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Phragmipedium kovachii…chi l’ha visto?

Son trascorsi 8 anni dalla scoperta di un nuova spece peruviana di Phragmipedium che porta il nome del suo scopritore, o meglio, il nome di chi lo importò (illegalmente) negli USA.

La specie protagonista di questo racconto è: Phragmipedium kovachii

Phrag. kovachii è stato scoperto da Faustina Medina Bautista nel mese di ottobre del 2001, nei pressi della sua fattoria vicino a Moyobamba Chachapoyas nel nord del Perù.
Phrag. kovachii appare per la prima volta in pubblico (illegalmente) il 17-19 Maggio 2002 nella Mostra Internazionale Redland Orchid a Miami, in Florida, in uno stand di un espositore peruviano non specificato, che lo pone in vendita a $ 10.000 per pianta.
Pochi giorni dopo, il 26 maggio 2002, l’americano J. Michael Kovach (Virginia), fiutando l’affare, si reca in Perù e, fra le altre, acquista 3 piante di questa nuova specie di Phragmipedium da Bautista al suo chiosco sistemato lungo la strada in località chiamata ” El Progresso”.
Al suo ritorno negli Stati Uniti, Kovach, porta una delle piante a Marie Selby Botanical Gardens a Sarasota in Florida, era 5 giugno 2002.
Immediatamente, due membri dello staff di Selby ‘Orchid Identification Center, JT Atwood & S. Dalstron, e un critico peruviano, R. Fernandez, procedono alla descrizione formale che uscirà di lì a poco – il 12 giugno 2002 come supplemento alla pubblicazione scientifica ‘Selbyana Gardens.
Anche Eric Christenson era in corsa per pubblicare la descrizione di questa specie, ma arrivò cinque giorni dopo, il 17 Giugno 2002.

La scoperta di questa orchidea, una storia intrisa di ego e corruzione
Sì perché sono loro, le maliarde, la possibilità di averle per se, di dar loro il proprio nome e di entrare nella storia del loro mondo stregato, a catturare totalmente collezionisti e scienziati.
Il collezionista vuole possederle, domarle e per ottenere ciò è disposto a compiere qualsiasi azione. Il suo portafoglio si dilata ed il valore delle orchidee tanto desiderate diventa accessorio ininfluente.
Lo studioso invece le cerca, le descrive, le battezza con il proprio nome e per raggiungere questi obiettivi compie azioni al limite e qualche volta anche oltre la legalità.
E’ in questo mondo fatto di tanti milioni di Euro, che “navigano” cercatori di orchidee, raccoglitori e commercianti.
Molti scrittori hanno speso fiumi di parole per dare una ragione al fatto che, persone altrimenti razionali, siano portate a tali estremi dalle orchidee.
“Quando un uomo si innamora delle orchidee, lui farà di tutto per possedere quello che vuole ‘”, nel 1939 Norman McDonald ha scritto nel suo libro I cacciatori di orchidee “E ‘come inseguire una donna dagli occhi verdi o prendere la cocaina, è una sorta di follia”.
Le orchidee non sono solamente un ossessione botanica. Sono anche un’industria di oltre 2 miliardi di euro l’anno, cioè, il business dei fiori più redditizio in tutto il mondo. Questo è solo l’aspetto legale del business. Nessuno sa quanti soldi vanno nel commercio illegale.

Il commercio illegale
Da sempre, le figure, che ruotano attorno a quella sottile linea che divide la legalità dall’illegalità, danno vita a storie fantastiche e misteriose, qualche volta anche delle vere e proprie saghe.
Questi misteri sono ben descritti nel libro di Eric Hansen “ orchid fever”, un racconto ben strutturato, d’amore, lussuria e follia, il cui filo conduttore è appunto la corsa spasmodica alla caccia di orchidee rare.

