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Phalaenopsis, gioie e dolori… anche per i venditori.

Scrivere un post con tema “le Phalaenopsis” è fin troppo facile, in questo caso desidero farlo per due motivi, il primo bello e l’altro… quantomeno sconcertante

Questo è quello bello:
La mail di Noemi
Buongiorno a tutti/e,
qualche mese fa vi avevo scritto disperata per via dei boccioli secchi di Phal.
Ecco cosa mi ha regalato questo mese la stessa Phal grazie ai vostri preziosi consigli. Quindi GRAZIE!!!
Ho adesso due quesiti per voi:
Il primo riguarda quella strana creatura cresciuta sull’altro stelo (di cui vi mando la foto). Sembra una nuova piantina, ma non vedo radici: cosa devo fare?
Il secondo quesito invece riguarda degli Odontoglossum: volevo chiedervi cosa fare una volta che la pianta è sfiorita? Taglio lo stelo? e a che altezza?
Grazie ancora di tutto. Se non fosse stato per voi mi sarei disperata inutilmente, e invece veder fiorire il mio “semplice” ibrido, mi ha riempito di gioia.
Saluti a tutti/e,
Noemi

Hai visto Noemi, in un sol colpo hai ottenuto un bel stelo fiorale ben fiorito ed una nuova piantina 😉 sì quella strana creatura è un figlioletto (comunemente chiamato keiki…leggi questo post), una nuova piantina che piano piano emetterà le sue brave radici. Quando saranno lunghe dai 5 ai 10 cm potrai staccare la piantina e sistemarla in un nuovo vaso.
Lo stelo dell’ Odontoglossum puoi tagliarlo con tranquillità…ovviamente sterilizzando l’attrezzo con cui interverrai.

Quello sconcertante: mercato delle Phalaenopsis in tracollo.
Era nell’aria, l’invasione di Phalaenopsis che da tempo riempie gli scaffali di ogni garden, di ogni fiera e di tutti i centri commerciali, sta segnando il passo. Complice forse la crisi economica generale o forse l’eccesso di produzione, sta di fatto che in Olanda soprattutto, il mercato delle orchidee è fortemente in crisi.
La crisi è esplosa proprio nel cuore della produzione e del commercio delle orchidee, in Olanda.
Pare che, su è giù per l’Italia girino dei Tir con targhe del nord Europa carichi di orchidee, generalmente Phalaenopsis, alla ricerca di qualche occasionale acquirente grossista…a prezzi veramente stracciati.
Non ho notizie più dettagliate, certo che non è un bel segno.
Desidero concludere questa notizia flash con una raccomandazione: prima di acquistare orchidee, attente/i ai prezzi di ricarico…in queste situazioni i furbetti del quartierino sono sempre dietro l’angolo.

Sacile ed Onigo: le nostre belle orchidee tra la gente del Nord Est

Cronaca delle ultime esposizioni orchidofile di Orchids Club Italia
Con qualche ritardo riprendiamo il racconto delle nostre recenti esposizioni, in ordine cronologico: Sacile e Onigo.

Mostra sacile-foto Vincenzo
A vederle così, qualche osservatore esigente dirà – mostre senza venditori…quindi poco interessanti – ma è proprio vero che il valore delle mostre orchidofile va misurato con il numero dei commercianti presenti?
L’aspetto commerciale è sicuramente un parametro interessante ma non necessariamente l’unico, utile a valorizzare la divulgazione e la conoscenza delle orchidee.
A dire il vero, ultimamente la parola “mostra di orchidee” è assai inflazionata e fuori luogo. Spesso sono spacciate per esposizioni orchidofile, mere bancherelle di vendita con annessi piccoli angoli fioriti.
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Il genere Angraecum

Il genere Angraecum è molto variegato, si va da piccole piante con foglie distiche e fiori minutissimi (Angraecum disticum) a piante imponenti con fiori enormi (Angraecum sesquipedale) oppure con steli fiorali lunghissimi (Angraecum eburneum sottospecie superbum).

