale, che gettò fra i bancali della sua serra. Con sua sorpresa dopo qualche tempo scoprì che delle strane foglie turgide avevano prodotto dei fiori strani ed appariscenti, erano i fiori della Cattleya labiata.

Il mito dell’orchidea fiorita incidentalmente fu alimentato anche dal racconto “THE LOST ORCHID.” a pag. 173 del libro di Frederick Boyle (1893) dal titolo “ABOUT ORCHIDS A CHAT (1893)
Probabilmente con quel racconto Boyle intendeva ironizzare sul fatto che il raccoglitore William Swainson non aveva colto l’importanza di quella pianta, ne sapeva o voleva spiegare dove era stata trovata; più tardi Swainson raccontò che quelle strane piante forse le aveva trovate in altri luoghi uno sfortunato cercatore morto a Rio e successivamente usate per proteggere i suoi licheni da spedire in Europa.
Effettivamente, nel 1893 nessuno sapeva ancora dove era stata trovata la strana orchidea, ma quell’assurda storia raccontata da Boyle fu presa molto sul serio dai produttori del tempo.
Solamente nel 1900 quando fu pubblicato il resoconto di un viaggio effettuato da Swainson attraverso il Brasile tra il 1817 ed il 1818, si fece chiarezza degli avvenimenti.
Swainson raccontò che quelle piante le scoprì in Pernambuco e non a Rio de Janeiro. In quell’occasione, vedendole in piena fioritura le descrisse a William Cattley che manifestò di gradirle. Furono inviate successivamente a Carnet e William Cattley se le prese in cura e le fece fiorire alcuni anni dopo.

Flash: le vostre Cattleye
La prima Cattleya di Raffaele
Anche le Cattleye fioriscono in salotto – condividiamo tutti insieme la grande gioia di Raffaele “autodefinitosi principiante” ecco i fiori della sua LC Beaumesnil ‘Roquebrune’ (= Lc. Culminant x C. loddigesii Pff. V. & L.1977) Complimenti Raffaele.
Inviate vostre le foto e le schede delle vostre Cattleye a orchids.it, la redazione le inserirà su questa pagina.

Dendrochilum tenellum sez. Acoridium

dendrochillum_tennellum
Genere: Dendrochilum – Blume 1825
Sottofamiglia: Epidendroideae
Tribù: Coelogyneae
Sottotribù: Coelogyninae.
Sinonimi: Acoridium Nees e Meyen 1843 – Platyclinis Benth. 1881
Il genere Dendrochilum conta centinaia di specie.
Le piante appartenenti a questo genere sono epifite, litofite e molto raramente terrestri.
Si sviluppano in forma simpodiale lungo un rizoma orizzontale sul quale si formano gli pseudobulbi cilindrici, basali e avvolti da una guaina color marrone, dalla quale escono gli steli fiorali.
Specie: Dendrochilum Tenellum (Nees & Meyen) Ames 1907
Sezione Acoridium [ Nees & Meyen ] Pfitzer & Kranzlin
Sinonimi: Acoridium tenellum Nees & Meyen 1843 – Ceratostylis gracilis Naves 1878
Nome Comune: Dendrochilum Fragile
Questa graziosa specie epifita di piccole dimensioni è originaria delle Filippine e può essere trovata tra i 1000 – 1400 metri d’altitudine, ben ancorata sui tronchi delle zone boschive a clima caldo.
La prima impressione che si prova al cospetto di questa pianta, è quella di trovarci davanti ad un cespuglio d’erba dalle numerose ed esili foglie cilindriche.
Dendrochilum tenellum a differenza delle altre specie del suo genere, formano lo stelo fiorale, quasi all’apice dell’esile pseudobulbo cilindrico.
Gli steli fiorali affusolati a forma semi- incurva, spuntano ai primi giorni di gennaio ed impiegano circa un mese per aprire i numerosissimi fiori ( circa 30) di colore bianco – ocra.
Questa pianta può essere coltivata sia in vaso con substrato di corteccia d’abete sia su zattere di legno duro oppure sughero con una sottile lettiera di sfagno o muschio.
Dendrochilum tenellum va tenuto costantemente in ambiente caldo/intermedio, umido e ventilato e non necessita di marcati periodi di riposo ed è sufficiente garantire la normale fase di rallentamento post – fioritura.
Note tassonomiche sui Dendrochilum.
Il genere dei Dendrochilum come tanti altri della grande famiglia delle orchidee, si presta all’incertezza della corretta conoscenza dei nomi.
Il genere Dendrochilum è suddiviso in sei sezioni:
Platyclinis.
Eurybrachium.
Luzonorchis.
Convoluta.
Acoridium.
Heterantha.