In ogni epoca la scoperta di nuove orchidee ha scatenato passioni e rancori.
Sono state devastate foreste e sterminate piante nel loro ambiente naturale. Immutabilmente gli uomini hanno fatto follie per possedere un’orchidea e gli scienziati si sono scontrati per darle un nome.
Ancor oggi accadono storie fatte di rancore e di lotta per il potere fra personaggi del mondo orchidofilo.
Voglio raccontarvi gli effetti di una battaglia contemporanea maturata all’insegna dell’ego e della corruzione, una storia degna di essere menzionata in un eventuale tomo 2 del libro ”orchid fever” di Eric Hansen.
La saga del Phragmipedium kovachii.
La storia purtroppo comincia, quando questa nuova orchidea è già seriamente in pericolo di estinzione in sito.
Particolare ricavato da una foto di EricaMoron
La saga che vede involontario protagonista il Phragmipedium kovachii, ha inizio nel maggio 2002. E’ in quel tempo che Faustino Medina, forse preoccupato dai clamori che la mostra di Miami ha suscitato con la sua orchidea dai magnifici fiori color violetto, si precipita a comunicare la scoperta a dei botanici peruviani che visibilmente entusiasti, convinti di trovarsi davanti alla più grande scoperta botanica degli ultimi 100 anni, la dichiarano nuova specie di Phragmipedium peruviana.

Foto gentilmente concessa a orchids.it da Manolo Arias

I botanici Peruviani sanno però, che per ottenere risonanza (pubblicazione su giornali scientifici di livello internazionale) bisogna che la nuova pianta sia descritta da studiosi qualificati e riconosciuti dal mondo orchidofilo.
La pianta quindi deve essere descritta anche da specialisti stranieri. Vista la consolidata collaborazione, i Peruviani pensano di inviarla all’Americano Eric Christenson, che collabora con l’A.O.S. ma i Phragmipedium sono inclusi in prima appendice del CITES, e la loro esportazione è severamente regolamentata. Questa pianta però, non avendo ancora un nome non può essere legalmente esportata fuori del Perù in nessun modo.
Il famoso tassonomista Americano Eric Christenson, viene a conoscenza della scoperta.
I botanici Peruviani risolvono il problema inviando foto e descrizioni della pianta ad Eric Christenson negli Stati Uniti che prepara un articolo sul nuovo Phragmipedium peruviano per la rivista “Orchids” (mensile dell’American Orchid Society), la pubblicazione è prevista per il 27 giugno 2002.
…. E vissero felici e contenti, il Perù assegna il suo nome ad una magnifica nuova orchidea ed Eric acquisisce altra notorietà nel mondo scientifico internazionale, no! Come in tutte le storie c’è sempre il terzo incomodo che si mette di traverso.

Michael Kovach acquista 3 piante di Phragmipedium dai grandi fiori viola.
Moore, cacciatore veterano di orchidee – ha speso un quarto di secolo a camminare in giro per le giungle del Sud America -, raccogliendo di tutto, comprese nuove specie di orchidee, alcune delle quali sono ora a lui nominate. Lui e sua moglie peruviana, Chady, vivono nei paraggi di Miami (USA), ma sono spesso in Perù dove possiedono un un vivaio di grandi dimensioni, vicino alla città di Moyobamba. Arroccato sulle Ande, Moyobamba è conosciuta come “La Città delle Orchidee”, perché tante specie crescono spontaneamente nelle campagne circostanti.
Nel 1996, volando di nuovo a Miami, Moore ha incontrato Kovach. Hanno cominciato a parlare di orchidee e ed è sbocciata presto l’amicizia.
Del suo amico Kovach, Moore ricorda – “Mi ha detto una volta, ‘Lee, sei famoso, perché hai un sacco di piante che portano il tuo nome. Vorrei poter avere una nuova specie a me intitolata”.
Nel 2001, Kovach, in uno dei suoi viaggi in Perù fece una sosta fatale in uno stand lungo la strada, dove vide alcune orchidee in vendita che lo affascinavano. Ma non erano in fiore, così lui non le acquistò.
Un anno dopo, nella primavera del 2002, Moore e Kovach si accordarono per tornare in Perù. Sullo stesso aereo, oltre a Moore c’erano Kovach, la moglie, Barbara Ellison, ed un fotografo professionista. Pare che l’obiettivo comune fosse quello di avviare un grande vivaio in società, ma manca qualsiasi conferma.

