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Paphiopedilum rothschildianum

Padri e figli

Paphiopedilum rothschildianum (Rchb. f.) Pfitzer 1895 Subgen Polyantha Sec. Mastigopetalum Haller 1897.

Sinonimi: Cordula rothschildiana (Rchb.f) Rolfe 1912; Cypripedium neo-guineense Linden 1888; Cypripedium nicholsonianum Hort; Cypripedium rothschildianum Rchb.f. 1888.

Paphiopedilum rothschildianum: l’habitat naturale di questa specie è caratterizzato dai freschi versanti del Monte Kinabalu nel Borneo malese – regione del Sabah – e prende il nome dal barone Ferdinand de Rothschild, membro di una fomosa famiglia di banchieri Svizzeri (1800) nonché collezionisti di orchidee. Il fiore si vede raramente fuori del suo habitat naturale, e questa fioritura nella mia collezione è un’occasione particolarmente meravigliosa, per vederlo, toccarlo e fotografarlo dal vivo.

E’ un’orchidea terrestre, a volte anche litofita, vive fra i pendii e le scogliere delle strette valli del Borneo lungo i corsi d’acqua corrente ad oltre 1200 metri d’altezza. E’ una pianta di grandi dimensioni a crescita molto lenta, con foglie ellittiche e ligulate, che possono raggiungere anche i 60 centimetri di lunghezza.
Lo stelo fiorale esce dal centro del ceppo fogliare maturato durante l’anno, ha un portamento eretto, alto 70 – 80 centimetri, marcatamente rossastro e pubescente, con brattee fiorali ellittico/ovali portanti da due a quattro fiori di grandi dimensioni, color rossastro con striature bianche sul sepalo dorsale. Le punte dei due petali laterali possono raggiungere anche i 25 cm. La pianta in fotografia misura 28 centimetri, fra gli estremi dei petali laterali. In coltivazione Paphiopedilum rothschildianum fiorisce di norma in primavera estate.
Nei luoghi di endemicità, Paphiopedilum rothschildianum predilige siti prospicienti i corsi d’acqua corrente con buona luminosità lievemente filtrata da ombreggiatura. Questa straordinaria specie botanica va coltivata in serra intermedia, il rinvaso va fatto soltanto se le radici occupano tutto il vaso; l’apparato radicale non va toccato, intervenire soltanto se si notano marcescenze nell’apparato radicale. Il substrato per il rinvaso può essere costituito da due parti di corteccia più o meno sminuzzata secondo la dimensione della pianta, una parte di torba di sfagno, una di agriperlite mista a sabbia grossolana e granito calcareo.
Paphiopedilum rhotschildianum va concimato ogni mese con fertilizzante equilibrato in dose 0,5 g. per litro d’acqua. Il substrato del vaso va mantenuto umido e non bagnato, la pianta va sistemata nella parte più ventilata della serra intermedia, lasciando abbastanza spazio attorno ad essa.

I neofiti che si avvicinano al mondo delle orchidee sentono spesso parlare di piante costose, ma ugualmente, molto mitizzate dai collezionisti di lungo corso e spesso non riescono a capirne i motivi. Uno di questi miti è stato per lungo tempo il famoso Paphiopedilum rhotschildianum, e per certi aspetti continua ancora ad esserlo, ma da dove nasce tutto questo desiderio di possederlo?
A mio parere i motivi sono essenzialmente tre: lentezza di sviluppo della pianta (questa che vedete nella foto ha circa 20 anni ed ha iniziato a fiorire da non più di 4-5 anni fa), secondo motivo è sicuramente dovuto al divieto di commercializzazione di piante raccolte in sito, terzo fattore è la sua relativa difficoltà di riproduzione da seme (pare che la germinalità dei suoi semi sia molto limitata).
Quindi cari amici orchidofili, cercate pure il vostro Paphiopedilum rhotschildianum, ma munitevi di pazienza e costanza, possibilmente compratevi piante di piccole dimensioni ed assicuratevi dell’affidabilità del fornitore.
Attorno a questa specie sono nate e continuano a nascere varie leggende… strane importazioni a prezzi stracciati, semine favolose, varietà super premiate – costosissime – che poi non si dimostrano sempre all’altezza dei titoli; queste e tante altre storie servono solamente a far crescere il suo mito ed il suo costo di vendita!!
La pianta della foto è stata acquistata nel 1985 da Lecoufle, molto piccola, un unico ceppo di 6-7 centimetri, regolarmente spostato ogni due anni in un vaso più grande, senza manomettere le sue radici per evitare ferite accidentali: così facendo si mantenevano sempre in forma.
Finalmente qualche anno fa si è presentata l’opportunità di dividerla e vi garantisco che non è stata un’operazione tanto tranaquilla, ora ho due esemplari di provenienza Lecoufle.
Nella mia collezione c’è anche un’altro esemplare di provenienza storica!
Paphiopedilum rhotschildianum Charles E. FCC/AOS, acquistato in Germania negli anni 80 da due miei amici che ora non coltivano più orchidee al costo di 500.000 lire. Visto il prezzo, la pianta fu comprata in copropprietà e appena fu possibile (forse anche prima del possibile) fu divisa in due parti. Una delle due non ha avuto lunga vita, l’altra è arrivata nella mia serra senza foglie, ma per fortuna con il ceppo radicale ancora vegeto: ora siamo prossimi alla seconda fioritura.

Cattleya, la regina delle orchidee

Con questo post desidero scoprire insieme a voi l’orchidea per antonomasia “la Cattleya
Non sarà un trattato scientifico, ma un viaggio a nel tempo, nei miti e nelle passioni create da questa orchidea.
Cattleya jenmanii Rolfe 1906
Collezione Guido De Vidi. Foto del 05.02.05
Inizio il viaggio presentando una specie abbastanza rara. Questa specie non è fra più appariscenti della mia collezione, ma per me ha un valore simbolico: è stata portata in Italia direttamente dal suo paese d’origine durante uno di quei tanti viaggi di ritorno dei nostri migranti in cerca dell’America, che poi non hanno trovato.
Origine del nome: in onore di Mr. G. S. Jenman, direttore del Giardino Botanico di Georgetown (Guiana Inglese), nel tardo 19° secolo.
Cattleya jenmanii è l’ultima Cattleya scoperta in Venezuela ed è stata descritta da Rolfe nel 1906.
Vive nel sud di Bolivar è stata trovata nella fitta foresta del Gran Sabana nel sud-est del Venezuela a 300 a 600 metri di altezza sul livello del mare, ed al limite della frontiera fra il Brasile e Guaiana ad altitudini di 800-1200 m. Sono state trovate colonie anche in Colombia.
In genere, questa specie preferisce crescere vicino a fiumi e torrenti. Ama ambienti con umidità relativa elevata, appartiene al gruppo delle Cattleye unifoliate, generalmente è epifita, ma si sviluppa senza problemi anche su supporti litofiti. Fiorisce da Febbraio ad Aprile e da Settembre ad Ottobre, produce uno o più fiori, che possono raggiungere anche la misura di 15 cm.
Cattleya jenmanii ‘alba’
Collezione Gianni Morello
I fiori di questa specie sono profumati e di vari colori, vanno dal rosa carico alla forma alba o semi alba.
Cattleya jenmanii, richiede clima caldo intermedio e nel suo periodo vegetativo desidera essere innaffiata e fertilizzata adeguatamente, mentre durante la fase di riposo è utile garantire condizioni più secche. Una buona ventilazione e tanta luce garantiscono buone fioriture.