Qualche nota sul nome: Acoridium
Nees von Esenbeck & Meyen
Nov. Act. Nat. Cur. 19(Suppl. 1): 131 (1843).
ETIMOLOGIA: diminutivo di Acorus (Araceae), perché la forma delle foglie assomiglia un po all’Acorus Calamus (Sweet flag).
SPECIE TIPO: Acoridium tenellum Nees & Meyen
Ora è riconosciuto come appartenente al genere Dendrochilum, (sezione Acoridium (Pfitzer & Kraenzlin). Le piante sviluppano piccoli e compatti pseudobulbi a forma ovoidale, ciascuno con una foglia solitaria simile ad un filo d’erba di colore verde scuro. Le infiorescenze spuntano in prossimità della punta delle foglie e formano un arco “twistato” di numerosi fiori piccolissimi, generalmente di poca durata, fragranti, di colore bianco, giallo pallido al crema. I sepali laterali sono uniti alla base della colonna. Il piccolo labello di colore verde-giallo è trilobato con piccoli lobi laterali un po più grandi del lobo mediano.

Acoridium è stato inizialmente descritto da Nees & Meyen e sistemato nelle Philydraceas (una piccola famiglia di piante delle zone umide). Nel 1843 Endlicher (Grundzuge der Botanik, 59) lo ha spostato nel genere Burmanniaceae; nel 1862 Bentham e Hooker (Generi Piantarum, 2: 123) lo ha incluso nella famiglia Cyperacese, e nel 1893 la specie originale, Acoridium tenellum, è stata messa in Orchidaces da BD Jackson (Indice di Kew., 1:31, 488) come sinonimo di Ceratostylis gracilis. Rolfe (1904) ha spostato la specie tipo nel genere Platyclinis (Orchid Reuiew, 12: 219). Nel 1905 Ames ha ristabilito il genere Acoridium aggiungendo molte altre specie (Orchidaceae, 1:3) e ha classificato la specie tipo come Acoridium sphacelatum. Oggi questo genere è considerato un sinonimo di Dendrochium, genere stabilito da Ames nel 1907 (Philippine Journal of Science, 2:318).

orchids.it compie un anno

ANNIVERSARIO

Care amiche/i, questa pazza idea chiamata blog, che io amo definire “pagina”, compie un anno di vita.

Consentitemi di festeggiare il primo anniversario e perdonatemi se per una volta, al posto di qualche bel fiore, vi mostro una foto della mia serra con dentro un intruso: che poi sono io.

Orchids.it cominciava il suo diario nel febbraio del 2004.
I diari veri, quelli scritti quasi segretamente per portarsi avanti sensazioni e momenti di vita che altrimenti svanirebbero col tempo e con la memoria, abbracciano tutte le vicende e quindi raccolgono varie occasioni di racconto.

Il diario web che scorre giorno dopo giorno nei post di questo blog è più difficile da organizzare in quanto monotematico, pubblico e senza alcun filtro interattivo.

La mia passione per il collezionismo delle orchidee, mi ha portato e mi porta spesso alla ricerca di notizie, sia sui libri e sia sul web, purtroppo non sempre riesco a trovare risposte per i miei dubbi.
La letteratura specialistica sulle orchidee in lingua Italiana è molto limitata e senza voler entrare nel merito delle motivazioni, segnalo il paradosso d’edizioni, che seppur curate in Italia, escono esclusivamente in lingua Inglese. Sul versante internet, ed anche in questo caso non me ne vogliano i curatori di siti Italiani, quando si cercano notizie, si prova una sensazione di smarrimento.

I siti che riportano notizie in lingua Italiana, sono pochi e quando si trovano, fatte sparute eccezioni, portano notizie stagionate e contraddittorie, oppure fungono da cinghia di trasmissione a qualche produttore.

In questo panorama, ho pensato di creare uno strumento di comunicazione e se volete, ma non devo essere io a dirlo, anche strumento d’informazione con il quale raccontare la mia visione utopica del concetto d’amatorialità.
L’idea di curare un blog delle orchidee, che si discostasse dalla struttura canonica e cattedratica dell’informazione ( il web italiano ha già i suoi bravi professori esperti) e che riuscisse a portare avanti un legame d’attualità, si è concretizzata per merito della genialità di mio figlio.

Durante la fase preparatoria di questo sito, Daniel, lunga mano tecnica della mia scadente conoscenza del mondo web, spiazzandomi, mi convinse ad abbandonare il progetto dell’ennesimo sito “museo” e mi propose di raccontare giorno per giorno la mia vita con le orchidee.

Eccomi qua, è trascorso un anno, le statistiche di gradimento vanno oltre qualsiasi rosea previsione, penso di poter dire che siamo già una bella famiglia e mi rendo conto giorno dopo giorno, che orchids. it è l’approdo giornaliero di tanti appassionati delle orchidee, questo è il risultato più importante; orchids.it non è più soltanto il mio diario: è il nostro.