Il 26 maggio 2002, Kovach è nuovamente in Perù e questa volta assume un un conducente per andare a caccia di orchidee.
Kovach percorre in taxi una strada di montagna alla ricerca di orchidee endemiche delle Ande, che gli abitanti della zona vendono ai bordi dei sentieri. Strada facendo, il suo autista Jose Mendela racconta di aver visto in certi luoghi, degli esemplari fuori del comune.
Kovach, che non è l’ultimo arrivato nel mondo delle orchidee, si fa accompagnare in quel posto già noto. Sono le 3:30 pm, quando giungono nel luogo della mappa chiamato El Progresso, sul ciglio della strada, scorge lo stesso stand visitato l’anno prima.
Kovach sceglie un un paio di orchidee sistemate sopra il tavolo gestito da due giovani locali (fratello e sorella). Ad un certo punto la donna va a prendere alcune piante particolari da dietro l’edificio. Torna rapidamente cullando tre vasi contenenti piante con grandi fiori rosa scuro..
Kovach rimane incantato – i fiori sembravano appartenere a qualche specie di Phragmipedium, ma non si era mai visto nulla di simile – troppo grandi e troppo colorati.
Il prezzo: 3,60 dollari a testa, più di sette volte quello delle normali piante esposte allo stand – prendere o lasciare. Kovach le acquistò tutte e tre a prezzo intero.
Al suo ritorno, Kovach andò subito a trovare il suo amico Moore. Quando mostrò la pianta, questi rimase stordito… il collezionista veterano si ricordò che Kovach bramava di avere un’orchidea con il suo nome e disse – “Questa è la tua occasione… hai trovato la tua grande pepita d’oro.
Si pone subito il problema dei permessi, ma Moore dice che in tutti i suoi anni di spedizione di orchidee a Selby per l’identificazione, “Nessuno ha mai detto nulla sui permessi”. Così, quando Kovach chiede cosa fare con la sua scoperta, Moore lo consiglia di recarsi da Selby.
Quali pensieri abbiano attraversato la mente di Kovach in quel momento, è facile immaginarlo: egli vede già il suo nome in bella mostra nei libri scientifici, vuole che la pianta porti il suo nome, a qualsiasi costo.
Decide di lasciare a Moore 2 delle 3 piante e la terza la nasconde per bene in un tubo e la infila nella sua valigia per portarla negli USA.

L’Istituzione Americana “Marie Selby” riceve la pianta da Kovach
Giunto nel suo paese Kovach, si reca ai giardini botanici di Marie Selby in Sarasota Florida. Selby è un’Istituzione americana senza scopo di lucro, potente e rispettata.
Questa Istituzione, pubblica anche una sua rivista scientifica (Selbyana), possiede inoltre una delle collezioni di orchidee più importanti del mondo e si avvale del maggior numero di tassonomisti certificati dall’AOS. Selby descrive e documenta una decina di nuove specie di orchidee l’anno.
Kovach consegna la pianta ai giardini botanici di Marie Selby e non chiede denaro in cambio, accorda solamente che il nuovo Phragmipedium venga battezzato con il suo nome.
Per descrivere la nuova orchidea portata da Kovach si riuniscono due esperti di Selby (John T. Atwood e Stig Dalstrom) con Ricardo Fernandez (responsabile delle orchidee al museo di storia naturale di Lima in Perù). La pianta è ufficialmente battezzata Phragmipedium kovachii. Il 12 giugno2002, Selby pubblica l’articolo in un’edizione speciale del suo giornale ed anticipa così di 2 settimane la pubblicazione dell’articolo di Erik Christenson su “Orchids”.
Questi i fatti, Kovach realizza il suo sogno e pur non conoscendo nulla di questa orchidea (habitat, coltivazione e agenti impollinatori) è ufficialmente lo scopritore di questa nuova orchidea. Costo della notorietà raggiunta, 7 dollari USA messi nelle mai callose di una povera ed ignara contadina Peruviana, che come tante altre di quel paese, raccoglie e vende orchidee endemiche lungo le strade, per arrotondare le sue magre risorse.
La storia non finisce qui, anzi siamo solamente agli inizi. Il clamore suscitato nell’ambiente orchidofilo da questa scoperta, amplificato negativamente dalla disputa fra i due giganti (Selby e Christenson) comincia a mietere le prime vittime, soprattutto da il via ad una spasmodica raccolta di tutte le specie presenti nel sito scoperto, che porta velocemente all’estinzione del nuovo Phragmipedium.
Selby corre ai ripari. La sua direzione pur declinando inizialmente qualsiasi responsabilità nella vicenda, rinvia immediatamente l’esemplare in Perù (purtroppo anche in quest’azione apparentemente riparatrice s’insinua il giallo, uno degli esperti, John Atwood, prima di consegnare la pianta, la divide e porta con se un ceppo nel Vermont).

