Orto Botanico di Padova e visita alle Phal. dei Fratelli Menin

Ripropongo un bellissimo reportage… scritto un lustro fa! Sembra ieri.

Il sabato dell’orto: una bella giornata di cultura, amicizia ed allegria.
La giornata, interessante e coinvolgente è scivolata velocemente. Per i più lontani l’avventura è cominciata ancora con il buio e, complice l’indesiderata nebbia, si è verificato qualche ritardo: ad ogni modo, il gruppo del Club si è compattato in sintonia con i programmi.
La neve caduta i giorni precedenti ed i deboli raggi di sole, che filtravano a fatica tra la nebbia Patavina, rendevano ancor più incantati gli aerali esterni dell’Orto.
A camminare infreddoliti, lungo i viali dell’Orto botanico di Padova eravamo quasi una cinquantina di visitatori del gruppo “Orchids Club”.
L’interesse di noi orchidofili era rivolto soprattutto alla serra delle orchidee, ma la bravura di Roberto (curatore delle serre e per l’occasione, nostra guida) ha catturato la generale attenzione e ci ha accompagnato in un viaggio affascinante, carico di cultura, storia e magica atmosfera tra le piante dormienti dell’Orto.

HORTUS SIMPLICIUM
Un viaggio carico di storia, architettura e botanica, lungo quasi mezzo millennio.

Ieri, davanti a noi c’era un partimonio storico ambientale di primaria importanza, che possiamo considerare l’origine di tutti gli orti botanici del mondo, la culla della scienza, degli scambi scientifici e della comprensione delle relazioni tra la natura e la cultura. Un patrimono sotto l’egida dell’Unesco, che ha largamente contribuito al progresso di numerose discipline scientifiche moderne, in particolare la botanica, la medicina, la chimica, l’ecologia e la farmacia.

Cenni storici
L’Orto botanico di Padova, fondato nel 1545 su un terreno dei Monaci Benedettini di Santa Giustina è il più antico Orto Botanico Universitario del mondo, tuttora esistente. Fu istituito su delibera del Senato della Repubblica Veneta per la coltivazione delle piante medicinali, che allora costituivano la grande maggioranza dei “semplici”, cioè di quei medicamenti che provenivano direttamente dalla natura.
Proprio per questa ragione i primi Orti botanici furono denominati “Horti simplicium”.
Regnava allora grande incertezza circa l’identificazione delle piante usate in terapia dai celebri medici dell’antichità e frequenti erano gli errori ed anche le frodi, con grave danno per la salute pubblica.
L’istituzione di un Horto Medicinale, sollecitata da Francesco Bonafede che ricopriva la Cattedra di “Lettura dei semplici”, avrebbe permesso agli studenti un più facile riconoscimento delle vere piante medicinali. Per questo scopo, il primo “custode” dell’Orto, Luigi Squalermo detto Anguillara, vi fece introdurre e coltivare un gran numero di specie (circa 1800).
Non esistono documenti che attestino la paternità del progetto dell’Horto medicinale, mentre è documentato il coinvolgimento nei lavori di esecuzione dell’architetto bergamasco Andrea Moroni, in quel tempo impegnato nella costruzione di importanti edifici pubblici e religiosi, come il Palazzo Moroni.
La forma trapezoidale del terreno a disposizione condizionò la pianta dell’Orto. Fu creata una struttura circolare con un quadrato inscritto, suddiviso in quattro quadrati più piccoli e da due viali perpendicolari. Pochi anni dopo la fondazione, nel 1552, fu costruito un muro circolare di recinzione (da cui anche i nomi di Hortus sphaericus, o Hortus cinctus, oppure Hortus conclusus), per impedire i continui furti notturni delle preziose piante medicinali coltivate nell’Orto.
La struttura architettonica dell’Orto subì in tempi successivi modifiche e arricchimenti, che però non alterarono in modo sostanziale il disegno originario.
Successivamente vennero anche realizzate serre in muratura, in sostituzione delle “conserve” mobili utilizzate in precedenza; una di queste serre ottocentesche conserva ancora l’originale struttura interna con eleganti archi e colonnine in ghisa.
Con l’aumentare dell’importanza dell’Orto si resero necessari spazi attrezzati per lo studio della botanica e fu perciò costruita un’aula ad emiciclo della capienza di cento studenti, detta “teatro botanico”, tuttora in uso per lezioni e riunioni. Sul cornicione del “teatro botanico” furono collocati i busti di eminenti studiosi: al centro quello di Francesco Bonafede, promotore dell’istituzione dell’Horto medicinale, e quelli di Giuseppe Pitton de Tournefort, Carlo Linneo, Antonio Bernardo de Jussieu e di Marcello Malpighi.

Vivono nell’Orto patavino alcune piante notevoli per la loro vetustà, normalmente indicate come alberi storici.