Cattleya, storie e miti sull’origine del nome

Bc Pastoral ‘Innocence’ AM/AOS
Collezione Guido De Vidi.Cattleya: la regina delle orchidee, sicuramente la più conosciuta dal pubblico e per molti decenni il suo fiore è stato simbolo di classe e signorilità negli omaggi floreali, forse lo è ancora.
Il nome Cattleya porta con sé, storie e miti intriganti.
Ci sono Paesi in cui crescono migliaia di orchidee diverse, Phragmipedium, Sobralia, Miltoniopsis ecc, tuttavia il loro fiore nazionale è la Cattleya: il Venezuela con la Cattleya mossiae e la Colombia con la Cattleya trianaei.
cattleya_labiata_1_rodrigocattleya_labiata_stampaCattleya labiata Lindley 1821
Il nome al genere Cattleya è stato dato in onore del coltivatore inglese Sir William Cattley, che ha esposto per la prima volta questa orchidea fiorita in una mostra: a quella orchidea fu dato il nome Cattleya labiata.
I misteri ed i racconti attorno ai fatti di allora, occuparono molte pagine delle riviste specializzate ed alimentarono discussioni fra raccoglitori e collezionisti di piante tropicali dell’epoca.
La storia più colorita racconta che William Cattley, coltivatore e collezionista di muschi e licheni ricevette da William Swainson un carico dal Brasile, imballato con materiale vegetale, che gettò fra i bancali della sua serra. Con sua sorpresa dopo qualche tempo scoprì che delle strane foglie turgide avevano prodotto dei fiori strani ed appariscenti, erano i fiori della Cattleya labiata.

Il mito dell’orchidea fiorita incidentalmente fu alimentato anche dal racconto “THE LOST ORCHID.” a pag. 173 del libro di Frederick Boyle (1893) dal titolo “ABOUT ORCHIDS A CHAT (1893)
Probabilmente con quel racconto Boyle intendeva ironizzare sul fatto che il raccoglitore William Swainson non aveva colto l’importanza di quella pianta, ne sapeva o voleva spiegare dove era stata trovata; più tardi Swainson raccontò che quelle strane piante forse le aveva trovate in altri luoghi uno sfortunato cercatore morto a Rio e successivamente usate per proteggere i suoi licheni da spedire in Europa.
Effettivamente, nel 1893 nessuno sapeva ancora dove era stata trovata la strana orchidea, ma quell’assurda storia raccontata da Boyle fu presa molto sul serio dai produttori del tempo.
Solamente nel 1900 quando fu pubblicato il resoconto di un viaggio effettuato da Swainson attraverso il Brasile tra il 1817 ed il 1818, si fece chiarezza degli avvenimenti.
Swainson raccontò che quelle piante le scoprì in Pernambuco e non a Rio de Janeiro. In quell’occasione, vedendole in piena fioritura le descrisse a William Cattley che manifestò di gradirle. Furono inviate successivamente a Carnet e William Cattley se le prese in cura e le fece fiorire alcuni anni dopo.

Flash: le vostre Cattleye
La prima Cattleya di Raffaele
Anche le Cattleye fioriscono in salotto – condividiamo tutti insieme la grande gioia di Raffaele “autodefinitosi principiante” ecco i fiori della sua LC Beaumesnil ‘Roquebrune’ (= Lc. Culminant x C. loddigesii Pff. V. & L.1977) Complimenti Raffaele.
Inviate vostre le foto e le schede delle vostre Cattleye a orchids.it, la redazione le inserirà su questa pagina.

Dendrochilum tenellum sez. Acoridium

dendrochillum_tennellum
Genere: Dendrochilum – Blume 1825
Sottofamiglia: Epidendroideae
Tribù: Coelogyneae
Sottotribù: Coelogyninae.
Sinonimi: Acoridium Nees e Meyen 1843 – Platyclinis Benth. 1881
Il genere Dendrochilum conta centinaia di specie.
Le piante appartenenti a questo genere sono epifite, litofite e molto raramente terrestri.
Si sviluppano in forma simpodiale lungo un rizoma orizzontale sul quale si formano gli pseudobulbi cilindrici, basali e avvolti da una guaina color marrone, dalla quale escono gli steli fiorali.
Specie: Dendrochilum Tenellum (Nees & Meyen) Ames 1907
Sezione Acoridium [ Nees & Meyen ] Pfitzer & Kranzlin
Sinonimi: Acoridium tenellum Nees & Meyen 1843 – Ceratostylis gracilis Naves 1878
Nome Comune: Dendrochilum Fragile
Questa graziosa specie epifita di piccole dimensioni è originaria delle Filippine e può essere trovata tra i 1000 – 1400 metri d’altitudine, ben ancorata sui tronchi delle zone boschive a clima caldo.
La prima impressione che si prova al cospetto di questa pianta, è quella di trovarci davanti ad un cespuglio d’erba dalle numerose ed esili foglie cilindriche.
Dendrochilum tenellum a differenza delle altre specie del suo genere, formano lo stelo fiorale, quasi all’apice dell’esile pseudobulbo cilindrico.
Gli steli fiorali affusolati a forma semi- incurva, spuntano ai primi giorni di gennaio ed impiegano circa un mese per aprire i numerosissimi fiori ( circa 30) di colore bianco – ocra.
Questa pianta può essere coltivata sia in vaso con substrato di corteccia d’abete sia su zattere di legno duro oppure sughero con una sottile lettiera di sfagno o muschio.
Dendrochilum tenellum va tenuto costantemente in ambiente caldo/intermedio, umido e ventilato e non necessita di marcati periodi di riposo ed è sufficiente garantire la normale fase di rallentamento post – fioritura.
Note tassonomiche sui Dendrochilum.
Il genere dei Dendrochilum come tanti altri della grande famiglia delle orchidee, si presta all’incertezza della corretta conoscenza dei nomi.
Il genere Dendrochilum è suddiviso in sei sezioni:
Platyclinis.
Eurybrachium.
Luzonorchis.
Convoluta.
Acoridium.
Heterantha.