Collezione Guido De Vidi – diritti riservati
Le varie specie sono impollinate da farfalle notturne e quindi i loro fiori sono di colore bianco per poter essere visti al buio e quasi tutti emanano fragranza solamente nelle ore notturne.
Più avanti nel post faremo una carrellata completa sulla sistemazione tassonomica del genere Angraecum, per ora godiamoci questa foto nella quale si può ammirare la piacevole sproporzione fra la dimensione della pianta e quella del fiore, ecco la scheda:
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Keiki: le orchidee da bambine

Le orchidee si riproducono naturalmente: per impollinazione dei loro fiori, per filiazione e per divisione.

La parola “Keiki” è entrata nell’uso comune per indicare la filiazione delle orchidee.

La parola “keiki” è di origine hawaiana e significa letteralmente: “quello piccolo” o bambino. Con il termine Keiki, si individuano i figli che si sviluppano sui nodi (gemme dormienti) degli steli fiorali o degli pseudobulbi delle orchidee.

Keiki su stelo di Oncidium.
Alcune analisi sul fenomeno della filiazione delle orchidee.
Keiki su stelo di Aerangis biloba.

Stabilita l’origine e conosciuto il significato della parola “keiki”, arrivata a noi dai grandi ibridatori hawaiani di Dendrobium, Yamamoto, e da noi usata con facilità perchè sintetizza bene il concetto della riproduzione delle orchidee per filiazione, cerchiamo ora di capire questo sistema riproduttivo, tipico delle orchidee.
Il sistema vegetativo delle orchidee si divide in due tipologie: monopodiale e simpodiale. L’orchidea a sviluppo monopodiale vegeta in un unico fusto, attorno al quale, a partire dalla sua base, si forma un esteso apparato radicale. L’epiteto deriva dalla composizione di due parole greche, “mono” e “podio”.

Vanda suavis
L’orchidea monopodiale Vanda, (vedi foto a sinsistra), normalmente cresce in altezza senza formare cespi, ma quando la pianta si trova in buone condizioni ambientali decide di emettere delle nuove vegetazioni nodali ai lati del fusto, che si organizzano velocemente con un proprio apparato radicale; questi sono figli e se vogliamo possiamo anche chiamarli keiki.

Brassavola nodosa
Lo sviluppo vegetativo delle orchidee, chiamato simpodiale (vedi foto a sinistra), si sviluppa su più podi e struttura la pianta con unità vitali autosufficienti (pseudobulbi o fusti) lungo un rizoma orizzontale che in certi casi si divide in più direzioni. Le orchidee a sviluppo simpodiale o cespitoso, formano un blocco divisibile in tanti pezzi utosufficienti, ma non siamo in presenza del fenomeno della filiazione, bensì di una semplice riproduzione per divisione.

Keiki su pseudobulbo di Dendrobium.
Questo secondo gruppo di orchidee si è organizzato per generare figli, e lo fa in particolari condizioni, attivando delle unità vitali autosufficienti nelle gemme dormienti degli pseudobulbi (Dendrobium, Cattleya, Cyrtopodium ecc), oppure nei nodi degli steli fiorali di quelle che non possiedono pseudobulbi (Oncidium equitanti, Aerangis ed altri).

La filiazione delle orchidee è particolarmente evidente e comune, nei generi Dendrobium e Phalaenopsis. In alcune specie di Dendrobium, ad esempio Nobile ed ibridi derivanti; purtroppo il fenomeno si manifesta anche involontariamente ed è spesso motivo di delusione degli appassionati.
In precedenza si era affermato che la filiazione avviene in particolari condizioni vegetative e per l’appunto, con i Dendrobium, che richiedono il classico periodo di freddo/secco, se involontariamente si forza o si altera il loro normale ciclo vegetativo, le gemme nodali già pronte per emettere le infiorescenze, decidono che è più semplice ed utile produrre nuove piante.
Questo non avviene solo nelle orchidee, tutti conosciamo Chlorophytum (pianta ragno) che sviluppa comunemente le nuove piante lungo le vegetazioni avventizie.