Il curatore delle serre esotiche sta illustrando la “Palma di Goethe”

All’interno dell’Hortus sphaericus si possono ammirare una palma di S. Pietro (Chamaerops humilis L.) che è attualmente la pianta più antica dell’Orto in quanto messa a dimora nel 1585 e resa famosa da Goethe, alla quale dedicò anche alcuni scritti ed opere scientifiche, un ginkgo (Ginkgo biloba L.) del 1750 ed una magnolia (Magnolia grandiflora L.) probabilmente piantata nel 1786 e ritenuta la più antica d’Europa.
Altri alberi storici si trovano nell’Arboretum realizzato dalla seconda metà del Settecento, ad opera dei Prefetti Giovanni Marsili e Roberto de Visiani, situato all’esterno del muro circolare. In quest’area fu inserita anche una collinetta artificiale (“Montagnola” o Belvedere) con sentieri sinuosi secondo un disegno di parco romantico all’inglese.
Si trovano in questi spazi un gigantesco platano orientale (Platanus orientalis L.) del 1680 con il fusto cavo ed inoltre un cedro dell’Himalaya (Cedrus deodara (D.Don) G.Don fil.), molto meno vetusto del precedente e quindi non ancora considerato albero storico, ma importante perché si tratta del primo esemplare di questa specie introdotto in Italia (1828).
Alberi interessanti – anche se non storici – sono gli annosi Cipressi calvi (Taxodium distichum (L.) Rich.) originari delle paludi della Florida e della Louisiana, inseriti lungo il canale Alicorno presso il ponte di ingresso (Ponte delle Priare) ed una Metasequoia (Metasequoia glyptostroboides Hu& Cheng), specie conosciuta solo come fossile fino al 1942, poi trovata vivente nella Cina Occidentale. I suoi semi sono stati diffusi in tutto il mondo e un individuo vive dal 1961, nel quarto medicinale presso la porta Sud, accostato alla cinta muraria dell’Ortro.
In vicinanza della porta Nord, è vissuto fino al 1984 un venerando esemplare di Agnocasto (Vitex agnus-castus L.) la cui presenza in Orto è testimoniata dal 1550.

Abbiamo visitato anche le serre tropicali, e…la serra delle orchidee.
Alla vista della serra delle orchidee, per noi orchidofili è stato come scoprirle quasi nascoste per caso fra altri importanti generi vegetali. La collezione dell’Orto botanico, curata con passione e bravura da Roberto, ci ha fatto vivere sensazioni quasi reverenziali: le specie di orchideee presenti, seppur abbastanza comuni nelle nostre collezioni, assumono una portanza unica… loro abitano in luoghi famosi ed importanti.
C’erano diversi esemplari di Phapiopedilum, non molte specie per la verità e quasi tutte a foglia verde lanceolata (da serra fredda tipo P. insigne), ma fra queste ha attirato la mia attenzione una pianta con tre getti a foglie maculate Paphiopedilum delenatii Guillaumin …..il curatore ha detto che è una pianta in affidamento, frutto di un sequestro della polizia doganale Aeroportuale.

Finita la visita (ore 12.30 circa) ci siamo dati appuntamento per la meritata siesta in una trattoria della bassa Padovana per poi andare in visita alle serre dei F.lli Menin.
La pausa conviviale è stata una piacevole occasione per fraternizzare. Questa volta eravamo in tanti e molte amiche ed amici si incontravano per la prima volta.
L’immancabile Prosecco di Cartizze del brindisi iniziale, la buona cucina e le tante cose da dirci con i piedi sotto la tavola ci hanno sorpreso alle 15 e 30 ancora in Ristorante.

Caffé veloce e via di corsa alle vicine serre, dove ci stavano attendendo i titolari.
L’Azienda dei Fratelli Menin produce Orchidee (soprattutto Phalaenopsis) e Lilium; si articola in 45.000 metri quadri di serre riscaldate.
Giunti nella prima serra, che funge praticamente da magazzino di carico scarico, uffici ed officina, siamo stati sottoposti ad una simpatica operazione di “decontaminazione”.
L’ambiente delle serre deve essere il più possibile protetto da agenti batterici e fungini esterni e pertanto l’accesso di persone estranee deve avvenire con cautela.
A titolo cautelativo abbiamo indossato dei grembiuli, abbiamo coperto le scarpe con del tessuto non tessuto e ci siamo strofinati le mani con una sostanza gelatinosa anti spore fungine.
Così conciati abbiamo iniziato a seguire il ciclo vegetativo delle Phalaenopsis (fiore all’occhiello della coltivazione aziendale).

Serre a temperatura costante 28° nella fase di crescita delle Phalaenopsis
Le piantine di Phalaenopsis giungono dai loro fornitori (olandesi penso) già seminate in contenitori comuni, quando hanno ormai un anno d’età.
Sono trapiantate in vasi di plastica trasparenti e sistemate in bancali semoventi, dove iniziano un ciclo di circa 40 settimane dedicate allo sviluppo.
In questa loro fase di vita, rimangono ad una temperatura costante di 27 – 28 gradi centigradi con il 60 – 70% d’umidità relativa e sono sottoposte ad un ciclo luminoso giornaliero di 13 ore con 6000 lux medi.
Un programma computerizzato registra ed elabora costantemente i dati di sviluppo (implementati ancora con l’ausilio di operatori esterni) stabilisce volta per volta le necessità alimentari, idriche e luminose delle piante.
A breve il programma sarà completamente automatizzato attraverso l’inserimento di sensori nelle piante, che rileveranno in tempo reale lo stato complessivo dello sviluppo.
La nostra guida poneva l’accento con passione sul concetto, che l’intero ciclo dello sviluppo non deve mai subire rallentamenti: ogni trauma ( siccità, acqua troppo fredda, luce ecc) influisce negativamente.