Qualche nota sul nome: Acoridium
Nees von Esenbeck & Meyen
Nov. Act. Nat. Cur. 19(Suppl. 1): 131 (1843).
ETIMOLOGIA: diminutivo di Acorus (Araceae), perché la forma delle foglie assomiglia un po all’Acorus Calamus (Sweet flag).
SPECIE TIPO: Acoridium tenellum Nees & Meyen
Ora è riconosciuto come appartenente al genere Dendrochilum, (sezione Acoridium (Pfitzer & Kraenzlin). Le piante sviluppano piccoli e compatti pseudobulbi a forma ovoidale, ciascuno con una foglia solitaria simile ad un filo d’erba di colore verde scuro. Le infiorescenze spuntano in prossimità della punta delle foglie e formano un arco “twistato” di numerosi fiori piccolissimi, generalmente di poca durata, fragranti, di colore bianco, giallo pallido al crema. I sepali laterali sono uniti alla base della colonna. Il piccolo labello di colore verde-giallo è trilobato con piccoli lobi laterali un po più grandi del lobo mediano.

Acoridium è stato inizialmente descritto da Nees & Meyen e sistemato nelle Philydraceas (una piccola famiglia di piante delle zone umide). Nel 1843 Endlicher (Grundzuge der Botanik, 59) lo ha spostato nel genere Burmanniaceae; nel 1862 Bentham e Hooker (Generi Piantarum, 2: 123) lo ha incluso nella famiglia Cyperacese, e nel 1893 la specie originale, Acoridium tenellum, è stata messa in Orchidaces da BD Jackson (Indice di Kew., 1:31, 488) come sinonimo di Ceratostylis gracilis. Rolfe (1904) ha spostato la specie tipo nel genere Platyclinis (Orchid Reuiew, 12: 219). Nel 1905 Ames ha ristabilito il genere Acoridium aggiungendo molte altre specie (Orchidaceae, 1:3) e ha classificato la specie tipo come Acoridium sphacelatum. Oggi questo genere è considerato un sinonimo di Dendrochium, genere stabilito da Ames nel 1907 (Philippine Journal of Science, 2:318).

Orchidee in Italia: la storia siamo anche noi

Aspirazioni, idee e fatti che hanno portato l’EOC del 2006 in Italia.

Eravamo nel 94 quando il prof. Franco Bruno, allora segretario dell’AIO (alla presidenza c’era l’austera Sabine), approdò al mio telefono. In quella occasione chiese la disponibilità delle mie piante per allestire lo stand Italiano all’esposizione internazionale “EOC” di Hannover (D) – sai Guido, l’Italia deve cominciare a farsi vedere in Europa -. Devo dire la verità, accettai per spirito di servizio, ma appena deposta la cornetta del telefono fui preso dal panico, non potevo pensare che le mie orchidee fossero state all’altezza di un simile evento. Fu stabilito che il punto più vicino per consegnare le orchidee per l’esposizione fosse Verona (il segretario e la sua aiutante Henrike Berg Panà transitavano da Roma) e mi ricordo che per paura del freddo, era Febbraio, prenotarono anche una camera d’albergo anche per le orchidee.
Insieme alle mie orchidee, se non vado errato, c’erano anche quelle del prof. Alberto Fanfani, poche altre comunque, sicuramente mancavano quelle dei produttori Italiani e questa constatazione mi preoccupò ancor di più. Al mattino seguente la “spedizione” italiana partì alla volta di Hannover. Non accompagnai le mie orchidee in Germania, chissà, forse per timidezza, trovai una scusa per starmene a casa: per la prima volta il mio impegno nella coltivazione delle orchidee sarebbe stato giudicato da una giuria mondiale. All’evento parteciparono alcuni amici dell’ATAO. L’ATAO in quel periodo era una fiorente associazione orchidofila, foriera di iniziative e di esposizioni. Fu quello il tempo in cui nell’associazione si consolidò la scuola di pensiero dell’esposizione per vedere, poi vennero anche le esposizioni per vendere.

L’ATAO E LE SUE ANIME
Allora, segretario organizzativo dell’Associazione Triveneta Amatori Orchidee era Gianmaria, professore d’educazione fisica, uomo di sport ed allenatore di varie formazioni di basket giovanili.
La sua “folgorazione sulla via delle orchidee”, avvenne guardando un gruppetto di orchidee moribonde, consegnatagli in gestione da suo fratello. Era di pomeriggio quando per la prima volta Gianmaria si presentò da me in compagnia di Ivan, futuro collezionista con la “C” maiuscola. Ivan aveva già fatto qualche fugace incursione nella mia serra: ricordo che si presentarono mostrandomi un mucchietto di piantine d’orchidea moribonde. Iniziò così un’amicizia ed un felice periodo di esperienze e progetti. Gianmaria e Ivan iniziarono a costruire una piccola serra fai da te, prendendo come modello le mie soluzioni. I risultati come sempre capita la prima volta non furono esaltanti, più avanti decisero di costruirne una assieme. Riuscirono a mettere in piedi un’ottima collezione.

MOSTRE
L’associazione iniziò a fare proseliti e sul finire degli anni ottanta trovò anche la forza di allestire la prima esposizione pubblica nel chiostro ex limonaia di una villa di Treviso. Seppur molto spartana quella prima esposizione ebbe un successo insperato, sia di pubblico e soprattutto di adesioni all’associazione.
Ebbe successo nonostante non fosse prevista la vendita di orchidee.
L’ATAO era composta totalmente da amatori, peculiarità che la rese diversa ed unica sul panorama orchidofilo italiano, allora costituito da gruppi che per molti versi nascevano e/o gravitavano attorno a commercianti o venditori di orchidee: ad esempio Giorgi, Ravanello ed altri in Liguria, Natali, Corvi in Lombardia e così via.
L’ATAO nacque con la vocazione di rappresentare un territorio, ora conosciuto come nord-est, ma storicamente noto con il nome “tre Venezie – Euganea, Giulia e Tridentina”.
Sin dall’inizio si caratterizzò per un suo radicamento territoriale diffuso, ed anche in ciò segnò una svolta rispetto alle realtà esistenti: cito ad esempio l’ALAO degli anni ottanta, che contava parecchie centinaia di iscritti, ma quasi tutti dell’interland Milanese e Varesotto.
In quel periodo l’ATAO raccolse adesioni da Verona a Trieste: Tiziano di Verona in compagnia di Giorgio e della indimenticabile Emanuela, Padovani e Bellunesi non mancarono.
Treviso fu suo malgrado il centro geografico e non solo. Si organizzarono le bellissime mostre di Villa Franchetti (dove il Foscolo trovò l’ispirazione per le sue famose poesie), della Camera di Commercio e tante altre. Tra gli amici Trevigiani voglio ricordare Antonio Borsato, medico patologo di professione e Toni per gli amici, figura atipica di orchidofilo (non coltiva) che iniziò l’avventura orchidofila insieme a me sin dai primi passi. Un cammino comune che dura ancora con le sue visite in serra, che mi danno sempre l’opportunità di attingere alla sua impareggiabile cultura, una biblioteca vivente.
Dal Veneziano, per la precisione, dal Sandonatese approdarono all’ATAO Davide Rorato professore di Liceo, e l’amletico Antonio Camani -Costruire o non costruire la serra? – costruita finalmente dopo quindici anni. Il Friuli e la Venezia Giulia, già ben presenti con ottime collezioni diedero all’associazione figure importanti quali Enzo cantagalli di Gorizia, Sergio Buda di Udine e Nevio Ogrizovich di Trieste.
Con tutte queste persone si è consolidato nel tempo un sodalizio importantissimo che è andato e va oltre le estemporanee difficoltà di qualsiasi organizzazione della società umana.
Enzo, quand’era Presidente dell’ATAO era solito passare da me prima delle riunioni convocate dal buon Gianmaria ed una Domenica mattina arrivò da me di buon’ora in compagnia di un giovane “neofita” che sin da subito si dimostrò spigliato e loquace, simpatico ed esuberante.
Girando per gli spazi esigui della mia serra si parlò di orchidee, di viaggi e di raccolte ex sito. Fu così che conobbi Stefano Milillo, mini collezionista con una piccola serretta sul terrazzo. Milillo scalò velocemente le cariche importanti dell’associazionismo. Tutto quel che venne dopo ci portò ai giorni attuali con le alterne vicende più o meno note.

