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Consigli e scambi di esperienze sulla coltivazione delle orchidee esotiche.

Orchidee sistemate su tegole-coppo

038041Molte orchidee sono disordinate nel loro modo di svilupparsi: spesso escono dai contenitori tradizionali.

Alcune specie del genere Bulbophyllum (il nome stesso fa capire che gli pseudobulbi si formano distanziati lungo un rizoma orizzontale), quando raggiungono dimensioni da piante adulte, creano problemi nell’individuazione di una loro efficace sistemazione, sia su zattera, che su contenitori. Ed è a questo punto che, in soccorso del coltivatore di orchidee “fai da te”, interviene la sua fantasia: togli un coppo dal tetto della tua casa (si fa per dire) e costruisci il “letto” al tuo Bulbophyllum.

Questa, più o meno è l’esortazione che mi sono dato, trovandomi davanti a una delle mie piante dispettose: Bulbophyllum siamensis! Ed allora vediamola insieme la soluzione escogitata.
La mia casa è di quelle costruite anno dopo anno e pezzo dopo pezzo. Ancora non è finita, il mutuo arriva puntuale a bussare ogni mese ed ancora si pensa di ampliare! Sai (usa dire mia moglie), dobbiamo chiudere il portico e trasformarlo in una ampia veranda: e pensare che io, al posto del porticato, avrei voluto tirar fuori la mia 027serretta della vecchiaia. Ovviamente resterà solamente un sogno, la serretta! Ho fatto questa disgressione, solamente per dire che, in un immobile in continua evoluzione è normale trovare scorte di materiali edilizi quali coppi ed altre cose varie. Già, un coppo, ma cosa si può realizzare con un coppo, che possa esser utile per le orchidee? Si possono fare tante cose!

I ganci di sostegno in filo di ferro
028 Il coppo si presta bene per ospitare vari tipi di orchidee, ma va sostento ai suoi lati. Come si vede nella foto, ho risolto il problema realizzando dei supporti particolari.
I ganci in filo di ferro plastificato, abbastanza rigido, fungeranno da supporto per assolvere a due funzioni fondamentali:
1 – Poter legare l’eventuale filo o catenella che consentirà di appendere il coppo.
029 2 – Trattenere, come vedremo più avanti, i due tappi di testata che impediranno al sub strato di fuori uscire dai lati.

La realizzazione dei supporti è abbastanza facile.
Bisogna munirsi di una pinza per poter modellare il filo di ferro plastificato, di spessore che consenta, da un lato, sufficiente duttilità, e nel contempo una relativa solidità.

I supporti vanno modellati prendendo le misure a circa 3 cm dalle estremità del coppo.

Giova ricordare che il supporto sistemato nella parte più stretta del coppo, tenderà ad uscire e quindi va spinto il più possibile verso il centro; l’altro invece, che punta verso la maggiore dimensione del coppo, andrà premuto verso l’estremità maggiore dello stesso.
030Come si può vedere nella foto a fianco, “l’opera” è ultimata, il coppo è perfettamente bilanciato e pronto per le successive implementazioni e finiture.
Se come substrato si usa sfagno o fibra di varia natura, non serve tappare le estremità del coppo. Nel caso di specie,033034 avendo a disposizione un composto di bark, torba e altri ingredienti di piccola dimensione, sarà indispensabile trovare una soluzione, onde evitare la fuoriuscita del substrato.
Pezzi di corteccia di sughero, non utilizzabili per ricavare delle zattere, si prestano perfettamente a fungere da “diga” di contenimento laterale.
A questo punto il contenitore in coppo è ultimato, il drenaggio dell’acqua sarà garantito dalle fessure fra laterizio e sughero, dall’inevitabile pendenza di uno dei due lati del coppo, oltre che, dal materiale “terra cotta” con cui è realizzato lo stesso.