Solamente acqua piovana o trattata con osmosi inversa
Per questi motivi è usata quasi esclusivamente acqua piovana (tutti i tetti delle serre sono dotati di gronde raccoglitrici, che trasportano l’acqua delle piogge in capienti vasche di raccolta), nei casi di mancanza di quella piovana è usata acqua trattata con il processo d’osmosi inversa.
Allo scopo di evitare indesiderati stress alle piante, l’acqua di bagnatura è portata alla stessa temperatura dell’ambiente: 26 – 28 gradi.

La fase del freddo
Terminato il ciclo di crescita delle Phalaenopsis, queste, sono spostate in serre fredde per 9 settimane, in gergo “in frigo” a temperatura oscillante tra i 15 ed i 18 gradi e sottoposte a luce pilotata non inferiore ai 13.000 lux medi giornalieri.
E’ questo il periodo dello stress freddo e secco (l’umidità ambientale può e deve diminuire rispetto a prima) in cui le phalaenopsis sono indotte alla fioritura; è anche il momento decisivo del raccolto: più gemme fiorali sono indotte ad ingrossarsi, più steli cresceranno e le piante acquisteranno più valore commerciale.
A questo punto le Phalaenopsis sono pronte per inondare il mercato; quelle dell’Azienda Menin sono sicuramente resistenti e presentano fioriture molto durature.

Durante l’escursione, le amiche ed amici presenti hanno posto domande a raffica…nei loro sguardi traspariva sorpresa e smarrimento, davanti a tutte quelle orchidee in ottima salute.
Le due domande d’obbligo riguardavano la concimazione e la frequenza di bagnatura, cruccio e angoscia di tutti gli orchidofili.

Le concimazioni vengono somministrate ad ogni bagnatura, in quantità e titolazione stabilita volta per volta da uno staff tecnico, dopo aver elaborato i dati di crescita rilevati dal programma computerizzato.

Le bagnature non hanno una cadenza fissa e sono altresì decise da tre tecnici che dopo aver ispezionato autonomamente lo stato del substrato, si consultano e prendono una decisione a maggioranza. I riferimenti da valutare riguardano il peso dei vasi (di plastica trasparente), il colore delle radici ( ancora verdi = non bagnare, bianche = valutaziona favorvole alla bagnatura) e non da ultimo, la fase di coltivazione: periodo di sviluppo piuttosto che condizione di stress freddo e secco per la stimolazione delle gemme fiorali.

Si dirà, cosa centra tutta questa prosopopea sulla coltivazione intensiva…con il collezionismo delle orchidee? Non molto per la verità, ma serve sicuramente a farci conoscere di più, la vita di tutte le orchidee cosiddette “commerciali”. Serve anche a capire quanto sono duttili le nostre orchidee, che riescono a vivere…ed anche bene, anche in condizioni estreme.

Appuntamento all’EOC di Padova
La giornata è terminata verso le 18… immancabilmente, a tarallucci e vino. Ci siamo scambiati affettuosamente i saluti e nel cuore abbiamo conservato tanta voglia di ritrovarci…guarda caso ancora a Padova, all’EOC fra un mese.

Alcune notizie relative all’Ortobotanico sono tratte liberamente dal sito: www.ortobotanico.unipd.it

Dendrobium speciosum, il re delle orchidee… “detto anche giglio delle rocce

Dendrobium speciosum, considerato da molti collezionisti il Re delle orchidee.

Oggi la giornata è fredda e luminosa, il sole entra in serra, filtrato da quel sottile velo di polveri finissime che col tempo oscurano sempre più, la parte esterna del tetto e delle pareti. Una patina verde di alghe minute, dipinge l’interno con strani disegni, resi ancor più metafisici dalle tracce informi, disegnate da qualche lumaca in cerca di cibo. Con le alghe e con i muschi della mia serra, ho ingaggiato da anni una bella sfida per il mantenimento dell’equilibrio ecologico e biologico complessivo.
Alghe, muschi e licheni in serra, sono segnalatori importantissimi della bontà dell’habitat interno e quindi il coltivatore di orchidee deve imparare a convivere con essi e soprattutto non deve modificare il precario equilibrio biologico complessivo, da un lato impedendo una loro eccessiva proliferazione, e, d’altro canto, garantendogli buone condizioni vitali che poi indirettamente, risultano ottimali anche per le orchidee.
Durante la stagione invernale le pareti interne della mia serra si ricoprono di un esteso strato di alghe verdi che impediscono progressivamente alla luce di filtrare e quindi, in ossequio a quanto scritto prima, con le prime giornate primaverili, calde e soleggiate, devo immancabilmente attivare le “grandi pulizie Pasquali”, che si materializzano in un lavaggio generale di tetto e pareti, con l’ausilio di un getto d’acqua a 20 atmosfere: alla fine dei lavori esco dalla serra, bagnato più delle piante.