Da Hannover, alla vigilia di Ginevra
L’organizzazione dell’E.O.C. del 1994 fu gestita dalla Deutesche Orchideen-Geslellschaft E.V., autorevolmente guidata dal suo Presidente Gerd Rollke ed ebbe quale scenario Bewertungs-Sitzung di Hannover.
L’AIO allestì il suo piccolo stand Italiano e l’evento non fu di poco conto, finalmente una rappresentanza ufficiale del nostro Paese si cimentava con i mostri sacri Europei e Mondiali.
I nostri dirigenti di quel tempo seppero guardare avanti e con una buona dose di coraggio riuscirono anche a presentare qualche pianta ai giudizi internazionali di quella manifestazione orchidologica Europea.
Lo sparuto gruppetto dei nostri rappresentanti dopo aver deciso quali piante iscrivere, cominciò a prepararle e pulirle da eventuali imperfezioni, così come si fa per le grandi occasioni.
I concorsi nelle esposizioni di orchidee internazionali prevedono una valutazione al tavolo della giuria ed un’altra allo stand ed in entrambi i casi sono valutate le particolarità delle piante in concorso e le loro qualità di coltivazione.
Era l’ora di pranzo quando suonò il mio telefono, dall’altra parte del filo sentii la voce di Gianmaria che con un’esclamazione intraducibile e tutta Tevisana mi comunicò che l’Italia e le mie orchidee avevano conquistato un grosso successo. Ricevettero sette medaglie ed altri riconoscimenti li ottenne anche lo stand per la coreografia dell’allestimento, un successo generale.
Tra le simboliche ritualità che questi eventi esprimono, anche in tale circostanza c’è stata la presentazione delle piante meritorie. Il Presidente dell’EOC, richiamando l’attenzione della giuria internazionale, mostrò la mia Laelia lundii e la descrisse con questa frase -…Ammirate bene questa pianta, penso che in Europa non ne esista una migliore, io ne ho vista solamente una in Nuova Zelanda con fiori più grandi -.
Ad evento concluso le piante tornarono in serra dopo qualche giorno abbastanza stressate. Per qualcuna fu l’ultima grande fioritura, la Laelia lundii rimase in crisi parecchi anni, e non fu l’unica pianta a pagare le conseguenze della trasferta.
Finiva così la prima avventura internazionale delle mie orchidee, un po’ di vana gloria, le piante in sofferenza e qualche attestato di merito.
Ad Hannover, lo staff Europeo delle orchidee, si diede appuntamento, nel 1997 a Ginevra-Svizzera.

Il 1997 arrivò presto, troppo presto perché in Italia nel frattempo non successe molto e ci si trovò alla vigilia dell’appuntamento di Ginevra, nonostante l’impegno divulgativo dell’AIO, con pochi segnali di crescita e di collaborazione.
Si seppe che i venditori Italiani sarebbero andati per conto loro, soprattutto per “vendere” e “l’Italietta amatoriale delle orchidee”, dovette partire anche questa volta all’arrembaggio con le piante di qualche collezionista volontario.
In quell’occasione, l’incontro con i Dirigenti AIO per la consegna delle piante ebbe luogo all’uscita del casello autostradale di Modena nord nel mese di aprile del 1997. Oltre alle mie piante, c’era qualche Phalaenopsis di Zelinda, collezionista romana, ma dei produttori e dei venditori italiani anche questa volta neanche l’ombra.

EOC DI GINEVRA
Così, in quel caldo Aprile del 97, l’Italia delle orchidee, quella umile, quella pratica, quella disponibile, arrivò al Palexpo di Ginevra con il suo carico di speranze. Cominciò il lavoro di diplomazia e di allestimento attivati con passione dai nostri rappresentanti.
Quella volta, in compagnia di qualche amico dellìATAO, partecipai anche personalmente e fu molto utile perché potei rendermi conto del suo funzionamento. L’atmosfera di quei giorni fu raccontata con passione, da una cronista sul campo, chiaramente innamorata delle orchidee ed ora segretario dell’ATAO, ecco le sue impressioni:

