La tua orchidea prediletta mettila in “banca”

Scambiare e/o donare divisioni delle orchidee che ami di più è come metterle in banca

Agli inizi del mio approccio con le orchidee, la prima cosa che ho imparato dai miei “maestri”è stata la donazione di qualche doppione, soprattutto se la pianta madre è preziosa per te.

Chi la riceve prova un gran piacere ma anche chi la dona prova una gran soddisfazione. Ricordo sempre la risposta del Dr. Enzo Cantagalli quando lo ringraziavo: in dialetto Veneto-Giuliano diceva – cossa ti vol ringraziar, se per caso le mie le mori, sarò sicuro che le troverò da ti .

Effettivamente, se vuoi essere sicuro di non perdere le orchidee della tua collezione, appena possibile devi condividerle con qualche amico coltivatore.
Questo tuffo nel passato mi è venuto in mente pensando all’incontro con alcuni amici del Club, di sabato pomeriggio 12 Gennaio 2008.
In quell’occasione son venuti da me, Alberto, Antonio, Gianni e Graziano, si è parlato di tante cose… ormai siamo sempre in assemblea permanente…in serra.

Si va in serra e…parlando, guardando e fotografando, mi capita fra le mani una miniatura in fiore che Gianni mi regalò in occasione della sua prima visita nel 2003 – la faccio vedere al suo primo coltivatore (attaccato sul retro della zattera c’è ancora il cartellino suo), i suoi occhi si accendono, Guido – sospira Gianni – sai che l’ho persa, un pezzetto di qua un altro di la…con tutte la ammiratrici che ho in Italia, son restà sensa!!

Aspetta Gianni – rispondo – mi pare di aver già fatto delle divisioni e so di avere un’altra pianta, se sei fortunato te ne torni in Germania con la tua prediletta.
E’ stato fortunato Gianni, la pianta l’ho trovata ed era talmente ben incespita che è stato possibile dividerla in due pezzi, uno anche per Alberto.
Capita la metafora? L’orchidea che tenete egoisticamente nascosta, prima o poi la perderete, quella che donate non morirà mai.

Nella foto: Gianni con la Lc Mini Purple ‘Blue Hawaii’ (L. pumila x C. walkeriana), una delle orchidee che lui ama di più, le divisioni provenienti dalla sua collezione sono sparse per tutta l’Italia.
Chissà quante risponderanno all’appello 😉

Oncidium, Stilifolium, Cohniella o Trichocentrum?

…ed inoltre, cebolleta, nudum, ascendens??

Le “selve” oscure della tassonomia a volte ci divertono, basta entrarci con filosofia.
Questo post racconterà e descriverà due specie originariamente incluse nel genere Oncidium. Queste due orchidee della mia collezione sono state acquistate da venditori accreditati all’esposizione di Padova EOC 2006, le loro etichette riportavano questi dati tassonomici: Oncidium cebolleta e Oncidium nudum ed ora sono fiorite.

Collezione Guido De Vidi – O. cebolleta – foto 11.01.08
Fatte le foto, iniziate le prime ricerche su internet e nella bibliografia disponibile, mi sono presto reso conto del “ginepraio” in cui mi stavo inoltrando, ma non mi sono perso d’animo, questo stato di incertezza non è più una novità per chi studia le orchidee e la loro sistemazione tassonomica.
La vicenda, più che problematica mi è parsa sin da subito assai divertente.
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Dendrobium tetragonum

Una o più specie? L’importante è esserci

Descrizione
Alcune piante mi attraggono indipendentemente dal loro fiore, che sia il colore la forma o la fragranza l’elemento accattivante. Quando vidi quella modesta pianta attaccata con le proprie radici ad una piccola zattera di legno, i cui lunghi pseudobulbi a sezione quadrangolare si protendevano nel vuoto, ebbi istintivo e immediato l’impulso a comprarla. La fioritura che a breve seguì fu altrettanto sorprendente.

Dendrobium tetragonum A. Cunn.
Bot. Reg. (1839) Misc. 33

Oggi si parla spesso più di D. tetragonum complex, per cui , almeno secondo alcuni tassonomisti, esisterebbe una unica specie con diverse varianti locoregionali. Secondo altri sarebbero riconoscibili almeno 4 specie: D. tetragonum A. Cunn. var. tetragonum; D. tetragonum A. Cunn. var. cacatua (M.A. Clem. & D.L.Jones) H. Mohr (D. cacatua); D. tetragonum var. giganteum Gilbert (D. capitisyork); D. tetragonum A. Cunn. var. melaleucaphyllum (M.A. Clem. & D.L.Jones) Dockr. (D. melaleucaphyllum). Altri nomi come var. haynesianum viene considerato sinonimo di D. cacatua, var. tomentosum sinonimo di D. capitisyork.