Descrizione
Ho iniziato il mio racconto con l’intenzione di descrivervi una specie interessantissima, profumata e bella al punto da essere chiamata “speciosa”.
Come spesso capita quando si cercano notizie sulle orchidee, si consultano i libri della biblioteca, poi si fa qualche ricerca sul web, ed ecco che le sorprese non mancano: quella che da anni conoscevi come Dendrobium speciosum ha cambiato nome… non ancora formalmente, però!
Leggeremo più avanti che questa specie è originaria del continente Australe. Qualche anno fa un gruppo di tassonomi australiani ha pubblicato uno studio per una nuova nomenclatura dei Dendrobium australiani “Clements, M.A. & Jones, D.L. (2002) Nomenclatural changes in the Dendrobieae (Orchidaceae) 1: The Australasian Region. The Orchadian 13(11)”. Secondo le analisi di questi tassonomi, anche la nostra stupenda orchidea dovrebbe cambiare nome e diventare: Thelychiton speciosus
Però, il mondo scientifico internazionale non la considera una nomenclatura accettata e quindi, formalmente, il nome accettato di specie rimane: Dendrobium speciosum (Smith), Exot. Bot. 1: 17 (1804).
Sinonimi:
Callista speciosa (Sm.) Kuntze, Revis. Gen. Pl. 2: 655 (1891).
Dendrobium speciosum var. typicum Domin, Biblioth. Bot. 89: 539 (1915), nom. inval.
Dendrocoryne speciosum (Sm.) Brieger, Schlechter Orchideen 1(11-12): 724 (1981).
Tropilis speciosa (Sm.) Butzin, Willdenowia 12: 250 (1982).

Note storiche
L’epiteto latino specios(us) è stato assegnato a quest’orchidea per esprimere la bellezza dei suoi grandi steli fiorali carichi di molti fiori profumati color crema, da Sir James Smith.
Sir James Smith ricevette in regalo una pianta di Dendrobium speciosum dal Chirurgo J. Whit che la raccolse a Port Jackson. Questa pianta si trova ora all’Herbarium di Linn; altre piante di Dendrobium speciosum furono inviate al Kew Garden da Cunningham nel 1823.
Questa specie spettacolare è ampiamente presente lungo il litorale orientale dell’Australia, dove si sviluppa generalmente sulle rocce di arenaria e più raramente sugli alberi.
Generalmente, questa orchidea a sviluppo simpodiale cresce sulle scogliere rocciose ed è quindi litofita. Qualche colonia può essere trovata anche sugli alberi delle foreste vicine alle scogliere dove si formano dei gruppi giganteschi di piante che offrono viste spettacolari, quando sono in fiore.
In coltivazione non è una pianta di facile fioritura, richiede tutta la luce possibile ed un periodo fresco e secco prima della fioritura. Se si riesce a garantire condizioni ottimali, fiorisce in inverno – Gennaio – ed i suoi fiori emanano un gradevole profumo, ad ogni buon conto, Dendrobium speciosum è un buon biglietto da visita per il collezionista.
Nel suo habitat naturale, Dendrobium speciosum occupa una vasta gamma, che può variare dal livello del mare alle quote alte della montagna. In ogni caso assumono sempre particolare importanza la luce che deve essere generosa, la temperatura che nella stagione invernale deve scendere decisamente, ed il clima che in tale periodo deve essere secco.
Questa orchidea è fra le più grandi che si possono trovare in Australia.
I grandi pseudobulbi a forma conica con diametro di 5 – 6 centimetri alla base e 3 all’apice, possono raggiungere anche 60 centimetri d’altezza e portano più foglie apicali.
Gli pseudobulbi rimangono sulla pianta per molti anni (anche 12) e formano quindi dei ceppi enormi. Le radici raramente sono aeree e tendono invece a svilupparsi in modo compatto alla base, spargendosi attraverso le fessure della roccia arenaria.
Una delle sensazioni più piacevoli offerte dal Dendrobium speciosum in natura è l’aroma, che può propagarsi fino a grandi distanze dai fiori che lo emanano. I gambi dei fiori sono eretti, lunghi e diritti o un po incurvati, con i racemi molto lunghi portanti anche 70 – 100 fiori.
I colori dei fiori variano dal bianco, al crema, al colore giallo forte: il labello è bianco con macchiaturee venature color rosso porpora, i fiori possono rimanere aperti per fino a 2 o 3 settimane.
Dalla semina, possono trascorrere anche 10 anni prima di veder fiorire il Dendrobium speciosum.
Dendrobium speciosum è una delle orchidee più facili da far crescere – non altrettanto da far fiorire – e, clima permettendo – temperature minime garantite sopra lo zero termico – può essere coltivato in giardino legato ad un albero o su una roccia, dovunque sarà sistemato prospererà senza problemi. Il sistema preferito è in vasi con composto di corteccia d’abete di grossa pezzatura.
Le bagnature dovranno essere più copiose in estate. Durante lo sviluppo vegetativo e dopo la fioritura, la pianta va nutrita con fertilizzante NPK 20.20.20. Per raggiungere una copiosa fioritura, dal tardo autunno e per tutta la stagione invernale, vanno drasticamente ridotte le annaffiature ed abbassata la temperatura.
Per questa pianta, la buona luce è essenziale, può sopportare il sole pieno persino durante i mesi estivi. Io ho risolto i problemi delle difficili fioriture dovute allo scarso sbalzo termico invernale consentito alla mia serra, piazzando il mio Dendrobium speciosum nella parte più calda (in estate) e più luminosa della serra.