Phalaenopsis con stelo fiorale secondario.
Il genere Phalaenopsis attiva un trucco simile sui nodi posti lungo gli steli fiorali dove possono svilupparsi nuovi getti laterali. Lungo lo stelo fiorale si possono notare dei piccoli nodi appena pronunciati, in circostanze normali queste piccole brattee rimangono dormienti ed inutilizzate, appena terminata la normale fioritura possono manifestarsi due fenomeni vegetativi: da una o più gemme dormienti ripartono dei nuovi steli fiorali secondari, oppure si formano nuove piantine.
In quest’ultimo caso siamo in presenza del famoso “keiki” e cioè una piccola pianta, che si sviluppa da uno dei nodi lungo il gambo principale. Il motivo di questa specifica induzione vegetativa è determinato da una consistente l’accumulazione di ormoni dello sviluppo, questo processo chimico può essere naturale, oppure indotto con la “colla di keiki”, una soluzione concentrata degli ormoni di sviluppo. Le nuove piante formatesi in questo modo, possono rimanere attaccate alla pianta madre finché non avranno sviluppato un buon apparato radicale: generalmente. dall’induzione al momento della separazione, potranno trascorrere anche sei mesi.
Una volta staccate, le nuove piantine andranno sistemate in vasi oppure supporti di legno duro e ruvido, con le stesse modalità in uso nei normali rinvasi delle piante madri.

Phalaenopsis in casa

Quel famoso internodo, secondo terzo o aspettare?

Buongiorno…
mi chiamo Alessia!
Nel mese di Ottobre 2004, mi è stata regalata una Phalaenopsis… aveva molti fiori e anche molto belli…
ora è sfiorita, e molti mi hanno detto di tagliarla sopra al secondo nodo per farla rifiorire… è giusto? Mi potreste dare info su come e dove tagliare? Quanto tempo ci vuole perchè possa nuovamente crescere il ramo floreale? Io per ora la sto annaffiando con acqua non calcarea 1 volta a settimana, e ogni due settimana la concimo con apposito fertilizzante… vorrei riuscire a mantenerla bene anche perchè tengo molto a questa orchidea.


Steli rifiorenti
Alessia pone un problema che assilla tutti i possessori delle mitiche Phalaenopsis.
Le ibridazioni commerciali, hanno reso molto popolare questo genere d’orchidee e si può ben dire che ormai regnano in tutte le nostre case.
Con facili cure, le Phalaenopsis vivono e convivono con le ansie ed i patemi d’animo di tante amiche ed amici, sempre attenti agli spruzzini, temperature, trucchi per umidificare, illuminazioni artificiali ecc.
Per quanto riguarda storia e coltivazione delle Phalaenopsis, vi rimando a questo post , con questo racconto desidero parlare dell’ormai famosa frase: taglio o non taglio al secondo, terzo internodo?

Sappiamo che la Phalaenopsis è rifiorente sullo stesso stelo e questo fenomeno crea sempre delle attese fra i possessori di queste orchidee.
Molte specie di Phalaenopsis, in natura, sono in sostanza sempre in fiore.
Nella foto sopra, si può notare lo stelo secondario fiorito al terzo internodo e la parte superiore ancora presente
Gli ibridi commerciali che invadono le nostre case, raccolgono queste caratteristiche genetiche e se le condizioni delle piante lo consentono, dallo stelo principale si formano steli secondari in progressione.
Si tratta quindi di capire se la salute della pianta consente di lasciarle spendere energie nella fioritura continua. In certi casi, per rinforzare la pianta, conviene recidere alla base gli steli, una volta sfioriti.
Fra le varie leggende metropolitane distribuite dai venditori, la più in voga è quella di tagliare lo stelo sfiorito, al secondo internodo: di se, non è un consiglio sbagliato, è solo un fatto estetico, quasi inutile.
E’ inutile perché anche se rimane lo stelo sfiorito intero, sarà la pianta a decidere se e dove produrre i nuovi getti fiorali.
A mio avviso sarà invece utile aspettare che la nostra pianta decida dove rifiorire, una volta che il nuovo stelo avrà maturato i boccioli, si potrà recidere la parte superiore.
Può capitare che lo stelo sfiorito si secchi, in tal caso conviene reciderlo alla base.
Nota finale: qualsiasi operazione va fatta con utensili sterili.