E’ troppo tardi ormai: la guerra è dichiarata.
Le autorità Peruviane inoltrano formale accusa: esportazione illegale di orchidee protette dalla convenzione di Washington, contemporaneamente si attiva anche la polizia Americana con la mobilitazione delle sezioni abilitate alla difesa della flora e fauna in pericolo d’estinzione.
Kovach, Selby, ed altri importatori Americani di orchidee sono indagati.
La pianta trovata presso John Atwood è confiscata e Selby dichiara la sua responsabilità, dopo aver negato per mesi…..
Nel frattempo in Perù, migliaia di P. Kovachii sono raccolti illegalmente.
I primi due siti conosciuti che ospitavano il Phragmipedium dai grandi fiori viola, sono stati totalmente sterminati in breve tempo…addirittura distrutti per far aumentare la loro rarità.
Le piante raccolte sono intanto commercializzate illegalmente anche sul mercato Europeo a 1000 dollari USA l’una, e raccolte in Perù (per esempio presso Karol Villana che possiede”Vivero Agroriente”) nell’attesa di tempi migliori. Molte piante sono anche morte.

Il botanico Harold Koopowitz ispeziona i siti di Phragmipedium. kovachii
Intanto una spedizione di Harold Koopowitz scopre una terza colonia di P. kovachii e la scoperta è oggetto di un lungo articolo di denuncia nella rivista “Orchid Digest” (numero di Ottobre, Novembre e Dicembre 2003).
In quest’occasione le autorità peruviane accordano un permesso speciale ad un produttore locale (Alfredo Manrique Sipan), consentendogli di prelevare 5 piante da questa colonia al fine di riprodurre artificialmente il Phragmipedium. kovachii.
Ufficialmente, solo i figli di queste 5 piante di P. kovachii potranno essere commercializzati legalmente, ciò significa che passeranno molti anni prima di poter vedere Phragmipedium kovachii in Europa.
Tutto quel che appare nel frattempo è illegale.
La località del sito fotografato da Koopowitz è stata tenuta ufficialmente segreta….ciò nonostante, la razzia di potenti organizzazioni di trafficanti abusivi, con la benedizione delle autorità peruviane, ha già saccheggiato anche questo ed altri tre nuovi siti.
Di questo scempio, Josè Mendoza, Lee Moore e altri sono i veri mattatori. I Peruviani, in cambio di questo saccheggio che li vede primi artefici, ricavano ben poco.
Sembra che Kovach e Selby siano stati condannati a pagare somme abbastanza irrisorie più qualche condanna accessoria. Su questo versante sono in corso roventi polemiche sul potere che alla fine rimedia anche le grandi colpe, i forum e molti siti web sono pieni di commenti in tal senso. Purtroppo devo fare un’amara considerazione: checché se ne dica, il mercato è creato da noi, i collezionisti di orchidee dei paesi ricchi, noi che siamo pronti a pagare anche 1000 Euro per una pianta moribonda.
Questa storia di soldi legati al fiorentissimo commercio delle orchidee è per certi aspetti ancora aperta ed attuale, per il momento (ma le regole della tassonomia sono molto rigide ed irremovibili) questa nuova orchidea del Perù, si chiama Phragmipedium kovachii e non Phragmipedium peruviana.
In qualche testo, Phragmipedium peruvianumappare solamente come sinonimo.

Solamente una delle tante storie di egoistica follia
La storia del P. kovachii è solo l’ultimo esempio di ciò che è già successo con molte altre orchidee, come il P. vietnamense, hangianum, coccineum ed helenae.
Visti i risultati reali (intere colonie di specie rare sterminate nonostante la convenzione di Washington) della lotta al commercio abusivo di orchidee è forse il caso di rivedere le modalità applicative della convenzione stessa, che colpisce il pesce piccolo e non sfiora minimamente il grande contrabbando.
Anche nel caso del Phragmipedium kovachii , la linea di difesa di Kovach, il quale sostiene di aver acquistato le piante da un rivenditore autorizzato, forse non è emersa perché il rivenditore stesso non poteva permettersi un buon avvocato.

Racconto liberamente tratto da notizie raccolte su vari forum e siti di appassionati orchidofili.
Continua…appuntamento al prossimo articolo.

Aerangis mystacidii

Aerangis mystacidii (Rchb. f.) Schltr. 1917
Collezione Guido De Vidi -diritti riservati.