Note tassonomiche.
Dendrobium speciosum appartiene alla Sezione Dendrocoryne ma a causa delle facilissime eterogeneità intergenetiche ed intragenetiche, crea particolari rompicapi alle nuove schiere di botanici.
In diverse zone geografiche dell’Australia orientale sono state riscontrate sostanziali variazioni morfologiche all’interno della specie, motivo questo, di continue disquisizioni fra gli esperti: devono essere considerate varietà, sottogruppi oppure ibridi?
La tesi dominante è che Dendrobium speciosum sia da considerare una specie variabile, strutturata in forme diverse legate fra loro da una continuità complessa ad esempio: hillii, grandiflorum, curvicaule, pedunculatum e capricornicum. Per poter identificare inequivocabilmente le caratteristiche dei vari individui, sarebbe opportuno conoscere le loro origini geografiche. Come si è già letto in precedenza, a complicare ulteriormente la vita dei collezionisti di orchidee, “Clements, M.A. & Jones, D.L. (2002) Nomenclatural changes in the Dendrobieae (Orchidaceae) 1: The Australasian Region. The Orchadian 13(11)”, hanno recentemente collocato il Dendrobium speciosumed altre specie di Dendrobium fra le specie vegetali cleistogame.

Elenco delle specie di Dendrobium rinominate da “Clements, M.A. & Jines, D.L.(2002)”:
Ad oggi la tassonomia ufficiale le raggruppa ancora nel vecchio genere Dendrobium.

Thelychiton adae (F.M.Bailey) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium adae.
Thelychiton capricornicus (Clemesha) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium speciosum var. capricornicum.
Thelychiton carnarvonensis (Peter B.Adams) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium kingianum subsp. carnarvonense.
Thelychiton comptonii (Rendle) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium comptonii.
Thelychiton curvicaulis (F.M.Bailey) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium speciosum var. curvicaule.
Thelychiton delicatus (F.M.Bailey) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium speciosum var. delicatum.
Thelychiton falcorostrus (Fitzg.) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium falcorostrum
Thelychiton finniganensis (D.L.Jones) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium finniganense.
Thelychiton fleckeri (Rupp & C.T.White) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium fleckeri.
Thelychiton gracilicaulis (F.Muell.) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium gracilicaule.
Thelychiton gracillimus (Rupp) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium speciosum var. gracillimum.
Thelychiton jonesii (Rendle) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium jonesii.
Thelychiton jonesii subsp. bancroftianus (Rchb.f.) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium speciosum var. bancroftianum.
Thelychiton jonesii subsp. blackburnii (Nicholls) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium fusiforme var. blackburnii.
Thelychiton kestevenii (Rupp) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium kestevenii.
Thelychiton kingianus (Bidwill ex Lindl.) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium kingianum.
Thelychiton moorei (F.Muell.) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium moorei.
Thelychiton nitidus (F.M.Bailey) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium speciosum var. nitidum.
Thelychiton pedunculatus (Clemesha) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium speciosum var. pedunculatum.
Thelychiton pulcherrimus (Rupp) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 492 (2002): Dendrobium kingianum var. pulcherrimum.
Thelychiton rex (M.A.Clem. & D.L.Jones) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 492 (2002): Dendrobium rex.
Thelychiton ruppiosus (Clemesha) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 492 (2002): Dendrobium ruppiosum.
Thelychiton speciosus (Sm.) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 492 (2002): Dendrobium speciosum.
Thelychiton suffusus (Cady) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 492 (2002): Dendrobium suffusum.
Thelychiton tarberi (M.A.Clem. & D.L.Jones) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 492 (2002): Dendrobium tarberi.
Thelychiton adae (F.M.Bailey) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium adae.
Thelychiton capricornicus (Clemesha) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium speciosum var. capricornicum.
Thelychiton carnarvonensis (Peter B.Adams) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium kingianum subsp. carnarvonense.
Thelychiton comptonii (Rendle) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium comptonii.
Thelychiton curvicaulis (F.M.Bailey) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium speciosum var. curvicaule.
Thelychiton delicatus (F.M.Bailey) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium speciosum var. delicatum.
Thelychiton falcorostrus (Fitzg.) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium falcorostrum.
Thelychiton finniganensis (D.L.Jones) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium finniganense.
Thelychiton fleckeri (Rupp & C.T.White) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium fleckeri.
Thelychiton gracilicaulis (F.Muell.) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium gracilicaule.
Thelychiton gracillimus (Rupp) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium speciosum var. gracillimum.Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium jonesii.
Thelychiton jonesii subsp. bancroftianus (Rchb.f.) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium speciosum var. bancroftianum.
Thelychiton jonesii subsp. blackburnii (Nicholls) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium fusiforme var. blackburnii.
Thelychiton kestevenii (Rupp) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium kestevenii.
Thelychiton kingianus (Bidwill ex Lindl.) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium kingianum.
Thelychiton moorei (F.Muell.) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium moorei.
Thelychiton nitidus (F.M.Bailey) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium speciosum var. nitidum.
Thelychiton pedunculatus (Clemesha) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 491 (2002): Dendrobium speciosum var. pedunculatum.
Thelychiton pulcherrimus (Rupp) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 492 (2002): Dendrobium kingianum var. pulcherrimum.
Thelychiton rex (M.A.Clem. & D.L.Jones) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 492 (2002): Dendrobium rex.
Thelychiton ruppiosus (Clemesha) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 492 (2002):
Thelychiton speciosus (Sm.) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 492 (2002): Dendrobium speciosum.
Thelychiton suffusus (Cady) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 492 (2002): Dendrobium suffusum.
Thelychiton tarberi (M.A.Clem. & D.L.Jones) M.A.Clem. & D.L.Jones in Orchadian 13(11): 492 (2002): Dendrobium tarberi.