Comunque sia sono tutti originari dell’Australia, della zona costiera del sudest australiano, dal livello del mare sino a circa 1000 m s.l.m. Crescono in zone molto umide e ombreggiate con temperature estive giornaliere sui 25°C e minime invernali di 5-8°C (D. tetragonum var. giganteum preferisce temperature minime più alte). In natura vanno incontro ad un periodo di riposo invernale secco, ma in coltivazione conviene mantenere una certa umidità atmosferica e del substrato anche nella stagione fredda.


Dendrobium tetragonumTav. 5956, Bot. Mag. 98, 1872

Ciò che li accomuna morfologicamente sono gli pseudobulbi, lunghi secondo le varietà dai 30 ai 60 cm, cilindrici alla base, a sezione quadrangolare (da qui l’epiteto della specie) alla sommità, larghi circa 1-1.5 cm. Dapprima eretti con l’età si inarcano fino a diventare penduli. All’apice portano le foglie in numero di 2-5 di colore verde scuro e di una certa consistenza, lunghe sino a 8 cm e larghe 2-3 cm. I fiori in gruppo di 2-5 vengono essi stessi prodotti agli apici: petali e sepali sono molto stretti e lunghi, complessivamente anche 17 cm, normalmente sui 10 cm, di colore giallo-verde, crema o bronzo, con spot rossastri sul labello oltre che nelle parti basali dei petali. Labello bianco e colore verde sono caratteristici del D. cacatua. I vecchi psudobulbi fioriscono ogni anno. Periodo di fioritura inverno, inizio-primavera. Profumo vanigliato.

Coltivazione

Sono piante che vanno coltivate su zattera, non solo per poterne apprezzare le caratteristiche comportamentali, ma soprattutto per poterle mantenere nel tempo. Hanno si bisogno di umidità costante per tutto l’anno con una riduzione delle bagnature in inverno, ma le radici devono essere arieggiate costantemente, pena il marciume e la perdita della pianta. Durante la stagione calda possono essere poste all’esterno in luogo fresco e umido con vaporizzazioni quotidiane. Ombreggiatura oltre il 60%. In inverno, ridurre ma non interrompere le annaffiature, e porre a temperature di serra fredda-intermedia. Per la var. giganteum sono necessarie temperature minime maggiori da serra decisamente intermedia. Fertilizzare regolarmente.

Costruiamo insieme il mega-orchidario

Visto che la necessità aguzza l’ingegno cerchiamo di costruire assieme un’orchidario di grandi dimensioni, con tutte le problematiche che comporta.
La necessità nasce dal fatto di essere assente per tutto il mese di agosto e di non voler/poter lasciare le orchidee in custodia ad alcuno, vuoi per non arrecare disturbo, vuoi per il timore che mani poco esperte vanifichino il lavoro di un paio d’anni (con tutta la stima possibile per le persone a cui intenderei affidarle, mi dispiacerebbe vedere al mio ritorno piante disidratate, sofferenti o quant’altro).
Ho preso così il coraggio a due mani e mi sono detto: “Come fare?….la serra per quanto automatizzata è troppo soggetta alle variazioni climatiche e l’assenza di un mese potrebbe portare , al mio ritorno, a spiacevoli sorprese. Allora l’unica soluzione che mi rimane è realizzare, in una stanza che non uso, un orchidario di grandi dimensioni che, vista la maggior stabilità dell’ambiente mi consentirebbe di mettere in funzione un “aggeggio” completamente autonomo…”.
Naturalmente il passaggio dalla teoria alla pratica non è così facile, così come non lo è rendere l’ambiente di coltivazione autosufficiente.
Ecco una bozza (o meglio uno scarabocchio, ma non sono un geometra e si vede benissimo! 🙂 ) del progetto

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Paphiopedilum bellatulum: fascino, discussioni e incertezze

Una storia lunga 120 anni

Paphiopedilum bellatulum (Reichenbach fil.) Stein 1892

Una Domenica di Maggio di 3 anni fa, in occasione del corso sulla coltivazione delle orchidee organizzato nella mia serra, abbiamo confrontato le differenze tra due piante fiorite di Paphiopedilum bellatulum, l’obbiettivo era quello di stabilire il confine fra forma o varietà, ibrido e/o specie.

Collezione Guido De Vidi- foto 24.05.04
La prima pianta (foto a sinistra) con due fiori è di provenienza tailandese.
La caratteristica evidente, oltre alla punteggiatura poco marcata è lo sfondo di petali e sepali, praticamente bianco. Forse le foto non evidenziano pienamente le differenze.

La seconda pianta (foto a sinistra) con un fiore singolo è di origine birmana (ora Myanmar).
Come si può notare, lo sfondo di petali e sepali tende al colore giallo-beige, inoltre le maculature sono più marcate.
Si è convenuto di dare due diversi nomi di cultivar alle due piante: Paphiopedilum bellatulum ‘Rio Parnasso’ quella tailandese, e Paphiopedilum bellatulum ‘Dottori’ quella proveniente dalla Birmania.
Nulla di scientifico in questa introduzione, ma può essere un buon motivo per iniziare un lungo viaggio su questa specie, bella ed affascinante.
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