Sinonimi: Aerangis mystacidioides Schltr. 1915 ; Aerangis pachyura Schlechter 1918; (basionimo) Angraecum mystacidii Rchb. f. 1847; Angraecum pachyurum Rolfe 1813; Angraecum saundersiae Bolus 1888
Il nome di specie fa riferimento alla somiglianza con le piante del genere Mystacidium

E’ da qualche anno che questa specie trova il suo habitat ideale su di una zattera di sughero appesa al muro della mia prima serra con la testa alla buona luce, ma protetta da un grande esemplare di Tillandsia.
Qualche mese fa ho tolto il grande esemplare di Tillandsia, che filtrava parte della luce diretta a questa specie e forse anche l’umidità circostante.
La fioritura – come si può vedere è da premio – ma la pianta è in forte stress, a tal punto da pormi qualche preoccupazione. Sto pensando di recidere parte degli steli fiorali, nel frattempo l’ho spostata in ambiente più ombroso.

Descrizione e note di coltivazione.
Questa specie, epifita e miniatura, si trova in Sud Africa, Zimbabwe, Mozambico, Malawi e Zambia nelle foreste fluviali, nelle gole dei torrenti lungo il piccoli strapiombi e cascatelle d’acqua, ma anche nelle foreste sempreverdi o boschi lontani da acqua, ad altitudini tra 60 e 1800 metri.
Pianta cespitosa con 2-8 foglie per unità vegetativa, oblanceolate, obovate, coriacee e leggermente carnose, inegualmente bilobate che possono arrivarare a 10 cm di lunghezza. Fiorisce in tarda estate inizio autunno producendo lunghe infiorescenze (30 centimetri) che portano da 3 a 25 fiori bianchi (3 cm di diametro) fragranti di notte.
Aerangis mystacidii vive bene se montata su zattera in ambiante ventilato a temperature calde diurne e fresche di notte, ombra moderata, alta umidità nella stagione di crescita e un riposo asciutto freddo.

Cochleanthes , un genere da scoprire

Nella grande e variegata tribù delle Maxillarieae, trova collocazione anche il genere Cochleanthes
Pur essendo di semplice coltivazione non è facile reperire le sue specie.

Il genere Cochleanthes è stato creato nel 1959 da Schultes & Garay, separandolo dal vecchio genere Warszewiczella. Il suo nome si riferisce alla forma del labello. Hanno basato la loro descrizione su Cochleanthes flabelliformis, che è la specie tipo.
Foto a sinistra: Cochleanthes flabelliformis (Sw.) R.E. Schult. & Garay 1959
Questo genere è composto da circa 17 specie ampiamente distribuite in tutta l’America tropicale, fino a 1800 metri di altitudine. Sono piante epifite senza pseudobulbi, con foglie distiche. Le specie di questo genere si distinguono dalle altre del gruppo Chondrorhyncha per il callo semicircolare esistente nella parte anteriore della base del labello.
Le spece del genere Cochleanthes, a causa delle reiterate riclassificazioni portano con loro diversi sinonimi, causa di facili confusioni e di doppi acquisti.
Chi desiderasse avventurarsi nella completa collezione di tutte le specie di questo genere, onde evitare doppioni, farebbe bene tenere sott’occhio questa leggenda.
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Quella Vanda coerulea tanto desiderata

Finalmente siamo riusciti ad organizzare qualche giorno di vacanza… pochi, molto pochi, e per questo, io e mia moglie, abbiamo pensato bene di tornare noi due soli in quelle isole meravigliose del Quarnaro che rispondono al nome di Cherso e Lussino.
Sono oltre 40 anni che queste strisce di terra in mezzo all’adriatico mi fanno sognare. Mi fanno respirare emozioni uniche. Il mio carattere estroverso e la mia continua voglia di stare con le genti dei posti che visito, hanno facilitato la simbiosi con le genti di quelle terre, tanto da sentirmi a casa mia.
La storia e la politica hanno tracciato solchi profondi in quei luoghi. Nei secoli, oserei dire nei millenni, molte culture si sono sovrapposte, si sono assimilate a vicenda, si sono plasmate a tal punto da renderle universali.
Anticamente chiamate isole Apsirtidi , … o Apsirtides, dal nome del fratello di Medea che la maga, per amore di Giasone, aveva attirato in un tranello mortale su queste acque; dal suo corpo gettato a pezzi in mare nacquero le isole. Gli Argonauti, in fuga dalla Colchide col Vello d’oro rubato, avevano risalito il Danubio, la Sava e altri fiumi, caricandosi la nave sulle spalle nei tragitti da uno all’altro, sino a raggiungere l’Adriatico nel golfo del Quarnero, dove li attendeva la flotta dei colchi mandata a inseguirli e guidata da Absirto, ucciso poi a tradimento a Ossero, Apsirtos, Apsaros” (Claudio Magris, Microcosmi, Garzanti, 1997, pag. 166; l’ovvio riferimento è alle Argonautiche di Apollonio Rodio…).
Robert Graves, del resto, collocava proprio a Lussino l’isola di Circe, seguendo una notazione dello Pseudo-Scilace, nel suo Periplo del IV a.C., raffigurante “Lussino come un’isola in cui le donne governavano gli uomini a piacere e si accoppiavano con gli schiavi, rendendo pure schiavo chi si accoppiava con loro” -Magris, op.cit., pag. 167; cfr.