Significato del nome: Thelychiton .
Thelychiton deriva dalla composizione di due parole greche – thely = femmina, chiton = coperto, in riferimento alla colonna del fiore, che nelle due specie di questo genere – originarie dell’isola della Norfolk – la superficie stigmatica è circondata dal tessuto della colonna (che forma un tubo) con la copertura dell’antera. Per questo motivo tali specie non possono essere impollinate tramite lo scambio di pollinia: sono cleistogame. In queste piante l’impollinazione avviene per autogamia.
Dendrobium deriva dalla composizione di due parole greche – dendro = albero, bios = vita – per evidenziare l’abitudine di vita sugli alberi di molte specie del genere.
speciosus – dal latino specios (us) = belli in riferimento ai grandi steli fiorali.

Note personali:
– Osservando la morfologia dei fiori del Dendrobium speciosum della mia collezione (vedi foto sopra), ho qualche dubbio a raggrupparlo fra le orchidee cleistogame.
– Probabilmente la nuova proposta di classificazione che ancora mette in subbuglio gli studiosi europei, si basa su studi del DNA? Ad oggi non ci è dato di sapere.
– Le foto del post presentano un esemplare di Dendrobium speciosum della mia collezione e possono essere usate per scopi non commerciali.

Vanda Tan Chay Yan

Storie di ibridi famosi

Vanda Tan Chay Yan (V. dearei x V. Josephine van Brero)

Un vecchio ed introvabile ibrido che ha fatto storia a Singapore.
Vanda di grandi dimensioni con foglie semi cilindriche, fiorisce più volte durante vari periodi dell’anno.
Fiori dal colore e dalla forma eccezionali e di lunga durata.

Vanda Tan Chay Yan.
La pianta madre proviene da una famosa collezione italiana, vive nella mia serra e si riproduce per divisione da circa 25 anni.

Presentazione di un ibrido veramente bello e raro.

Chi è Chay Tan Yan
Chay Tan Yan (dicembre 1871, Malacca – 6 Mar 1916, Malacca), nipote del filantropo Tan Tock Seng (dal quale “Tan Tock Seng Hospital di Singapore”, prende il nome), comunemente noto come Chay Tan Yan e conosciuto anche come Chen Quixian, è stato il primo piantatore di gomma in Malesia.

Origine del nome
Il nome Chay Tan Yan è stato immortalato attraverso un famoso ibrido di Vanda creato da suo figlio Robert Tan Hoon Siang, ex Presidente di quella che oggi è la “Orchid Society of South-East Asia (OSSEA)”.
Quell’ibrido sensazionale prese il nome di Vanda Chay Tan Yan (V. dearei x V. Josephine van Brero), ed è stato registrato nel1952. A distanza di molti anni, rimane uno dei migliori ibridi che siano mai stati prodotti in Singapore.
Quando è stato presentato il nuovo ibrido, tutti rimasero incantati dalla particolarità dei fiori risultanti dal capolavoro di Tan Hoon Siang: una miscela ricca di oro e albicocca, con un vistoso labello rosso ereditato dal padre ‘Vanda Josephine van Brero’.
ll nuovo ibrido ben presto iniziò a vincere premi in tutto il mondo, ricevendo riconoscimenti come “First Class Certificate of the RHS (1954)” e il Trofeo “for Best Vanda at the 2nd World Orchid Conference (1957)”.
Questo nuovo ibrido denominato ‘Vanda Tan Yan Chay’ da Tan Hoon Siang in memoria del padre, ampiamente coltivato nei vivai di Singapore nel corso del decennio successivo “1960-’70”, è stato anche candidato a diventare il Fiore Nazionale di Singapore. Alla fine questo onore è andato ad un ibrido più antico: Vanda Miss Joaquim (registrato nel 1893).

