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Dendrobium chrysotoxum: scheda
Bagliore giallo
Dendrobium chrysotoxum Lindley 1847
Sezione: Callista
Sinonimi: Callista chrysotoxa (Lindl.) Kuntze 1891- Callista suavissima Kuntze 1891- Dendrobium suavissimum Rchb.f 1874
Specie botanica epifita, con pseudobulbi fusiformi portanti foglie (4-5) apicali, lanceolate. E’ nativa della Birmania, Laos, Tailandia, Cina e India.
Nelle nostre collezioni Europee il Dendrobium chrysotoxum fiorisce in primavera: Aprile-Maggio.
Questo generosissimo Dendrobium è conosciuto anche come “Orchidea di Dai”
Nello Yunnan, Cina del Sud, vive la minoranza culturale “Dai” di religione buddista, che ama molto i fiori. I loro fiori preferiti sono quelli del Dendrobium chrysotoxum , perchè propongono il colore giallo/arancione, lo stesso della loro religione e fioriscono esattamente nel periodo delle feste d’Aprile.
Le popolazioni di quelle terre coltivano con passione, esemplari di Dendrobium chrysotoxum , sistemandoli sui tetti delle loro case e sui rami degli alberi: immaginate che botta di colore e luce.
Questa specie botanica è veramente resistente e molto duttile: può tollerare una vasta gamma di situazioni climatiche e colturali.
I coltivatori smaliziati dicono: “Procurati una pianta di Dendrobium chrysotoxum , per metà anno bagnala a volontà, l’altra metà dell’anno tienila secca, ma sempre in piena luce e vedrai sempre bellissime fioriture, che dureranno quasi un mese intero.”
Proprio così non è…ma poco ci manca: l’esemplare della foto rimane appeso nella parte alta e luminosa della mia serra tutto l’anno con poca acqua durante la fase del semi riposo, più abbondante nei mesi che precedono la fioritura e, poco fertilizzante.
In coltivazione si consiglia di tenere quest’orchidea in vaso: nei luoghi d’origine si sviluppa bene in magri anfratti rocciosi o sugli alberi.
Dendrobium, facili o difficili?
Un genere con oltre 1500 specie, tanto desiderate, temute e poco conosciute.
E’ assai difficile descrivere con semplicità e completezza le orchidee appartenenti al genere Dendrobium.
Questo genere assume il nome Dendrobium nel 1799 con la descrizione del botanico Svedese Olof Swartz (1760-1818), pubblicata su (Nova Acta Regiae Societatis Scientiarum Upsalensis ser. 2, 6: 82 (1799).
L’appellativo deriva dalla combinazione di due parole greche (dendron = albero e bios = vita) a significare la vocazione epifitica di gran parte delle specie appartenenti a questo genere (vita sugli alberi).
All’inizio erano note poche decine di specie, ora oltre 1500 e questo genere è uno dei più numerosi nella famiglia delle orchidee, la specie tipo è: Dendrobium moniliforme.
Il genere Dendrobium è presente in tutto il Sud Est Asiatico e nel continente Australe. E’ un genere molto complesso, sia per la forma e dimensione delle sue piante, che per esigenze biologiche e vive in habitat molto diversi, dalle pianure basse alle alte foreste umide.
Collezione Guido De Vidi
Ci sono specie piccolissime, 5 centimetri ed altre enormi con fusti lunghi anche 4 – 5 metri, alcune hanno foglie caduche piuttosto che teretiformis e molte invece sono sempre verdi, disposte in sequenza distica oppure a foglia singola.
Le infiorescenze dei Dendrobium possono essere laterali, subapicali o apicali, munite di pochi fiori oppure con fitti pannicoli a forma di spazzola.
Questa breve introduzione del genere Dendrobium lascia subito intendere quanto è difficile cimentarsi nella coltivazione e non da ultimo anche nello studio scientifico.
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Keiki: le orchidee da bambine
Le orchidee si riproducono naturalmente: per impollinazione dei loro fiori, per filiazione e per divisione.
La parola “Keiki” è entrata nell’uso comune per indicare la filiazione delle orchidee.
La parola “keiki” è di origine hawaiana e significa letteralmente: “quello piccolo” o bambino. Con il termine Keiki, si individuano i figli che si sviluppano sui nodi (gemme dormienti) degli steli fiorali o degli pseudobulbi delle orchidee.
Keiki su stelo di Oncidium.