“Emozioni di un viaggio entusiasmante”
Di Mara De Nardo

Era presto, ancora un po’ buio, quando siamo partiti ancora infreddoliti, ma con l’entusiasmo dei bambini, per raggiungere Ginevra e visitare il Congresso Europeo di orchidologia organizzato dall’European Orchid Congress.
Treviso – Ginevra, chilometri di autostrada abbastanza monotona e piena di traffico che abbiamo passato parlando chiaramente… di orchidee… ma non solo! Arrivati in Val d’Aosta e con il cambiamento del panorama, il nostro interesse è stato preso dal monte Bianco, dal Cervino e da una spruzzata di neve che ci ha accolto in prossimità del confine. Il viaggio è stato tranquillo, il tempo sembrava volare, ma alla frontiera svizzera il pagamento della tassa autostradale valida per un anno, anche per noi gitanti di due giorni, ha innervosito il gruppo, e riservato non pochi insulti al paese caro a Guglielmo Tell.
Finalmente arriviamo all’expo (palazzo delle esposizioni) di Ginevra ed alle agognate orchidee.
I miei occhi da quell’istante e per quasi quarantotto ore non videro che piante, fiori, colori, specie, ibridi, in un turbinio inimmaginabile e frenetico.
Dopo aver pagato dieci franchi svizzeri, sono salita, assieme a Guido, Ermanno e Gianmaria, sulla scala mobile che portava all’ingresso dell’esposizione, ci siamo divisi per cercare lo stand italiano, ma giungevano alla mia vista solo gli stand dell’Olanda, Germania, Danimarca, Nuova Zelanda.
Incrociamo Graziano Marongiu del clan Lecouffle di Parigi, grande è stata la mia sorpresa e credo anche dei miei compagni di viaggio, nell’apprendere che a Ginevra per le piante italiane, non c’era stata fortuna.
La trepidazione in tutti noi è cresciuta, specialmente credo in Guido De Vidi, che aveva mandato le piante in esposizione.
meravigliosa Vanda coerulescens di Guido in bella mostra,… ma ha già il cartellino della giuria per un premio! è stata la mia prima esclamazione!
Grande gioia nel nostro piccolo clan A.T.A.O., pacche sulle spalle di Guido, i complimenti,… poi finalmente ci siamo dedicati all’osservazione dello stand Italia.
In uno spazio angusto, meno di due metri per tre, c’erano quaranta piante italiane, troppo vicine per aver risalto; quello che si vedeva chiaramente erano i cartellini, appoggiati al bordo dello stand che preannunciavano un premio; erano ben otto! tutti sulle piante e del nostro vice Presidente.
Il salone della mostra era così suddiviso: Metà era occupato dagli stands di esposizione, l’altra metà dal mercatino delle piante.
Questa è stata almeno per me, un esperienza incredibile, avrei comperato di tutto, passavo e ripassavo per i bancali di vendita, leggevo e rileggevo i cartellini delle piante, perché essendo ancora una principiante non riuscivo a distinguere a prima vista tutte le piante in esposizione.
Per gli acquisti ho avuto bisogno anche dell’aiuto dei miei compagni di viaggio; ho così arricchito la mia collezione di orchidee ma ho alleggerito il mio portafoglio!
La via del ritorno è risultata brevissima, ma anche se abbiamo sbagliato strada, avevamo molto da raccontarci sulle persone incontrate, sulle piante, sulle medaglie; ritornavamo orgogliosi di essere iscritti all’A.T.A.O.”
Andò proprio così, il furbacchione di Graziano, vecchia conoscenza e grande amico, memore dei fasti Italiani di Hannover, ci accolse con questo simpatico scherzetto.
Il palazzo delle esposizioni di Ginevra era immenso, rumoroso, disorientante e poco consono ad un’esposizione di orchidee: l’aria era oltremodo secca e le piante boccheggiavano.
Ci piazzammo orgogliosi, nei pressi del nostro stand.
Fu in quell’occasione che feci la proposta al Presidente dell’AIO e membro del consiglio dell’ EOC, di perorare la candidatura Italiana per una futura esposizione Europea.
L’edizione del 2000 era già ad appannaggio di Copenaghen-Danimarca, magistralmente rappresentata a Ginevra da uno stand d’eccezione e dagli attivisti, intenti a distribuire materiale divulgativo.
Per il 2003, il congresso di Ginevra, avrebbe confermato la designazione dell’ Inghilterra con esposizione a Londra.
Con queste premesse, non fu facile per il prof. Franco Bruno avanzare richieste di candidatura per la nostra Italia, gli unici bagagli che poté esibire, oltre alla sua capacità diplomatica ed autorevolezza, furono quelle medagliette che intasavano il nostro spazio espositivo.
A riunione finita, il Presidente ci comunicò che il consiglio EOC aveva accettato in linea di massima, di candidare l’Italia. Fu una bella soddisfazione per tutti, e cominciò così la grande corsa al 2006.
Ci demmo appuntamento al 2000 a Copenaghen, e cominciammo a prepararci per conquistare la candidatura definitiva.

DA GINEVRA A COPENAGHEN, 3 ANNI DI SPERANZE.
I risultati di Ginevra, entusiasmarono, l’Italia delle orchidee.

La situazione in giro per l’Italia, dava segnali di perdurante ed inspiegabile distinguo, sia interno sia esterno alle Associazioni, vedi il Lazio e la Lombardia, ma nel frattempo prendeva corpo, la chiara volontà di far crescere la passione per le orchidee.
A quell’epoca, gli ibridi di Phalaenopsis ed altro, costavano una cifra ed i Garden non avevano ancora fiutato l’affare delle esposizioni autogestite, con vendita.
Fatte salve, le esposizioni mitiche di Bologna con L’AERADO, Genova 85, l’EOC Romana del 91 ed il periodo di Corvi e Natali a Varese dei primi anni 90, le orchidee da collezione, rimasero per parecchio tempo, confinate nelle serre dei collezionisti e dei produttori, oppure, nelle varie Fiere del verde, tipo Flormart e Miflor.
Più tardi prese corpo, un certo fermento in Italia centrale, con la mostra di Monteporzio Catone, con la bella e purtroppo unica esposizione all’Università La Tuscia di Viterbo, organizzata in quell’occasione dall’AMOR, in collaborazione con l’AIO, e con l’attività dell’AERADO.
Dopo il 97, il Triveneto, con l’ATAO, avviò una stagione d’iniziative, di contatti e d’esposizioni preparatorie, per unire tutte le forze disponibili a lavorare insieme.
Si espose a Villa Franchetti di Preganziol, alla Camera di Commercio di Treviso: questi sono stati, momenti di grandi progetti con i commercianti Tedeschi, Francesi, Italiani e con le associazioni.
L’AIO in quell’occasione, si riunì più volte per discutere le strategie organizzative future.
L’obbiettivo fondamentale fu l’affinamento dell’informazione, e la ricerca di nuove risorse economiche, attraverso la collaborazione dei commercianti. La prima “tegola” in testa arrivò proprio da loro: respinsero l’invito a sponsorizzare un futuro Bollettino AIO, contenente anche loro spazi pubblicitari, in quanto già in possesso di, specifici canali pubblicitari.
Altra delusione di quel periodo fu la mancanza di collaborazione con un gruppetto Trentino: il suo referente preferì distribuire la sapienza in altre sedi. Pur con questi imprevisti comportamenti, sostanzialmente negatori, l’attività proseguì, e con le forze che ci stettero, s’iniziò la costruzione della proposta organizzativa da presentare a Copenaghen nel 2000.
Ricordo che proposi di candidare Treviso o qualche città limitrofa, quali località ideali, vicine a Venezia, certamente fu una mia battuta, ma nel momento di valutare eventuali siti dove collocare la manifestazione, ci si accorse che per tutta una serie di valutazioni organizzative, le ricerche non potevano discostarsi più di tanto da quell’affermazione.
Si capì subito che nessun commerciante o venditore di orchidee italiano si sarebbe accollato l’onere organizzativo, si capì anche, che l’associazione di riferimento naturale sarebbe stata l’ATAO e che l’AIO avrebbe dovuto trovare i denari per l’evento.
Si costituì così, un comitato informale AIO-ATAO, per le ricerche logistico – organizzative.
Treviso fu subito esclusa per ovvie indisponibilità logistiche e si percorse perciò, la via delle sedi fieristiche locali di settore: Padova e Pordenone.
I contatti con la direzione Fieristica Padovana, furono subito costruttivi e fatti salvi alcuni problemi, purtroppo non ancora risolti, ci si orientò su Padova, e specificatamente in concomitanza del Flormart di primavera.
Il 2000 arrivò e nella riunione AIO di Bologna, si deliberò di presenziare all’EOC di Copenaghen, anche con l’esposizione di piante, e, cosa molto importante, l’AIO stessa assunse in proprio, le spese della loro trasferta.
Quella decisione fu presa per facilitare i collezionisti ed i commercianti anche in termini economici. Partì la campagna informativa presso i produttori ed i commercianti, che vista l’onerosità della trasferta non sarebbero andati comunque, con stand di vendita propri.
La loro adesione, avrebbe potuto ugualmente aiutare la rappresentanza Italiana in un momento importante, a costo zero.
Non andò così, o meglio, l’adesione si risolse con la presenza dei pochi e soliti noti collezionisti, più la dott.sa Franguelli di Padenghe, in rappresentanza dei commercianti.
In ogni modo, l’ATAO, cosciente dell’impegno assuntosi, in stretta collaborazione con l’AIO, si prodigò con tutte le sue forze, per preparare una brochure d’appoggio convincente, da presentare a Copenaghen.
In quell’occasione fu anche presentata un’ipotesi di logo per il 2006, consistente nella foto sopra a sinistra, raffigurante una pianta Equadoregna non ancora classificata, di Stelis sp. fiorita, presente in una collezione Italiana, proprio per dare il segno e magari un nome Italiano. Negli eventi successivi non se ne tenne minimamente conto, peccato.
A Copenaghen mandai diligentemente le mie piante e purtroppo, per gravi problemi famigliari non potei partecipare personalmente, ciò nonostante, allegai alla brochure di presentazione una mia lettera di supporto alla candidatura Italiana indirizzata al Presidente dell’EOC.

