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Una domenica speciale

Davvero così…speciale.
Iniziata con la telefonata a sorpresa di un nuovo amico, del quale avevo visto le foto in internet, al quale ho rotto le scatole per qualche settimana, ma col quale ho avuto modo di scambiare interessanti informazioni sulle orchidee spontanee del nostro meraviglioso territorio.
Lui si chiama Isidoro Barattin, micologo, avvicinatosi alle orchidee spontanee per scommessa, ha dedicato oltre 15 anni alla ricerca, mappatura e fotografia delle orchidee della sola provincia di Belluno, riuscendo a censirne ben 54 specie diverse, una enormità se pensiamo che in tutta Italia il numero di specie presenti è di 120 (contando poi anche le subspecie si arriva a 250 circa).
Chiacchierando con lui ho avuto modo di sapere come avviene l’impollinazione in date specie ed altre cose di interesse botanico che spero avrà il tempo di approfondire con me in futuro e delle quali farvi partecipi in questo blog.
Il secondo incontro è con una nuova amica appassionata di orchidee sia spontanee che coltivate (leggasi non spontanee) Mara, che ha dimostrato subito di essere preparata in materia.
La giornata ha condotto me, Carlo Ivano, Gabriella, Mara e Giovanni (Guido invece ci ha dato buca, ma con giustifica 😉 ) verso un areale visitato anche lo scorso anno, dove scoprii l’Epipactis palustris bianca, fenomeno raro già di per sè, ma il fatto che lo rese particolare fu il trovarne e contarne ben 21 esemplari.
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Ssssssst…silenzio, parlano le orchidee.

Entrare nella serra di Guido è sempre, almeno per me, un’esperienza quasi mistica, quando si apre la porta si entra in un’altro mondo, si fa una sorta di visita virtuale in paesi tropicali mai visti, raccontati però attraverso il colore e spesso anche il profumo dei fiori delle loro orchidee.
Così, una volta tanto, lasciamo parlare loro, le orchidee, con i loro colori e le loro forme…una semplie carrellata di immagini, senza alcuna nota botanica…buona visione!
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Reportage dal Kew Garden

L’arch. Amedeo Grandoni è stato a far visita al Kew Garden di Londra, ci ha inviato le sue impressioni e qualche foto.

Cenni storici
I Kew Gardens originano dal giardino esotico della Kew House creata da Lord Capel di Tewkesbury, successivamente ampliato dalla Principessa Augusta, vedova di Federico di Hannover, Principe di Galles, per il quale Sir William Chambers costruì parecchie nuove strutture, tra le quali attualmente rimane la pagoda cinese del 1761 . Giorgio III arricchì i giardini, aiutato dalla abilità di William Aiton e di Sir Joseph Banks. La vecchia Kew House fu demolita nel 1802. La Dutch House fu commissionata da Giorgio III nel 1781 come nursery per i rampolli reali. Si tratta di una semplice struttura in mattoni oggi nota come Kew Palace.
Nel 1840 i giardini ebbero ufficialmente riconosciuto lo status di Orto botanico nazionale. Sotto la direzione di William Hooker la superficie dei giardini fu incrementata sino a 30 ha e l’annesso arboretum si estese sino ai 130 ha attuali.
Nel corso del XIX secolo i Kew Gardens furono il luogo in cui per la prima volta lo sforzo di coltivare l’albero della gomma fuori dal Sud America fu coronato da successo.
Nel luglio 2003, i Kew Gardens furono inseriti nella lista dei Patrimoni dell’umanità dall’UNESCO,
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Vanda in vasi di vetro… solo moda?

Commercio delle orchidee, ora tocca alle Vanda
Noi collezionisti usiamo sempre due aggettivi per distinguere i due aspetti del commercio di orchidee: commerciali e botaniche.
Nel passato, acquistare orchidee cosiddette commerciali significava portare a casa qualche ibrido di Cymbidium, di Paphiopedilum, di Zygopetalum e quando andava bene di Cambria. Poi venne l’era delle Phalaenopsis e dei Dendrobium.
Da qualche anno a questa parte non c’è casa, ufficio, bar e negozio che non abbia in bella mostra una delle orchidee accennate poco sopra. Una vera invasione, ormai noiosa ed abbastanza normale.
Bisognava innovare, ed ecco che nelle bancherelle delle mostre, nei negozi specializzati e nei centri commerciali si cominciano ad acquistare anche le Vanda.
Passi per le Phalaenopsis e per i Paphiopedilum, che in qualche modo si possono coltivare anche fuori serra, con le Vanda la faccenda si presenta un po più complessa, vuoi per la luce e per giusta l’umidità da garantire a queste varietà di orchidee.
Ma ecco che, a soluzione del problema “umidità” la fantasia dei commercianti ha pensato bene di inventare la “Vanda in bicchiere” di vetro trasparente. Una bella trovata, non c’è che dire! In un colpo solo si vende orchidea e vaso di verto, peccato che non sia una soluzione per far vivere la pianta.
Solo a titolo esemplificativo linko questo sito che fra le altre cose vende su internet anche la famosa “Vanda in bicchiere” dal quale ho anche preso la foto a fianco.

Il genere Vanda è composto da orchidee epifite a sviluppo monopodiale, crescono cioè su di un unico fusto. A differenza delle Phalaenopsis anch’esse orchidee a sviluppo monopodiale, le Vanda hanno una crescita più marcata, accompagnata anche dalla formazione di molte radici aeree. Questa loro peculiarità rende difficile la commercializzazione in vasi (le radici in natura rimangono aeree ed assorbono molta umidità dall’ambiente tropicale in cui vivono), ed ecco che per sopperire alla mancanza di umidità sono ficcate dentro dei grandi vasi di vetro.
Questa soluzione non può garantire una lunga vita alla pianta…a breve va tutto bene, ma col tempo, la mancanza di aerazione dello spazio interno al vaso procura muffe e marcescenze che portano prima o poi alla fine della pianta stessa.
E’ auspicabile che questa moda di vendere le “Vanda in bicchiere” finisca e lasci spazio a soluzioni più professionali, ma questa è un’ altra storia che affronteremo in altri post.