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Laelia: fascino e mito
Un genere intrigante e molto usato per le ibridazioni.
Una Laelia non si nega a nessuno!
Le orchidee appartenenti a questo genere fanno fantasticare i collezionisti per le ampie soddisfazioni nella coltivazione di alcune specie e per le sfide lanciate da altre.
Si sa che il collezionista di orchidee ama le sfide più difficili ed è attratto da tutto quanto fa mistero e mito, le Laelie si prestano alle sfide… soprattutto quelle rupicole.
Io non so coltivarle con sicurezza, preferisco coltivare un po’ male tutte le orchidee della mia collezione…”coltivale tutte un po’ male, solo così vivranno tutte un po’ bene”.
Ad ogni buon conto, le Laelie stanno bene in ogni collezione, rupicole o non rupicole poco importa.
Classificazione scientifica del genere:
Laelia Lindl. 1831
Famiglia: Orchidaceae
Sottofamiglia: Epidendroideae
Tribù: Epidendreae
Sottotribù: Laeliinae
Genere: Laelia
Sinonimi:
Amalias Hoffmannsegg 1842
Specie tipo: Bletia grandiflora La Llave & Lex. 1825, Laelia grandiflora [LaLave & Lex.]Lindley 1831, Laelia speciosa (Kunth) Schltr. 1914
Distribuzione: Il genere Laelia ha una distribuzione geografica che comprende Cuba, Messico, Argentina nel Sudamerica, ma il maggior numero di specie si trova in Brasile.
Fin qui non ci piove sopra o almeno si spera. Appena ci si addentra nelle varie specie che compongono questo genere di orchidee cominciano i dolori.
Laelia è un genere importante e molto apprezzato per la bellezza dei suoi fiori e anche per le peculiarità genetiche che si prestano con particolare successo alle ibridazioni.
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Orchidee in mostra… virtuale
Tanti visitatori all’esposizione virtuale: superate le 400 visite giornaliere al blog
Internet-expò può essere visitata anche sul sito di Alberto
Ancora una rossa veramente maestosa.
Lc Fire Dance ‘Patricia’ (=C. aurantiaca x Fire Island)
Per poter ammirare la pianta nella sua completezza vi rimando ad una foto dell’ anno scorso…da solo non riesco a togliere la pianta dalla sua postazione in serra.
Abbandoniamo le rosse…per il momento e concediamoci una vera chicca:
Laelia sincorana Schlechter 1917
Sottogenere: Crispae
Sezione: Sincoranae Withner 1990
Sinonimi: Cattleya grosvenori Ruschi 1969; Hadrolaelia sincorana ( Schltr. ) Chiron & VPCastro 2002; Sophronitis sincorana (Schltr.) C. Berg & MW Chase 2000
Mniatura brasiliana epifita e/o litofita da clima secco. E’ endemica ad altitudini di circa 1100 1500 metri dove cresce sugli anfratti delle lastre rocciose di arenaria sterile e sui tronchi dei cespugli di Velloizia.
Orchidea a sviluppo simpodiale con pseudobulbi sub-globosi, leggermente compressi lateralmente e dotati di un’unica foglia apicale (7-10 cm), di forma ovale o ellittica, rigida, carnosa de un po arrotondata.
Laelia sincorana fiorisce in inverno e primavera. All’apice dei nuovi pseudobulbi si formano delle corte infiorescenze che portano da 1 a 4 fiori di grande dimensione (7-10 cm) rispetto alla pianta. In coltivazione questa specie ha bisogno di un riposo molto secco in inverno e può essere coltivata sia su zattera che su vaso con substrato sterile (miscela di materiale roccioso) oppure anche in bark.
Per ottenere buone fioriture è indispensabile coltivare questa specie in un luogo luminoso ventilato con temperature intermedie.
La foto vi mostra la pianta coltivata in vaso con substrato di “bark” corteccia d’abete di media pezzatura.
Come si può notare anche le specie di Laelia più “ostiche” possono essere facilmente coltivate senza l’ausilio di substrati misteriosi.
Altre notizie sulla Laelia sincorana le potete trovare su questo post
Nota: la stessa pianta, quest’anno è fiorita con un mese d’anticipo rispetto all’anno scorso.
Dendrobium, facili o difficili?
Un genere con oltre 1500 specie, tanto desiderate, temute e poco conosciute.
E’ assai difficile descrivere con semplicità e completezza le orchidee appartenenti al genere Dendrobium.
Questo genere assume il nome Dendrobium nel 1799 con la descrizione del botanico Svedese Olof Swartz (1760-1818), pubblicata su (Nova Acta Regiae Societatis Scientiarum Upsalensis ser. 2, 6: 82 (1799).
L’appellativo deriva dalla combinazione di due parole greche (dendron = albero e bios = vita) a significare la vocazione epifitica di gran parte delle specie appartenenti a questo genere (vita sugli alberi).
All’inizio erano note poche decine di specie, ora oltre 1500 e questo genere è uno dei più numerosi nella famiglia delle orchidee, la specie tipo è: Dendrobium moniliforme.
Il genere Dendrobium è presente in tutto il Sud Est Asiatico e nel continente Australe. E’ un genere molto complesso, sia per la forma e dimensione delle sue piante, che per esigenze biologiche e vive in habitat molto diversi, dalle pianure basse alle alte foreste umide.
Collezione Guido De Vidi
Ci sono specie piccolissime, 5 centimetri ed altre enormi con fusti lunghi anche 4 – 5 metri, alcune hanno foglie caduche piuttosto che teretiformis e molte invece sono sempre verdi, disposte in sequenza distica oppure a foglia singola.