Sistemazione della pianta di Bulbophyllum siamensis
043 La specie da “rincoppare” è Bulbophyllum siamensis, una bella pianta da anni sistemata in vaso e ormai fuori uscita da diverse stagioni (vedi prima foto in alto).
La prima operazione da eseguire è quella di preparare il substrato sul quale poi appoggiare la pianta.
Nel nostro caso il substrato è costituito da Bark e torba di sfagno in parti uguali, da una piccola percentuale di perlite, granito e sabbia.
044Come si scriveva all’inizio del post, molte specie del genere Bulbophyllum sono, per così dire, dispettose: si sviluppano lungo rizomi estesi e stanno dentro il vaso con difficoltà. Le operazioni di rinvaso prevedono due soluzioni: forzare il rizoma adattandolo alla forma rotondeggiante del nuovo vaso, oppure assecondare la pianta, sistemandola su di un “letto” lungo e stretto. L’idea del coppo nasce proprio per soddisfare questa seconda opzione.

Riempitura del “letto” e bloccaggio degli pseudobulbi.
047048055 Siamo ormai alle operazioni di finitura. Ora si può procedere alla riempitura del letto, aggiungendo composto (lo stesso di prima), fino a coprire leggermente i rizomi orizzontali, avendo cura di lasciare scoperti eventuali nuovi germogli e tutta la struttura degli pseudobulbi vecchi.

Il portamento disordinato dei rizomi della pianta ci obbliga a tenerli ancorati al substrato.

Una soluzione semplice ed efficace può essere quella di creare delle “pseudo molle” in filo di ferro di piccola sezione, da posizionare sopra i rizomi sporgenti, ancorandole poi ai lati del coppo.

Eccoci, la foto a sinistra vi mostra il risultato finale: la pianta è ben sistemata, ha già goduto di una doccia purificatrice, il coppo è abbastanza umido da garantire una costante cessione di umidità. Sarà mia cura appenderla in una parte ombreggiata della serra.

Nota finale
Per realizzare questo articolo ho dedicato 6 ore della mia giornata domenicale: 2 ore per preparazione del coppo e rinvaso, le rimanenti 4 ore per costruire la sequenza dell’impaginazione e della scrittura: speriamo ne sia valsa la pena.

Cattleya maxima… quei pochi pseudobulbi dimenticati sui bancali della serra

051Eccoli, chi direbbe mai, eppure quello che vedete in foto ha trascorso tutta l’invernata abbandonato in un angolo fra i bancali della serra: trattasi di alcuni rtetrobulbi di Cattleya maximaa radice nuda “eufemismo”, magicamente fioriti.

Eravamo in autunno quando decisi di “risistemare” l’esemplare di Cattleya maxima,abbarbicato ai montanti della serra, in evidente sofferenza a causa delle continue aggressioni delle lumache.
Le operazioni di rinvaso consentirono di rigenerare due piante in vaso. Come sempre accade quando si rinvasano orchidee, alla fine rimane sempre qualche porzione e/o qualche retrobulbo.

Come capita nelle cucine dei migliori cuochi, anche con le orchidee è buona abitudine non buttare mai via nulla. Arriva sempre qualche amico a cui regalare qualche divisione, ma questa volta gli pseudobulbi avanzati sono rimasti nascosti per qualche mese, e finalmente, questa mattina la scoperta!

La foto degli pseudobulbi: The lost orchid.
041040Quasi a volermi scusare con questa famosa specie, ho voluto condividere qualche foto con voi che mi leggete.
Nel fotografare i retrobulbi fioriti e già gravidi di nuove vegetazioni, la mia mente non poteva non andare alla storia di William Cattley,per certi aspetti tanto simile a questa mia piacevole scoperta matutina.

I fiori non sono ancora del tutto aperti, forse nemmeno riusciranno ad aprirsi; è troppo debole la pianta, ma faranno sicuramente in tempo a mandare qualche messaggio agli appassionati orchidofili.
Il più importante sarà questo: trattami con umiltà, non importa se sono la parte più vecchia della pianta, non importa se non valgo tanto quanto qualche nuova orchidea, rispettami come fossi appena giunta nella tua serra, se ti sono di troppo donami a qualche tuo amico, mi farai vivere per sempre.
Hai ragione, cara amica mia. Qualche amico che ti accoglierà lo troveremo sicuramente, anzi, ora che sei popolare potrai anche scegliere!

