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Parole chiave… Orchids.it visto da dentro

Nel 2004 quando è nato questo blog, il panorama orchidofilo italiano sul web era abbastanza diverso da quello attuale.
L’idea di “parlare di orchidee” attraverso un blog – strumento che per definizione è da considerarsi diario personale – fu per certi aspetti una scelta innovativa ed inevitabili furono le incognite dei primi tempi: come mantenere vivo un filo così esile – il tema orchidee non attira l’attenzione delle folle – e soprattutto, riuscirà questo nuovo strumento a stabilire un dialogo con i suoi visitatori?
Gli anni a seguire hanno dato conferme positive: orchids.it, non solo è diventato meta di frequenti e continue consultazioni, che poi vedremo nel dettaglio, ma è stato ed è anche luogo di unione reale fra appassionati orchidofili… e questo, a ragion veduta è la linfa che lo tiene vivo nel tempo che cambia.
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Coltivare le orchidee con passione… un po’ di satira ironica e qualche consiglio

Orchidee, che disperazione!
Generalmente l’incontro con le orchidee comincia per caso, a volte anche senza cercarle.
Si dice che agiscano come un virus che si insinua nella mente per portarla lontano, lontano.
Sono loro a dettare l’agenda. Sono loro a decidere se sei adatto alla loro proliferazione, sono loro a capire se possono vivere in simbiosi con te.
Se il virus non attecchisce, loro se ne vanno presto dalla tua vita, ma se incontrano terreno fertile ti trovi ben presto legato al loro mondo fantastico, quel mondo che da secoli toglie sonno e soldi a generazioni di appassionati. Senza distinzione di casta, ovviamente.

Una febbre antica
La febbre per il collezionismo orchidofilo nasce qualche secolo fa. Agli inizi sono stati i ricchi ed i nobili a farsi catturare dalla folle passione per tutto quanto faceva “esotico” e le orchidee hanno rappresentato l’iperbole della loro follia.
Storie romantiche, scandali, tragedie, sotterfugi e miti ormai relegati nei vecchi libri di qualche biblioteca, hanno segnato tutto il percorso storico delle orchidee coltivate, fino ad arrivare ai nostri giorni.

Ora è facile, quasi banale procurarsi orchidee da collezione o più semplicemente da coreografia ambientale: internet toglie anche il piacere di sceglierle tra le tante specie esposte nei banchi dei produttori, ciò nonostante quel virus mutante, continua ancor oggi a far – metaforicamente- strage di orchidofili e di orchidofile.
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Dendrobium striolatum

Eccoci nuovamente con una specie davvero particolare tanto da essere, per la forma “grassa” delle sue foglie, scambiata anche per una succulenta (Carpobrotus glaucescens). Le sue foglie infatti dalla forma tubolare e dalla terminazione appuntita la rendono somigliante a questo tipo di piante. Seppur non comunissima, questo tipo di foglia si definisce teretiforme, un altro esempio di pianta con questa caratteristica forse più familiare agli orchidofili è la Brassavola nodosa.

Dendrobium striolatum

Il Dendrobium striolatum Rchb.f., Hamburger Garten- Blumenzeitung 13: 313 (1857) presenta i seguenti sinonimi:
Homotipici:
Callista striolata (Rchb.f.) Kuntze, Revis. Gen. Pl. 2: 655 (1891).
Dockrillia striolata (Rchb.f.) Rauschert, Feddes Repert. 94: 447 (1983).
Heterotipici:
Dendrobium teretifolium Lindl., Edwards’s Bot. Reg. 25(Misc.): 32 (1839), nom. illeg.
Dendrobium milliganii F.Muell., Fragm. 1: 88 (1858).
Dendrobium striolatum var. beckleri F.M.Bailey, Syn. Queensl. Fl., Suppl. 1: 55 (1886).
Dockrillia striolata subsp. chrysantha D.L.Jones, Austral. Orchid Res. 3: 9 (1998).
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REWIND: Prodotti per il rinvaso delle orchidee

Composti per il rinvaso delle orchidee

Posto che il contenitore o il supporto per mettere a dimora un’orchidea sia stato già scelto, si pone il problema del tipo di substrato da usare.
Ad esempio, la foto a sinistra mostra una piantina di Angraecum disticum sistemata con molta fantasia in un guscio di cocco svuotato, forato alla sua base e rimpinguato con fibra d’osmunda e sfagno.

Ci sono diversi composti disponibili per il rinvaso delle orchidee: dalla corteccia d’abete alle miscele composte in più di sette combinazioni tra roccia, corteccia, materiali inerti, carbone di legna e fibre.

Caratteristiche dei prodotti
Le caratteristiche più importanti che tutte le soluzioni di rinvaso delle orchidee devono avere, sono:
– Capacità di trattenere acqua.
– Capacità di trattenere le sostanze nutrienti.
– Permettere il drenaggio dell’acqua di bagnatura.
– Permettere che la superficie delle radici delle orchidee aderisca e si attacchi.
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Bulbophyllum lasiochilum

Originato da una piccola divisione di alcuni bulbi, questo Bulbophyllum proviene dalla collezione di Guido, il quale il giorno che me lo diede lo osservò e non trovando l’etichetta sulla pianta “madre” mi disse: “tu etichettalo come Bulbophyllum vaginatum e quando fiorirà fammi sapere se il nome è corretto”.
Paziente come il ragno che tesse la sua tela, e dopo un annetto abbondante di amorevoli cure, eccolo finalmente giunto alla sua fioritura.
La sorpresa/delusione (mi sarebbe piaciuto il B. vaginatum che mi ricorda tanto il B. medusae, ma e comunque un B. bello ed intrigante) è stata quella di scoprire che il Bulbophyllum in oggetto è il bellisimo B. lasiochilum.

Questa è la forma gialla, ne esiste una più diffusa i cui tre petali superiori e la colonna sono di un colore bruno scuro, la sua distribuzione si estende dal Myanmar (ex Birmania) sino alla Penisola Malese.
Non di rado accade che nel meraviglioso mondo delle orchidee il fiore sia di pari dimensioni se non maggiore della pianta, in questo caso le dimesioni del fiore, singolo, e della rispettiva pianta si equivalgono.
La parte superiore del labello prossima al congiungimento con la colonna è ricoperta di una fitta peluria bianca, mentre il labello è diviso in due nel mezzo, i due lobi che si formano possono assumere diverse forme…dalle punte convergenti (come nel mio caso sopra) a quella parallela, per arrivare a quella in cui le due estremità si incrociano (immagini sotto).

Il nome del genere Bulbophyllum deriva dal greco antico combinato con il latino bulbos=bulbo e phyllon=foglia, ad indicare l’aspetto “bulboso” delle foglie che contraddistinguono questa specie. Il nome della specie, lasiochilum (ed in generale anche nelle altre due desinenze -us e -a), derivante anch’esso dal greco antico combinato col latino, significa labbro/labello ben ricoperto di peli.
In coltivazione io lo coltivo in zattera di sughero con un sottile pane di sfagno alla base. Posto nella parte più luminosa della serra ( 🙂 ora anche io lo posso dire!) viene lasciato asciugare tra una bagnatura e l’altra e viene concimato senza regolari cadenze con concime bilanciato 20-20-20