Le infiorescenze dei Dendrobium possono essere laterali, subapicali o apicali, munite di pochi fiori oppure con fitti pannicoli a forma di spazzola.
Questa breve introduzione del genere Dendrobium lascia subito intendere quanto è difficile cimentarsi nella coltivazione e non da ultimo anche nello studio scientifico.
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Paphiopedilum rothschildianum
Padri e figli
Paphiopedilum rothschildianum (Rchb. f.) Pfitzer 1895 Subgen Polyantha Sec. Mastigopetalum Haller 1897.
Sinonimi: Cordula rothschildiana (Rchb.f) Rolfe 1912; Cypripedium neo-guineense Linden 1888; Cypripedium nicholsonianum Hort; Cypripedium rothschildianum Rchb.f. 1888.
Paphiopedilum rothschildianum: l’habitat naturale di questa specie è caratterizzato dai freschi versanti del Monte Kinabalu nel Borneo malese – regione del Sabah – e prende il nome dal barone Ferdinand de Rothschild, membro di una fomosa famiglia di banchieri Svizzeri (1800) nonché collezionisti di orchidee. Il fiore si vede raramente fuori del suo habitat naturale, e questa fioritura nella mia collezione è un’occasione particolarmente meravigliosa, per vederlo, toccarlo e fotografarlo dal vivo.
E’ un’orchidea terrestre, a volte anche litofita, vive fra i pendii e le scogliere delle strette valli del Borneo lungo i corsi d’acqua corrente ad oltre 1200 metri d’altezza. E’ una pianta di grandi dimensioni a crescita molto lenta, con foglie ellittiche e ligulate, che possono raggiungere anche i 60 centimetri di lunghezza.
Lo stelo fiorale esce dal centro del ceppo fogliare maturato durante l’anno, ha un portamento eretto, alto 70 – 80 centimetri, marcatamente rossastro e pubescente, con brattee fiorali ellittico/ovali portanti da due a quattro fiori di grandi dimensioni, color rossastro con striature bianche sul sepalo dorsale. Le punte dei due petali laterali possono raggiungere anche i 25 cm. La pianta in fotografia misura 28 centimetri, fra gli estremi dei petali laterali. In coltivazione Paphiopedilum rothschildianum fiorisce di norma in primavera estate.
Nei luoghi di endemicità, Paphiopedilum rothschildianum predilige siti prospicienti i corsi d’acqua corrente con buona luminosità lievemente filtrata da ombreggiatura. Questa straordinaria specie botanica va coltivata in serra intermedia, il rinvaso va fatto soltanto se le radici occupano tutto il vaso; l’apparato radicale non va toccato, intervenire soltanto se si notano marcescenze nell’apparato radicale. Il substrato per il rinvaso può essere costituito da due parti di corteccia più o meno sminuzzata secondo la dimensione della pianta, una parte di torba di sfagno, una di agriperlite mista a sabbia grossolana e granito calcareo.
Paphiopedilum rhotschildianum va concimato ogni mese con fertilizzante equilibrato in dose 0,5 g. per litro d’acqua. Il substrato del vaso va mantenuto umido e non bagnato, la pianta va sistemata nella parte più ventilata della serra intermedia, lasciando abbastanza spazio attorno ad essa.
I neofiti che si avvicinano al mondo delle orchidee sentono spesso parlare di piante costose, ma ugualmente, molto mitizzate dai collezionisti di lungo corso e spesso non riescono a capirne i motivi. Uno di questi miti è stato per lungo tempo il famoso Paphiopedilum rhotschildianum, e per certi aspetti continua ancora ad esserlo, ma da dove nasce tutto questo desiderio di possederlo?
A mio parere i motivi sono essenzialmente tre: lentezza di sviluppo della pianta (questa che vedete nella foto ha circa 20 anni ed ha iniziato a fiorire da non più di 4-5 anni fa), secondo motivo è sicuramente dovuto al divieto di commercializzazione di piante raccolte in sito, terzo fattore è la sua relativa difficoltà di riproduzione da seme (pare che la germinalità dei suoi semi sia molto limitata).
Quindi cari amici orchidofili, cercate pure il vostro Paphiopedilum rhotschildianum, ma munitevi di pazienza e costanza, possibilmente compratevi piante di piccole dimensioni ed assicuratevi dell’affidabilità del fornitore.
Attorno a questa specie sono nate e continuano a nascere varie leggende… strane importazioni a prezzi stracciati, semine favolose, varietà super premiate – costosissime – che poi non si dimostrano sempre all’altezza dei titoli; queste e tante altre storie servono solamente a far crescere il suo mito ed il suo costo di vendita!!
La pianta della foto è stata acquistata nel 1985 da Lecoufle, molto piccola, un unico ceppo di 6-7 centimetri, regolarmente spostato ogni due anni in un vaso più grande, senza manomettere le sue radici per evitare ferite accidentali: così facendo si mantenevano sempre in forma.
Finalmente qualche anno fa si è presentata l’opportunità di dividerla e vi garantisco che non è stata un’operazione tanto tranaquilla, ora ho due esemplari di provenienza Lecoufle.
Nella mia collezione c’è anche un’altro esemplare di provenienza storica!
Paphiopedilum rhotschildianum Charles E. FCC/AOS, acquistato in Germania negli anni 80 da due miei amici che ora non coltivano più orchidee al costo di 500.000 lire. Visto il prezzo, la pianta fu comprata in copropprietà e appena fu possibile (forse anche prima del possibile) fu divisa in due parti. Una delle due non ha avuto lunga vita, l’altra è arrivata nella mia serra senza foglie, ma per fortuna con il ceppo radicale ancora vegeto: ora siamo prossimi alla seconda fioritura.