Nei secoli successivi, queste isole videro il dominio di vari Paesi. Sicuramente, il lungo dominio della Repubblica Veneta ha lasciato la sua matrice di cultura, ancor oggi palpabile, nell’architettura (nella foto torre veneziana del 1400), nella lingua e nelle tradizioni delle sue genti, ora governate dalla Croazia.
Noi veneti, in quelle terre possiamo capirci parlando tranquillamente nel nostro dialetto – lingua sarebbe giusto dire – e nonostante gli attuali governanti di matrice slavo-balcanica non facciano nulla per favorire il suo mantenimento – essa rimane viva nella parlata delle isole.
Ecco, dopo questa lunga introduzione possiamo entrare nel vivo – si suol dire – del viaggio. Il richiamo alle orchidee è inevitabile, fondamentalmente è la vera ispirazione a scrivere questo post.
Il post lo dedico a tre meravigliose donne di Lussingrande, Maria, Carmen e Lidia.
Lidia (al centro della foto insieme a mia moglie Rosetta), laureata in letteratura della lingua italiana, figlia della signora Carmen, ufficialmente traduttrice giurata di italiano, ma con la grande passione per la natura ed il mondo vegetale, tale da indurla a creare un magico spazio nella parte alta della città (chiamato bonsai), dove semina e coltiva tutte le essenze autoctone dell’isola.
Non è cosa da poco, si sa che nelle isole, la flora locale è molto ricca e vasta di specie, in parte importate dall’arciduca Carlo Stefano d’Austria. Nel 1866 l’arciduca fece costruire il noto castello (Guardia marittima), e nel 1892 Lussingrande fu proclamata stazione climatica. Il proprietario del castello divenne famoso per aver piantato diverse essenze vegetali nel parco del castello stesso, e molti capitani seguirono il suo esempio, cercando di portare nell’isola di Lussino molte piante non ancora conosciute da queste parti.
Se avrete modo di visitare Lussingrande, fate una passeggiata fino alla nursery “Bonsai” curata da Lidia – è molto ben segnalata – camminando nelle viette riparate da muri di pietra viva, scoprirete un mondo affascinante, “bonsai” appunto.

La Signora Carmen
La signora Carmen – la mamma di Lidia – quest’anno ha vinto un premio cittadino per il miglior giardino di Lussingrande. Carmen e la sorella Maria si sono create un giardino – scrivere giardino è poco – oserei dire un mondo dolce ed armonioso che fa da cornice alle loro dimore, poste a ridosso della torre veneziana.
In questa cornice, i turisti possono anche affittare da loro, piccoli appartamentini per trascorrere le vacanze in questa città incantata.

A Lussingrande la temperatura non scende mai sotto lo zero termico e quindi possono esservi coltivate molte essenze arboree. Alla vista dei giardini lussuriosi di cui l’isola è abbondantemente dotata, possiamo pensare ad un ambiente quasi tropicale, ma – raccontavano Maria e Carmen durante le rilassanti conversazioni fatte sotto la pergola di uva dolcissima del loro giardino – qui sembra tutto facile e paradisiaco ed invece dobbiamo spesso combattere contro due nemici sempre in agguato: la bora e la salsedine trasportata dal mare.
Lei no la crederà – esordiva Maria in dialetto isolano, a metà fra fiumano e veneziano – quando riva la bora dovemo tirar su el sal co la paleta delle scovasse.
Ecco che quel dolce ambiente armonioso nel quale eravamo immersi, dopo i racconti di Maria, acquistava ancor più valore simbolico: l’uomo, con la sua tenacia e passione, domina la forza della natura ed in certo qual modo la modula alle sue esigenze di vita.
Mostrare tutti gli angoli del giardino con le foto è impresa ardua, anche perchè io sono molto ignorante con i nomi delle piante – purtroppo tutte le celle di memoria del mio cervello sono già occupate dai nomi delle orchidee – e pertanto mi limito a queste due foto che mostrano esemplari di Poinciana gilliesii e di Cycas che crescono rigogliose al riparo della torre veneziana.