Le polemiche
Come capita spesso, quando si tratta di vecchie storie di orchidee, anche questo ibrido porta con sé discussioni e misteri che parlano di baccelli mescolati, di parentela confusa e registrazione difettosa.
Un vecchio coltivatore di orchidee del posto, racconta che Tan Hoon Siang abbia prodotto i suoi nuovi incroci utilizzando, sia V. Sanderiana che V. dearei (come genitori seme) con V. Josephine van Brero (come genitore polline).
Il mistero rimane insoluto. Pare che, anche se la parentela ufficiale registri l’utilizzo della V. dearei per la semina, sia stato invece usato il genitore seme (V. Sanderiana).
Fin dall’inizio, orchidologi illustri quali il professor Eric Holttum (già Direttore del Giardino Botanico di Singapore), hanno messo in dubbio la genealogia del nuovo ibrido di Tan, identificabile con i numeri di codice ‘SBG770’. Holttum non poteva credere che V. dearei x V. Josephine van Brero potesse produrre un ibrido con fiori rotondi, piatti, fiori con bellissimo colore giallo-albicocca su uno spuntone multi-fiorito. Sia V. dearei che V. Josephine van Brero tendono a produrre fiori con petali ricurvi.
Successivamente, un altro coltivatore professionista – T.M.A Orchidee – con le sue ibridazioni ottenne risultati molto simili a Tan Hoon Siang, ma in questo caso, usando V. Sanderiana come genitore al posto di V. dearei. Questo nuovo incrocio ha prodotto fiori più grandi e di durata più lunga. Il nuovo ibrido è stato nominato ‘Vanda TMA’… successivamente raffigurato anche in una vecchia banconota di Singapore da 5 $. In ogni caso, era troppo tardi per cambiare qualcosa alla Vanda registrata da Tan Hoon Siang con il nome di suo padre, Tan Yan Chay. La possibilità di modificare la nomenclatura non era solo una questione di difficoltà tecnica, ma forse anche una questione di orgoglio e di onore familiare.
Nei primi giorni della polemica, Dato ‘Dr. Yeoh Bok Choon scrisse un articolo (Malayan Orchid Review, Vol. 5, No. 5, 1959) con l’obbiettivo di chiarire il problema del nome. Qualche anno più tardi, Tan Hoon Siang si sentì in dovere di diffendere le origini genealogiche del suo ibrido (Malayan Orchid Review, Vol. 7, No. 4, April 1964), sostenendo di aver usato una varietà di V. dearei con petali piatti.
Questa difesa è stata – più tardi – in parte avvallata da un coltivatore di Johor Bahr, quando ha rifatto l’incrocio usando una V.dearei con i petali piatti, ottenendo un cultivar con petali piatti dal nome: V. Tan Yan Chay ‘Katherine Pink’.
Successivamente, il Professor H. Kamemoto dell’Università delle Hawaii ha dimostrato che l’influenza di V. Josephine van Brero è altamente dominante in quasi tutti gli incroci semplicemente perché è tetraploide (4n), e pertanto conferisce alla sua prole un set extra di cromosomi.
Tuttavia, ci sono orchidologi e tassonomi che trovano ancora motivo di discussione sui genitori veri di questo ibrido. Molti ‘revisionisti’ sostengono che la genealogia reale di Vanda Tan Chay Yan dovrebbe essere V. Josephine van Brero x V. sanderiana, in altre parole, V. Chay Tan Yan è V. TMA con un altro nome. Alcuni di questi revisionisti sostengono che la vera discendenza di V. Josephine van Brero x V. dearei tende a produrre fiori più piccoli con più petali ricurvi, sfumature giallo e profumo pronunciato.
Non sapremo mai la verità: i protagonisti di allora non ci sono più, ma poco ci importa… un po’ di mistero dona ancor più fascino a questa Vanda stupenda

Cuitlauzina egertonii

Articolo rivisitato il 15 Gennaio 2017.

Foto di presentazione: Cuitlauzina egertonii (Lindl.) Dressler & N.H. Williams 1845. Foto scattata in un freddo giorno di gennaio: 15.01.2017 nella collezione rio Parnasso

Il genere
Cuitlauzina: un piccolo genere, relativamente nuovo nel panorama della botanica e dell’orchidologia, frutto dei nuovi strumenti di ricerca scientifica basati sulla genetica.
Non riesci nemmeno a pronunciare il nome di questo nuovo genere di orchidee? Tutta colpa di Dressler & NHWilliams, sono loro che lo hanno creato. Il genere Cuitlauzina porta questo nome in onore di: Cuitlahuatzin, governatore di Iztapalapa, Messico.

Il genere
Cuitlauzina Lex. 1825
Sottofamiglia: Epidendroideae.
Tribù: Maxillarieae.
Sottotribù: Oncidiinae.

Cuitlauzina è un genere di sei specie (Dressler & Williams 2003, Chase et al. 2008), già appartenenti ad altri generi fra i quali, Odontoglossum ed Osmoglossum.

Note scientifiche
Con l’eccezione di C. pendula e C. pygmaea, le cui foglie non hanno fasci di fibre adaxiali, le altre specie raggruppate in questo nuovo genere, sono caratterizzate da fasci di fibre e fasci vascolari con stegmata adaxiali e abassiali. Gli stegmata in queste specie sono disposti in tre diversi luoghi all’interno delle foglie, che si sono dimostrate, luoghi di maggiore smaltimento del diossido di silicio accumulato. Studi mirati, hanno rilevato che questa condizione è geneticamente presente nelle specie incluse nel nuovo genere Cuitlauzina.
Le rilevazioni scientifiche che hanno motivato la costituzione del nuovo genere Cuitlauzina poggiano sulla diversità dei sistemi di assorbimento dei minerali da parte delle piante.
Le diverse accumulazioni di composizioni chimiche e di varie forme di minerali nelle piante, sono processi biologici utilizzati quali strumenti diagnostici nelle identificazioni tassonomiche.

Nello specifico sono stati effettuati studi sulla diversità di accumulazione dei minerali nelle specie di orchidee appartenenti alla sottotribù Oncidiinae.
Con questo obiettivo scientifico, sono state analizzate e confrontate (in chiaro e con l’ausilio del microscopio) le accumulazioni minerali nelle foglie di 140 specie di Oncidiinae.
Durante le osservazioni sono state rilevate diverse forme di cristalli di ossalato di calcio e depositi silicdioxide in forma di stegmata.
Questa metodologia di studio, applicata per clade o per specie, appartenenti alla sottotribù delle Oncidiinae (Rev. Biol Trop. 58 (2): 733-755. Pub. 2010 Giugno 02.), ha evidenziato l’importanza tassonomica di queste inclusioni minerali.