Le orchidee, partirono per Copenaghen, eravamo in Aprile del 2000.

COPENAGHEN, SUCCESSO ANNUNCIATO E PRIMI SEGNALI DI INTERFERENZA
In casa ATAO, il vento spira in poppa e si spera vivamente che all’esposizione di Copenaghen, ci sia un buon successo per le aspirazioni Italiane, soprattutto si auspica che la presentazione della nostra candidatura, dia buoni frutti.
Per quanto riguarda le piante, si racconta che il viaggio è stato difficile e che purtroppo qualcuna, sarebbe giunta già in condizioni impresentabili. Dal Triveneto, parte anche una rappresentanza di appassionati, in aereo. Le attese sono appagate ed anche in quest’occasione fioccano tanti premi per l’Italia e in pratica, l’affare è fatto, ormai non ci sono più dubbi, il 2006 è nostro.

Le piante tornano a casa, abbastanza mal conce e la “famosa” Cattleya schilleriana, oggetto di tanta ammirazione in mostra e d’altrettanta pubblicità postuma, insieme a qualche altra pianta, entra profondamente in crisi ed ora, non c’è più.
Rimane solo l’articolo apparso su “D di Repubblica” del 30 Maggio 2000:

“……….Orchidee da Oscar
Hanno vinto sette premi i fiori di un Collezionista di Treviso Non è ricco come William George Spencer Cavendish, duca del Devonshire, che nel secolo scorso aveva raccolto una quantità incredibile di orchidee nell’ardita conservatory in ferro e vetro ideata dal grande Joseph Paxton.
E non è eccentrico come Nero Wolfe, l’investigatore nato dalla fantasia di Rex Stout, che per niente al mondo avrebbe rinunciato alle sue quattro ore giornaliere in compagnia delle adoratissime piante.
Guido De Vidi, titolare della collezione di orchidee più importante d’Italia, è un signore come tanti che ha passato molti anni mettendo a punto impianti telefonici.
Poi ha voltato pagina, e ha deciso di dedicare tutto il suo tempo alla cura di Laelia e Miltonia, Vanda e Cymbidium: un impegno premiato nell’ultima esposizione internazionale di Copenaghen con sette medaglie, più una menzione speciale per il profumo della sua Cattleya schilleriana. Stipate nella piccola serra che si è costruito da solo alle porte di Treviso vivono 4000 qualità di orchidee arrivate da ogni parte del mondo: imponenti epifite con le radici sospese nel vuoto; rarissime Lepanthes, che per vivere si accontentano del sostegno di una pietra umida e coperta di muschio; oppure piante con foglie insolite e inaspettatamente decorative, o con minuscoli fiori di una tenerezza disarmante, diversissimi da quelli così vistosi delle specie più comuni.
E poi gli ibridi di Phalaenopsis, Paphiopedilum e Cymbidiumadatti ai principianti, perché si possono allevare anche sul davanzale della finestra di casa. Per imparare a coltivare queste piante straordinarie ci sono i consigli forniti dalle tante sezioni dell’Associazione Italiana di 0rchidologia. Come quella del Triveneto, che fa capo a De Vidi.
Maria Brambilla……”

E’ la prima volta che racconto questo particolare, a testimonianza dell’impegno e delle incognite che affronta un collezionista dilettante quando mette le sue piante a disposizione delle esposizioni.

Per la designazione ufficiale dell’Italia, bisogna comunque aspettare il 3 Luglio, al consiglio AIO di Londra.

Il consiglio EOC vota con scheda segreta (15 voti favorevoli e 8 contrari) a favore dell’Italia quale paese organizzatore dell’EOC 2006.”

In quel periodo, un notiziario ATAO, pubblica un corsivo del suo Presidente, dal titolo efficace: IL MALE OSCURO.
Sostanzialmente, il corsivo del Presidente, alla luce dei risultati, ottenuti senza collaborazione dei venditori, vuol sottolineare la necessità di un loro serio impegno, anche economico, in aiuto delle associazioni, pena il totale fallimento.
Riportiamo alcuni stralci:
“…..IL MALE OSCURO
L’EOC ha definitivamente designato l’Italia quale paese organizzatore dell’esposizione Europea del 2006.
Quest’importante traguardo lancia un raggio di luce sull’orchidologia Italiana, che d’altro canto mostra in maniera ancora molto evidente i limiti ed i suoi mali oscuri.
Il miglioramento va senza dubbio ascritto alla nascita dell’AIO ed all’impegno organizzativo di Franco Bruno che con caparbietà, passione e disponibilità – oltre a curare con puntigliosa professionalità, CAESIANA, – rappresenta l’orchidologia Italiana nelle sedi internazionali.