Slc. Vallezac ‘Magic Fire’ AM/AOS

Nella foto in evidenza: Slc. Vallezac ‘Magic Fire’ AM/AOS – in fiore oggi nella collezione Rio Parnasso – 16.06.2016

Questo incrocio compie 56 anni, ma la sua magia è ancora insuperabile.
Slc. Vallezac (01/01/1960).
(C. Golden Gate x C. Anzac).
C. Golden Gate = C. S. J. Bracey x C. Isotta (1/1/1954).
C. Anzac = C. Marathon x C. Dominiana (1/1/1921).

Nelle foto è rappresentato il cultivar: Slc. Vallezac ‘Magic Fire’ AM/AOS

Sul finire degli anni 50 furono ibridate (Lc. Golden Gate x Slc. Anzac), seguirono le prime semine e dopo qualche anno si poterono ammmirare le prime fioriture, tutte eccezionali!
Le più belle furono registrate con vari nomi di cultivar:
Slc. Vallezac ‘Evelyn’ AM/AOS.
Slc. Vallezac ‘Billy Miles’ AM/AOS.
Slc. Vallezac ‘Magic Fire’ AM/AOS 1989.
Slc. Vallezac ‘Red Beauty’
Slc. Vallezac ‘Red Stone’ HCC/AJOS.
Slc. Vallezac ‘Camp Hill’ AM/AOS 1969.
Slc. Vallezac ‘Orlando’s Best’ HCC/AOS 1970.
Slc. Vallezac ‘Tropic Sunset’ HCC/AOS 1973.
Questi cultivar furono successivamente usati per nuove ibridazioni, ma senza grandi risultati.

Note sulla progenie:

Il primo incrocio dal quale discende Slc. Vallezac risale al 1856 (C. dowiana x C. warscewiczii). Nel tempo, altre specie di Cattleya e di Laelia, hanno contribuito a comporre il DNA di questo incrocio, ad esempio: L. tenebrosa, L. purpurata, C. bicolor, C. lueddemanniana, C. Iris, C. mossiae, finalmente nel 1902 arriva la prima ed unica Sophronits (Soph. coccinea).
E’ impressionante notare come la permeanza del colore rosso, nell’incrocio che ha dato vita a Slc. Vallezac, sia determinata solamente dalla presenza nell’albero genealogico, della specie Sophronitis coccinea.

Cattleya Mrs. Mahler ‘Mem. Fred Tomkins’ AM/AOS

Ibridi, storie, avventure e curiosità

C. Mrs. Mahler ‘Mem. Fred Tomkins’ AM/AOS
c_mrs_mahler_mem_fred_tomkc_mrs_mahler_mem_fred_tomki
Analizzando i fiori di questo incrocio appare evidente che i suoi genitori devono appartenere al gruppo delle Cattleyae bifoliate e all’evidenza, uno dei due non può che essere C. guttata.
Già, C. guttata o C. leopoldii … e sì perchè, seppur simili, presentano caratteristiche diverse.
C. guttata è una specie abbastanza comune nelle coltivazioni, tutti abbiamo probabilmente letto questo nome in numerose occasioni, ma abbiamo mai visto il fiore? Tra le bifoliate C. guttata è tra le più facili da confondere… sembra che qualsiasi pianta bifoliata, alta e con fiori maculati sia Cattleya guttata, ed invece, molto spesso è C. leopoldii.
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Da Ginevra a Copenaghen, 3 anni di speranze e prime interferenze

Link al primo post

I lusinghieri risultati di Ginevra, entusiasmarono l’amatorialità orchidofila italiana.

Nonostante i successi europei, l’orchidofilia italiana continuava a dare segnali di perdurante ed inspiegabile distinguo, sia interno che esterno alle Associazioni, vedi il Lazio diviso in due Associazioni locali e la Lombardia addiritura con tre, ad ogni buon conto si notava una generale volontà a far crescere la passione per le orchidee.
A quell’epoca le orchidee botaniche e soprattutto gli ibridi commerciali, costavano una cifra ed i garden non avevano ancora fiutato l’affare delle mostre mercato autogestite.
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