Luoghi di endemicità
Le specie del genere Cuitlauzina vivono in habitat identificabili con il termine “fascia subalpina”, sono epifite, litofite, occasionalmente terrestri, a sviluppo simpodiale, strutturate con pseudobulbi ovoidali all’apice dei quali si formano due foglie acumninate. Le infiorescenze sono basali, erette o pendule.
Queste specie richiedono una temperatura fresca – temperata, luce moderata, alta umidità, buona ventilazione, e un riposo più secco e più fresco.

Le specie del nuovo genere
Specie tipo: Cuitlauzina pendula Lex. 1825
Cuitlauzina candida
(Lindl.) Dressler & N.H.Williams
Cuitlauzina convallarioides (Schltr.) Dressler & N.H.Williams
Cuitlauzina egertonii (Lindl.) Dressler & N.H.Williams
Cuitlauzina pandurata (Garay) M.W.Chase & N.H.Williams
Cuitlauzina pendula Lex.
Cuitlauzina pulchella (Bateman ex Lindl.) Dressler & N.H.Williams
Cuitlauzina pygmaea (Lindl.) M.W.Chase & N.H.Williams

Descrizione di specie
Cuitlauzina egertonii (Lindl.) Dressler & N.H. Williams 1845
E’ una specie epifita a sviluppo simpodiale con pseudobulbi lunghi fino a 5 cm e larghi 2 cm, che producono due foglie acuminate, lunghe fino a 25 cm e larghe 1 cm. L’ infiorescenza è più corta delle foglie, e porta da 2 a 8 fiori di colore bianco luminoso.
Questa specie può essere trovata in Messico, Costa Rica, Guatemala, Panama, Colombia e Nicaragua. La fioritura avviene nel mese di gennaio.
Sinonimi:
Odontoglossum egertonii Lindl. , Edwards’s Bot. Reg. 31(Misc.): 50 (1845).
Oncidium egertonii (Lindl.) Beer, prakt. Stud. Orchid.: 285 (1854).
Osmoglossum egertonii (Lindl.) Schltr., Repert. Spec. Nov. Regni Veg. Beih. Beih. 17: 79 (1922).
Odontoglossum candidum Linden & André , Illinois. Hort. 22: 58 (1875).
Osmoglossum acuminatum Schltr., Repert. Spec. Nov. Regni Veg. Beih. 17: 97 (1922).
Osmoglossum anceps Schltr., Repert. Spec. Nov. Regni Veg.Beih. 19: 147 (1923).
Osmoglossum candidum (Linden & André) Garay , Bot. Mus. Leafl. 26: 28 (1978).
Osmoglossum dubium S.Rosillo, Orquídea (Mexico City), ns, 9: 85 (1983).

Pordenoneorchidea 12a edizione… una serra piena di orchidee esotiche

Musica sul blog: Vanessa Mae – Reflection

Orchids Club Italia presenta: Anteprima 12a edizione di Pordenoneorchidea

Notizie flash
Fiera di Pordenone Padiglione n° 5
Nel contesto della famosissima fiera del verde “ORTOGIARDINO”, che aprirà i battenti il 5 Marzo 2011, negli spazi di Pordenoneorchidea saranno presentate novità esclusive.

Foto a sinistra, visione d’insieme di Pordenoneorchidea – 11a edizione 2010

Il tema di questa 12a edizione sarà: Una serra piena di orchidee esotiche nel paesaggio tradizionale Friulano – Veneto, ovvero, quando il contrasto ambientale è un valore aggiunto.
La coreografia di questa 12a edizione rappresenterà il lavoro, le tradizioni ed il paesaggio Friulano-Veneto, quale set di ambientazione della tradizionale mostra di orchidee esotiche.
Il set:
Con la collaborazione di Serregiardini e di Idrojet sarà installata una serra amatoriale dotata di nuove tecnologie per il controllo di umidità e temperatura.
Pertanto, il pubblico degli appassionati, oltre ad ammirare le orchidee fiorite, potrà anche “toccare con mano” le possibili soluzioni ambientali per poter coltivare con successo orchidee esotiche.
La serra accoglierà la tradizionale esposizione di orchidee, che quest’anno vedrà anche la partecipazione dell’associazionismo orchidofilo italiano.
Orchids Club Italia e l’organizzazione di Pordenoneorchidea hanno chiesto la collaborazione dell’AIO (Associazione Italiana Orchidologia) per organizzare, giudizi, premiazioni e convegni-dibattito sulla attualità delle novità botaniche nel mondo dell’orchidologia internazionale.
L’invito a presenziare, nelle forme e nelle modalità possibili, è stato esteso a tutte le associazioni orchidofile italiane

Nota importante
Allo scopo di garantire un giusto equilibrio fra domanda ed offerta, negli spazi dedicati all’evento “Pordenoneorchidea”, l’organizzazione ospita solamente due produttori di orchidee botaniche ed uno stand generico che proporrà anche orchidee commerciali.

A breve seguiranno altri post