La Signora Maria
La Signora Maria ha una grande passione per le orchidee che coltiva in una piccola veranda chiusa con vetri. Ho avuto modo di conoscerla qualche anno fa a “Pordenoneorchidea”.
In mostra era esposta una mia Vanda coerulea ed in quell’occasione lei si presentò e mi chiese se poteva acquistare la pianta esposta – la desidero da una vita – mi disse.
Signora, non è possibile, ma appena avrò una divisione la verrò a trovare a Lussino e gliela porterò. I suoi occhi si illuminarono. Lei mi aspettò, purtroppo le vicende della vita mi tennero lontano da quei luogi per molto tempo. All’inizio di quest’estate, i nostri ragazzi – figlio e nuora – decisero di trascorrere qualche giorno di vacanza a Lussino e finalmente si profilò l’occasione per inviare qualche orchidea alla Signora Maria… compresa ovviamente una divisione della tanto desiderata Vanda coerulea.
Vanda coerulea semi alba ‘Dottori’ – collezione Guido De Vidi
Vanda coerulea Griff. ex Lindl. 1847
Era in fiore, la Vanda, quando la recisi alla base, lasciandole tre bei ceppi di radici molto ben sviluppati e la inviai in omaggio alla Signora Maria.
Il desiderio di donare la pianta era grande, ma non potevo privarmi di una pianta che portava con se una storia di importante amicizia per me.
Quindi, da buon appassionato, dopo aver reciso il fusto, ho continuato a coltivare il ceppo basale, che, seppur senza foglie, dai nodi dormienti avrebbe sicuramente fatto spuntare una nuova piantina.
Tutto ha funzionato a dovere, e dal quel ceppo basale è già spuntata una nuova piantina.

La veranda delle orchidee della Signora Maria
Come si può vedere in questa foto a sinistra, scattata in occasione del mio viaggio a Lussino dei giorni scorsi, che mostra uno scorcio della veranda di Maria, la Vanda coerulea è rifiorita per una seconda volta – purtroppo i fiori stanno appassendo – anche perchè, aimè – la pianta è un po’ in sofferenza a causa di un rinvaso sbagliato.
E’ stato utile il mio viaggio anche perchè è servito ad effettuare un pronto intervento alla pianta. Si riprenderà sicuramente e la prossima primavera la vedremo ancora fiorita!
Fra le tante avventure e ricordi di vita, oggetto delle piacevoli conversazioni in giardino, la Signora Maria ci raccontò di quel viaggio avventuroso intrapreso tanti anni fa per visitare un FLORMART di primavera alla Fiera di Padova.
Adesso no me posso più movar – iniziò il racconto Maria – go el zucaro nel sangue “diabete” e no me fido più de far lunghi viaggi.

Jerimo ancora con la Jugoslavia quela volta. Son partida da qua con l’autobus che me ga portado fino a Fiume. Go dormido in albergo e la matina dopo go preso el treno per Trieste. Go dovudo cambiar altre due volte de treno per poder arivar a Padova.
Appena entrada in fiera go visto subito un signor che gaveva in vendita un bela e grande
Vanda coerulea lunga, forsi più de un metro più le radise, lunghe anche quele.
Non la costava neanche tanto, no me ricordo più… forsi a mi me pareva che la costassi poco, ma come podevo a portarmela drio per tuta la fiera. Lo go pregado de tegnermela che saria ritornada alla fine del giro, prima de tornar a casa.
Lei la me credi che non son più riusida a trovar el bancheto de quel signor!
Son rimasta tanto mal quela volta. Da alora la go sempre sognada questa pianta ed ora son tanto, tanto contenta de averla.
Grazie signor Guido.

Quando si sentono questi anneddoti così appassionati si capisce ancor di più il valore di una passione… la passione per le orchidee.
Insieme a quella Vanda coerulea… fortunata, che ora vive in quei posti stupendi, ho anche lasciato un po’ del mio cuore ed un po’ della mia anima di orchidofilo, ma sono tanto felice: grazie Maria, grazie Carmen, grazie Lidia.