ZIBALDONE STORICO
Di là delle poche e note collezioni private Italiane che nella prima parte del ‘900 hanno sostanzialmente costituito una piccola e qualitativa rappresentanza nel mondo delle orchidee, l’associazionismo, a differenza di altri importanti paesi, in Italia non è mai decollato.
Durante gli anni ’60/’70 prendono corpo le prime esperienze organizzate a dimensione nazionale e le collezioni d’orchidee, intese come simbolo esclusivo ed aristocratico, diventano passione per molti, motivo di studio scientifico per altri, ma soprattutto occasione di conoscenza e di scambi culturali e d’esperienze.
E’ questo il periodo del comm. Dalla Rosa, del dott. Cantagalli, di Natali con la sua ALAO, della virtuosa stagione Ligure ed Emiliano Romagnola.
Con queste premesse, se i produttori ed i venditori d’orchidee in Italia, avessero incentivato la crescita del microcosmo amatoriale, oggi ci sarebbe una situazione più florida, se non altro in termini quantitativi. ….omissis…. L’AIO cura e coordina a livello Nazionale la vita delle varie associazioni locali, rappresenta l’Italia nelle assise internazionali e pubblica informazione scientifica e divulgativa per tutti.
purtroppo, anche in questo caso – a parole – plauso e condivisione, ma nei fatti, riserve, supponenze dei mercanti, anzi, ci si trova di fronte ad un’attività divulgativa parallela che ottiene disorientamento fra gli orchidofili Italiani e soprattutto, confusione tra chi si avvicina al mondo delle orchidee per la prima volta.
Alle esposizioni ufficiali di orchidologia internazionali, si nota sempre una colpevole latitanza di molte realtà produttive che in alti paesi fungono altresì da motore per i collezionisti: basta ricordare l’esposizione Europea di Copenaghen, dove l’EOC ha riconosciuto prestigio e dignità al nostro paese.
In quell’occasione, nonostante le spese fossero a carico dell’AIO, a rappresentare l’Italia con piante fiorite oltre a qualche amatore, ha risposto sì, soltanto un professionista.

Considerazioni
Ora il male oscuro che impedisce un deciso radicamento dell’amatorialità anche da noi è senza dubbio una somma di fattori, anche culturali, che trattengono linfa dalla miope politica di quanti a più riprese, perdono ogni occasione per aiutare con azioni concrete la nascita di un mercato che ancora non c’è.
Se non si capisce ciò, si andrà verso una sicura “entropizzazione”, perchè i “mercanti” di turno non troveranno più nessuno da “spremere” e torneranno a coltivare verdure di vario genere.
E’ mia intenzione, che quest’analisi critica, forse un po’ spietata, stimoli un “modus operandi” per far fronte agli impegni futuri ma che, soprattutto faccia rimediare gli errori di tutti e crei le premesse per una crescita generalizzata del nostro bellissimo hobby che in fondo è il motivo pregnante del nostro stare insieme……..”

Questo corsivo, certamente duro, ma un corsivo per sua natura deve essere duro, ottiene l’effetto di galvanizzare i venditori, al punto da convincerli ad assumere in proprio le spese per la “campagna elettorale” a mezzo posta, di una lista bloccata, per il rinnovo del consiglio AIO che sostanzialmente andrà a gestire l’EOC del 2006.
In quella lista, si taglia di brutto, l’impegno quasi esclusivo dell’associazione che dovrà gestire sul luogo, tutta la preparazione al 2006.

2001- 2002, UNA BRUTTA PAGINA PER L’ORCHIDOLOGIA ITALIANA

La tarda primavera del 2001, si caratterizza per la generale sollevazione dei commercianti Italiani di orchidee e di un dirigente locale, contro il corsivo dal titolo “IL MALE OSCURO, uscito sul notiziario ATAO.
Il notiziario incriminato, stampato in 5000 copie e distribuito capillarmente in occasione della seconda edizione di “Pordenone orchidea” (manifestazione che riscontra un grosso successo di pubblico e d’immagine), oltre a divulgare argomenti utili per gli appassionati, espone anche le sue perplessità sulla situazione generale.
E’ la prima grande divulgazione gratuita, di un opuscolo ben articolato, che parla di orchidee, opportunità scaturita dalla proficua collaborazione con un istituto di credito locale e non da sponsor dei commercianti di orchidee. Un notiziario apprezzato dal pubblico e criticato però, da una certa “corporazione” che già si fa notare, così come afferma l’allora segretario ATAO in una sua missiva al Presidente AIO…..omissis..“Ho lavorato con correttezza per l’AIO e sono stato messo alla berlina per aver contribuito a far uscire un notiziario “scandaloso” a detta dei puritani membri di Associazioni, mentre ho ricevuto complimenti per le notizie riguardanti le orchidee dai 4570 che lo hanno letto…”
Il 2001 è anche l’anno del rinnovo della struttura dirigente dell’AIO, che dovrà poi condurre l’Italia, nella gestione dell’esposizione Internazionale EOC del 2006.
Intanto, nel panorama del collezionismo Italiano, cominciano ad emergere giovani figure: un nome per tutti, Paolo Laghi, con le sue stupende miniature esposte alla mostra dell’AERADO di Bologna, che fanno ben sperare per il futuro. L’AIO, nel frattempo, cambia la sua vocazione di coordinamento delle realtà locali e diventa Associazione primaria, vale a dire con facoltà di raccogliere adesioni dirette e non più filtrate e reclutate dalle varie Associazioni locali.
Questo cambiamento, se da un lato democratizza l’AIO e la mette in linea con lo standard dell’associazionismo Italiano, d’altro canto, però, la configura come entità assestante e purtroppo sovrastante, qualsiasi organizzazione locale. Il nuovo assetto, come tutte le novità, presenta difetti e limiti e si presta purtroppo a facili ingerenze.
Nel nord ovest, tutto continua a tacere, almeno sembra: tutti i tentativi di risollevare l’ALAO, frantumatasi in vari spezzoni, risultano vani: sparita anche l’ultima presenza visiva dell’orchidario di Varese, la gloriosa stagione di Nando Natali, si eclissa del tutto. In questa fase di riassetto della dirigenza AIO, i produttori Lombardi, scoprono d’improvviso l’importanza dell’associazionismo, ma usano il loro strumento pubblicitario “Orchidee Made in Italy News” anche per nome e per conto dell’ALAO.
A settembre del 2001, nelle cassette delle lettere dei potenziali acquirenti Italiani d’orchidee, nonché iscritti alle varie associazioni di orchidologia Italiane, arrivano cataloghi, notizie varie ed esplicite sollecitazioni a votare in una certa maniera: mittenti, in forma associata, diversi produttori del nord.
Un mese dopo si eleggeranno i nuovi dirigenti AIO, e casualmente fra le pagine di questi cataloghi, viene inserito l’appello dell’ALAO a votare “bene”…e per bene significa lista bloccata.
Tutto questo può anche andare, peccato che l’appello consiste in una scheda elettorale con tutte sette le espressioni di voto possibili, già scritte. Come dire che il capo di un qualsiasi partito, ti spedisce a casa la scheda compilata, invitandoti a depositarla nell’urna.
I nomi non sono in discussione, potrebbe essere scritto, Mario Rossi su tutti sette gli spazi, è la gravità dell’azione che è sconcertante. Per quale motivo ed in virtù di quali accordi, dei commercianti assumono questa iniziativa, chi vogliono escludere e perché? Come mai questa improvvisa attività mai riscontrata prima?

