Nella foto in evidenza: Pleurothallis tribuloides mostra di Schio edizione 2013
La passione, sì la passione della coltivazione – si dirà – ti da’ piacere e soddisfazione. Coltivare orchidee per passione, a livello amatoriale per capirci, eleva ad emblema il concetto della soddisfazione.
La metafora della vita, che vuole gioia, ma anche dolore, spesso la si può trasporre nei sentimenti del coltivatore di orchidee, quasi il “fil rouge” che ti accompagna nel tempo, donandoti momenti di euforia legati ai successi e spezzoni amari, tristi da farti un groppo alla gola, quando un tuo errore – uno solo – distrugge anni di lavoro.
Ecco vedete, quando scrivo e riscrivo, che con le orchidee ci si deve convivere anni ed anni, coltivarle per una vita, prima di poter esibire la patente del giudicante, intendo proprio sottolineare l’imprescindibilità, quasi l’obbligo intellettuale di vivere un connubio con loro.
Solo così puoi gioire e soffrire quando ti capita di dover raccontare il declino, a volte anche la fine di un esemplare della tua collezione, un solo errore, una bagnatura fuori tempo e luogo, ha segnato la fine di una miniatura fantastica: Pleurothallis tribuloides.
Chissà perché lo vado a testimoniare, chi se ne frega dei tuoi insuccessi, dei tuoi errori, esulterà qualcuno.
L’errore.
Capita sempre quando sei troppo sicuro di te, quella pianta, memore di tanti successi, se ne stava lì tranquilla, sembrava non avesse bisogno di cure particolari: una bagnatina ogni tanto, concime se c’è, e un angolino fresco della serra.
Ed invece tracchete! Una bagnatura della serra nel tardo pomeriggio, con la speranza che prima di sera le piante si sarebbero asciugate un po’, tanto pensi – poi arriva l’aria calda del riscaldamento notturno.
Purtroppo lei rimase bagnata, il ceppo radicale tratenne troppa acqua, tanto è bastato, qualche giorno dopo una marcescenza generale fece cadere tutte, o quasi, le foglie: tragedia… persa la pianta, masticai fra me e me!
Oggi, mi è capitata fra le mani la pianta, che per più di un mese ho evitato di guardare, un po’ per vergogna, ma anche in attesa di trovare il coraggio di fare qualche cosa per lei.
Dopo una analisi sommaria ho deciso di eliminare tutta la parte ormai necrotizzata: di far pulizia e poi vedere come procedere. Ecco (foto a sinistra) cosa è rimasto.
Fatta la pulizia ed eliminato tutto il secco, davanti a me si presentava un mucchietto di piccole unità vegetative, e, come spesso accade nelle favole, ecco spuntare fra le radici vecchie, anche una in vegetazione: la vita che riparte!
Effettivamente quel che rimane della grande “miniatura” da’ diversi segni di vitalità ed anche qualche indicazione che prima non avevo mai notato: le punte vegetative delle radici sono dello stesso colore dei fiori (arancione).
Bene, la storia volge al termine, il cartellino segna la data dell’ultimo rinvaso: (1992). Quel che si poteva fare è stato fatto, di tutta la pianta son venuti fuori tre vasetti ed ora incrociamo le dita ed aspettiamo che la natura faccia il suo corso, errori permettendo!
Una dura lezione amici, ma voi che state coltivando piante che diventeranno esemplari, preparatevi al dopo ed il dopo sarà la decadenza e la fine: la vita amici!