Dialoghi

SOS di Giorgia:
Ciao Guido…ho visto il tuo sito ed è davvero meraviglioso, e devo dire che vedendo tutte quelle bellissime piante ho provato anche una certa invidia!!!(in senso buono, ovviamente).

…..Ciao Giorgia, grazie per i complimenti al sito… più che un sito è una piccola pagina che cerca di far conoscere le orchidee in modo semplice e che vive con la partecipazione in tempo reale dei visitatori…. se mandi qualche foto delle tue orchidee le mettiamo sul blog che così diventa anche tuo.

Purtroppo io ho un problema con le mie orchidee Phalaenopsis; me le hanno regalate a novembre, e sono davvero inesperta! Ho cercato notizie su Internet ma mi hanno solo confuse le idee, spero che tu possa aiutarmi!

Una ha due bei rami pieni di fiori e qualche bocciolo: i fiori stanno resistendo ma le foglie mi sembrano un pò troppo “morbide” e poco turgide rispetto all’altra;

……….. con le temperature vedo che vai bene, minime notturne 18°, ho paura che tu abbia problemi di umidità. Spruzza spesso le foglie e controlla quanto tempo impiegano ad asciugarsi, se asciugano subito significa che l’ambiente è secco e caldo e quindi spruzza ancora.

L’altra ha tre rami; un ramo ha perso completamente i fiori e un altro quasi, so che è normale, ma la cosa che mi preoccupa di più è il loro aspetto decisamente secco….anche questo è normale? Dovrei tagliare il ramo? Dal fondo del vaso è uscita anche una radice…e stamattina mi è rimasta in mano una foglia(giallastra!)……aiuto!

…. non farti prendere dal panico, le Phalaenopsis sono orchidee molto resistenti, spero che non sia rimasta acqua nel colletto delle tue Phalaenopsis, è l’unico grande pericolo che può marcire la parte vegetativa giovane. Se s’è staccata una foglia alla base è quasi normale, dalle un pò di fertilizzante solubile 20.20.20 , mezzo grammo x litro d’acqua 0gni 15gg. I rami tagliali solamente se sono secchi oppure se vedi la pianta in estrema sofferenza.

Ho letto che il vaso deve essere chiaro….ovviamente il mio cache pot è nero!

…….a riguardo del vaso trasparente, so che molti sostengono la loro utilità, io ho qualche riserva…. ad ogni modo non sono indispensabili: sembra che vengano preferiti perchè si può controllare se le radici sono umide oppure asciutte, però con i vasi trasparenti si formano alghe verdi fra le radici stesse.

Le annaffio 1 volta la settimana evitando il ristagno, non le ho mai concimate (cosa mi suggerisci?), sono in una stanza molto luminosa ma ad ovest in ..e ho letto che non è proprio l’esposizione migliore, la temperatura è quella di casa mia..più o meno 20 gradi e l’umidità non saprei!

….. per le annafiature regolati con il peso dei vasetti, quando sono secchi pesano molto meno, comunque cerca di procurarti qualche sistema per l’umidificazione dell’ambiente… vai sul blog e cerca la finestra di Gianni e altri articoli sulle Phalaenopsis ti saranno molto utili.
Non so se ti sono stato d’aiuto, ad ogni modo vedrai che le orchidee ti prenderanno piano piano e tutto diventerà più facile, posso pubblicare questa e-mail sul mio sito?….. magari manda una foto che evidenzi i tuoi problemi, ciao a presto, Guido.

Non so proprio cosa fare…confido in un tuo consiglio!
Grazie mille

Oh grazie! Già mi sento meglio e proprio oggi stavo osservando che la Ph. messa un pò meglio ha deciso di mettere qualche bocciolo! Dell’altra mi ero dimenticata che ha una radice che sborda dal vaso (sotto!)ed è umida nonostante non l’abbia annaffiata da una settimana….di acqua non ne do tantissima e la lascio scolare nella vasca.

…….giorgia, per la Phal. della foto sopra a sinistra, mi sà che appena i fiori se ne andranno, converrà rinvasarla. Per adesso ti consiglio di fare come ho scritto sopra, spruzza spesso le foglie e non annegare il vaso, lascia che rimanga abbastanza asciutto.

Scusa l’ignoranza, ma qual è il colletto dell’orchidea? e come me ne accorgo? e poi, come la risolvo?

… il colletto è il bicchiere che si forma al centro della foglia più giovane, che appunto, si riempie quando si bagnano le foglie. Se rimane acqua stagnante per molto tempo, l’eventuale nuovo germoglio tende a marcire e siccome la pianta cresce sempre in verticale, praticamente si blocca lo sviluppo stesso ( la Phalaenopsis che comunque vuole continuare a vivere, dovrà formare un germoglio laterale.