Alcune analisi sul fenomeno della filiazione delle orchidee.
Keiki su stelo di Aerangis biloba.
Stabilita l’origine e conosciuto il significato della parola “keiki”, arrivata a noi dai grandi ibridatori hawaiani di Dendrobium, Yamamoto, e da noi usata con facilità perchè sintetizza bene il concetto della riproduzione delle orchidee per filiazione, cerchiamo ora di capire questo sistema riproduttivo, tipico delle orchidee.
Il sistema vegetativo delle orchidee si divide in due tipologie: monopodiale e simpodiale. L’orchidea a sviluppo monopodiale vegeta in un unico fusto, attorno al quale, a partire dalla sua base, si forma un esteso apparato radicale. L’epiteto deriva dalla composizione di due parole greche, “mono” e “podio”.
Vanda suavis
L’orchidea monopodiale Vanda, (vedi foto a sinsistra), normalmente cresce in altezza senza formare cespi, ma quando la pianta si trova in buone condizioni ambientali decide di emettere delle nuove vegetazioni nodali ai lati del fusto, che si organizzano velocemente con un proprio apparato radicale; questi sono figli e se vogliamo possiamo anche chiamarli keiki.
Brassavola nodosa
Lo sviluppo vegetativo delle orchidee, chiamato simpodiale (vedi foto a sinistra), si sviluppa su più podi e struttura la pianta con unità vitali autosufficienti (pseudobulbi o fusti) lungo un rizoma orizzontale che in certi casi si divide in più direzioni. Le orchidee a sviluppo simpodiale o cespitoso, formano un blocco divisibile in tanti pezzi utosufficienti, ma non siamo in presenza del fenomeno della filiazione, bensì di una semplice riproduzione per divisione.
Keiki su pseudobulbo di Dendrobium.
Questo secondo gruppo di orchidee si è organizzato per generare figli, e lo fa in particolari condizioni, attivando delle unità vitali autosufficienti nelle gemme dormienti degli pseudobulbi (Dendrobium, Cattleya, Cyrtopodium ecc), oppure nei nodi degli steli fiorali di quelle che non possiedono pseudobulbi (Oncidium equitanti, Aerangis ed altri).
La filiazione delle orchidee è particolarmente evidente e comune, nei generi Dendrobium e Phalaenopsis. In alcune specie di Dendrobium, ad esempio Nobile ed ibridi derivanti; purtroppo il fenomeno si manifesta anche involontariamente ed è spesso motivo di delusione degli appassionati.
In precedenza si era affermato che la filiazione avviene in particolari condizioni vegetative e per l’appunto, con i Dendrobium, che richiedono il classico periodo di freddo/secco, se involontariamente si forza o si altera il loro normale ciclo vegetativo, le gemme nodali già pronte per emettere le infiorescenze, decidono che è più semplice ed utile produrre nuove piante.
Questo non avviene solo nelle orchidee, tutti conosciamo Chlorophytum (pianta ragno) che sviluppa comunemente le nuove piante lungo le vegetazioni avventizie.
Phalaenopsis con stelo fiorale secondario.
Il genere Phalaenopsis attiva un trucco simile sui nodi posti lungo gli steli fiorali dove possono svilupparsi nuovi getti laterali. Lungo lo stelo fiorale si possono notare dei piccoli nodi appena pronunciati, in circostanze normali queste piccole brattee rimangono dormienti ed inutilizzate, appena terminata la normale fioritura possono manifestarsi due fenomeni vegetativi: da una o più gemme dormienti ripartono dei nuovi steli fiorali secondari, oppure si formano nuove piantine.
In quest’ultimo caso siamo in presenza del famoso “keiki” e cioè una piccola pianta, che si sviluppa da uno dei nodi lungo il gambo principale. Il motivo di questa specifica induzione vegetativa è determinato da una consistente l’accumulazione di ormoni dello sviluppo, questo processo chimico può essere naturale, oppure indotto con la “colla di keiki”, una soluzione concentrata degli ormoni di sviluppo. Le nuove piante formatesi in questo modo, possono rimanere attaccate alla pianta madre finché non avranno sviluppato un buon apparato radicale: generalmente. dall’induzione al momento della separazione, potranno trascorrere anche sei mesi.
Una volta staccate, le nuove piantine andranno sistemate in vasi oppure supporti di legno duro e ruvido, con le stesse modalità in uso nei normali rinvasi delle piante madri.