Nella mia Qualità di Presidente dell’ATAO e quindi al di fuori della mischia in quanto membro di diritto in consiglio AIO, sconcertato da questa grave iniziativa , invio una lettera di protesta al Presidente AIO.
Il tenore della risposta del Presidente, congela i miei sentimenti di stima nei suoi confronti, ed inibisce qualsiasi mia replica, non quella del segretario ATAO che, qualche mese più tardi, in una sua missiva al Presidente AIO, fra l’altro afferma…..

“Mi sono chiesto, a che pro essere “lapidati” da chi rappresenta poche persone, oserei dire “quattro gatti” , quando anche tutto il movimento AIO è ancora nessuno, quando le associazioni spariscono invece che crescere, a che pro farci la guerra e offendere chi lavora ed esprime opinioni pur discutibili per il miglioramento dell’orchidologia italiana?…..omissis…
Ora voglio tornare a coltivare orchidee, non polemiche, anzi queste mi lasciano molto perplesso non ultima quella con il Presidente ATAO che secondo il mio personalissimo parere poteva avere, da una persona della Tua cultura, una risposta meno aggressiva alla sua voglia di “difendere” la sua Associazione. Purtroppo non è stato così, non hai usato la tua auspicata “visione politica e paziente del problema”, ma aggressività e ribalderia che non ti avevo letto nelle varie lettere di risposta a corrispondenza molto più pesante di quella ricevuta da De Vidi.”

In tutta questa amara sequenza di azioni, la nota molto dolente e decisiva per le mie future scelte associative, è la sostanziale “lavata di mani alla Ponzio Pilato”, del direttivo ATAO, non tanto con riferimento alla mia persona, ma alla figura rappresentativa del suo Presidente: ne prendo atto ed alla fine del mio mandato, manifesto con motivazione la personale indisponibilità a qualsiasi incarico elettivo futuro e poi anche all’adesione associativa.
Da quel momento il mio impegni divulgativi e di coltivazione proseguono con esposizioni, con informazione libera e contatti con tante persone, che, liberamente e senza vincoli d’iscrizione, partecipano con interesse a comuni esperienze.
Intanto, il tempo ed il reciproco rispetto, ristabiliscono la consolidata giovialità dei rapporti, con l’allora Presidente AIO.
L’ATAO, che nonostante tutto, continuo a rispettare, si muove senza la mia ingombrante presenza, e l’Italia della nuova AIO va all’esposizione del 2003 di Londra, senza orchidee e, tenuto soprattutto conto dei trascorsi e di tutte le esperienze positive pregresse, nella sua veste di prossimo Paese ospitante non fa certamente una gran bella figura: questa non è più storia, è quotidianità, con i suoi problemi aperti. Domani si vedrà.

Angraecum distichum Lindley

Collezione Guido De Vidi
Tutti i diritti sono riservati

Cycnoches

La forza della natura

SOTTOFAMIGLIA: Epidendroideae
TRIBÙ: Cymbidieae
SOTTOTRIBU’: Catasetinae
GENERE: Cycnoches
Cycnoches è un genere con 23 specie sparse in gran parte dell’America tropicale. Questo gruppo di orchidee, si caratterizza per i suoi pseudobulbi affusolati e lunghi, pieni di internodi, portanti foglie decidue. Dai nodi apicali si formano gli steli fiorali ricadenti.
I fiori dei Cycnoches sono unisessuati, oppure con entrambi i sessi, ma non ermafroditi. Generalmente i fiori maschili sono di più di quelli femminili si differenziano per la loro lunga colonna; inoltre, hanno i pollinia dotati di una vera e propria molla, che funge loro da motore per essere lanciati verso gli insetti impollinatori.
I due pollinia, rigidi e rotondeggianti, sono collegati ad uno stipite prolungato che alternativamente è collegato ad un viscidum rotondo. Sono piante epifite e vivono nelle foreste umide di pianura, da 0 a 600 metri d’altezza, tra i tronchi di alberi morti in decomposizione.
I Cycnoches durante il periodo vegetativo, amano temperature calde, tanta acqua e decisa fertilizzazione; terminata la fioritura, inizia il riposo che in queste orchidee è molto marcato al punto da dover sospendere qualsiasi bagnatura fino al successivo momento vegetativo.
Qualche coltivatore toglie dal vaso la pianta in riposo, elimina totalmente le radici dagli pseudobulbi e la deposita in ambiente illuminato ed asciutto in attesa del nuovo ciclo.

Cycnoches peruviana e/o peruvianum Rolfe 1891.
Sinonimo: Cycnoches egertonianum.
Luogo d’origine le foreste umide e calde del Perù; periodo di fioritura in natura, Autunno – Inverno.
Cycnoches peruviana, produce una lunga infiorescenza arquata e pendente. che può arrivare anche a 70 cm. di lunghezza.
Desidero mostrare questa fioritura perché ha dell’incredibile.
Come si può vedere nella foto, lo stelo fiorale esce dall’apice di un piccolo pseudobulbo formatosi alla stregua di keiki, con tanto d’apparato radicale, su di un nodo dello pseudobulbo giovane.
Questa accelerazione vegetativa è stata causata da un incidente di percorso, qualche mese fa lo stelo fiorale già formatosi sullo pseudobulbo di stagione, è stato brutalmente mangiato da una lumaca di passaggio. Ovviamente, venendo a mancare la possibilità riproduttiva a mezzo seme, la pianta, non essendo ancora entrata nel periodo di riposo è riuscita a formare una nuova piccola piantina che a sua volta è fiorita.
La forza della natura!! Questo post vuole elevare a valore, la voglia di vivere delle orchidee.