Per le foto ho cercato di fare il mio meglio…spero che vadano bene.Intanto
grazie tante per la rapidissima consulenza.
A presto
Giorgia

Per i vostri consigli e per i vostri problemi con le orchidee, questo blog è la vostra palestra, allenatevi!!!!

Paphiopedilum: buoni ibridi

Quel meraviglioso ibrido primario: Paphiopedilum st Swithin (rothschildianum x philippinense).

Ciao Guido, che ne dici? E`un po`sbiadita ma in controluce non posso fare meglio!!
Paphiopedilum St.Swithin ( rothschildianum x philippinense ) 3 anni in coltura.
Collezione Gianni Morello

Racconti: quando gli ibridi ti fanno brutti scherzi
Eravamo alle prime armi pardon “alle prime orchidee”, quando io e l’amico Antonio, si andava in pellegrinaggio in quel di Trieste (in via strada di Fiume) per goderci le orchidee di Nevio Ogrizovich.
Nevio, allora aveva una stupenda collezione d’orchidee e fra le chicche, primeggiava una considerevole armata di Phapiopedilum.
Le specie importanti c’erano quasi tutte e c’era anche una divisione di rothschildianum, acquistato in comproprietà con Sergio, dai soliti Tedeschi.

Ricordo che per quel rothschildianum, (stavano per finire gli anni 80), i miei amici sborsarono 500.000 delle vecchie lire: due ceppi medio piccoli, divisi troppo presto.
Ad ogni buon conto era una pianta con tanto di FCC dell’American Orchid Society e quel premio gli donava un’aureola di massimo rispetto, valore commerciale compreso.
Col passare del tempo, persi di vista le due divisioni di Paphiopedilum rothschildianum, una ( quella di Nevio) finì malamente la sua avventura terrena e l’altra prese la strada di Udine.
Dopo molti anni, quel che rimaneva della divisione udinese (poco per la verità) approdò nella mia serra: sono già due anni che fiorisce, però voglio aspettare qualche anno per poter dire se si merita la medaglia FCC.
Nella serra di Nevio c’erano anche degli ibridi importanti di Paphiopedilum, ad esempio il Paphiopedilum st. Swithin.
Il Paphiopedilum st Swithin è una pianta molto vigorosa, facile da coltivare e diversamente dai suoi genitori, soprattutto il rothschildianum, abbastanza veloce nella crescita. Praticamente, la struttura vegetativa del P. st Swithin è quasi simile al rothschildianum e la fioritura poi, può mettere in crisi anche i più esperti collezionisti.
La differenza dei fiori fra rothchildianum e st. Swithin, oltre a qualche lieve variante sulle striature, sta tutta nella diversa angolatura dei sepali, e quindi se ti piazzano il P. st Swithin in bella mostra, può anche capitare che sia scambiato per il P. rothschildianum.
Quella sera Nevio ci fece un bello scherzetto, lo indirizzò soprattutto a Toni, che innamoratissimo da sempre del P.rothschildianum, trovatosi davanti al P. st Swithin in fiore, convinto di trovarsi davanti il tanto sognato P. rothschildianum, non seppe frenare il suo stupore.
L’equivoco per la verità, durò pochi secondi e poi, messa a fuoco la situazione, scoppiammo tutti in una sonora risata.
Mi raccomando, non fatevi beccare da qualche vostro amico buontempone: il P. st Swithin fiorisce nello stesso periodo del P. philippinenense, (inverno), mentre il P. rothschildianum mostra i suoi fiori nella tarda primavera.
Trovandoci a parlare di questo stupendo ibrido primario, la sorpresa più grande è il suo vigore.
Visti i risultati che ottiene Gianni con la sua coltivazione da finestra, si può affermare che questa pianta si presta molto bene alla coltivazione domestica.

Nei luoghi d’origine, entrambi i genitori del P. st Swithin, sono solitamente più esposti a luce luminosa durante le ore centrali della giornata, a differenza delle specie chiazzate che invece si sviluppano a livelli più bassi ed ombreggiati.
Forse, ma penso che Gianni saprà svelare i suoi segreti, l’atmosfera più asciutta dell’ambiente domestico può compensare la relativa mancanza di luminosità oppure è la pianta che riesce a adattarsi con facilità alle mutate condizioni colturali.
Sappiamo che i genitori del P. st Swithin vivono entrambi ai lati delle scogliere e che ricevono obliquamente la luce del sole, quindi le condizioni della coltivazione domestica possono rispondere senz’altro positivamente a quest’orchidea.
Il grande limite di coltivazione domestica del P. st Swithin stante la sua vigorosità è lo spazio.